Dall'altra parte del fiume, rispetto a casa dei miei suoceri, c'è una casa bianca, proprio di fronte.
La conosco da quando ho iniziato a frequentare mia moglie, prima ancora di salire a casa dei suoi, quando passavamo da lì per andare a casa sua.
All'inizio non ci avevo fatto caso, poi mi accorsi che sul terrazzo della casa al di là del fiume c'era qualcuno, c'era sempre qualcuno quando arrivavo; dopo un po' compresi che non erano tanto i due signori che ci vivevano a stare di vedetta, ma i figli e soprattutto i nipoti, che avevano intuito qualcosa su quel tizio con la macchina grigia che veniva sempre più di frequente.
Coi mesi e gli anni, ovviamente, la casa al di là del fiume divenne "la casa di Nonno Giacomo e Nonna Gianna", i genitori di mio cognato, che come quelli di mia moglie avevano questa posizione strategica sul paese.
Di vedetta c'erano i miei cognati e i due figli, curiosi di sapere chi fosse il nuovo ragazzo di Zia Simona, con cui feci la conoscenza "ufficiale" dopo qualche tempo.
Alla fine capivo distintamente i movimenti sul terrazzo, di chi si sporgeva per vedere e poi faceva finta di nulla.
Per anni, la casa al di là del fiume era la prima cosa che guardavo appena arrivato dalla mia fidanzata, appena sceso dalla macchina, appena tornato dal lavoro quando casa di Simona divenne anche casa mia. Chiunque fosse quell'ombra distante, ci scambiavamo sempre un saluto, un nipote, un cognato, un nonno, che importa, la casa al di là del fiume era sempre abitata, sempre aperta, sempre piena d'amore, come toccai con mano quando ci entrai.
Su quel terrazzo mangiai le lumache più buone che abbia mai assaggiato, offerte dalla Nonna Gianna, che per prepararle lavorava almeno due giorni.
Nonno Giacomo era la memoria storica della vallata, ogni volta che passava a trovare i consuoceri era come leggere un'enciclopedia, un libro di storia, come avere Piero e Alberto Angela in giardino che raccontano dei tesori della memoria, come solo i paesi dell'entroterra sanno custodire e tramandare.
Intanto che lui raccontava, Nonna Gianna e mia suocera parlavano di cucina, si scambiavano ricette, e Nonna Gianna sorrideva, io non penso di averla mai vista senza il suo sorriso, dolce, affettuoso, un vero "sorriso da nonna" che lei regalava non solo ai suoi nipoti, generosa di cuore nella vita come ai fornelli.
Da un mese circa, la casa al di là del fiume è chiusa, Nonno Giacomo se n'è andato qualche anno fa, Nonna Gianna lo ha raggiunto da poco, spegnendosi lentamente, forse dal momento in cui era rimasta vedova. Li immagino sereni che "ratellano" come si dice in ligure, con lei che lo rimprovera, ma sempre col suo dolcissimo sorriso.
Non c'è occasione in cui, andando dai miei suoceri, io non alzi lo sguardo per vedere la casa al di là del fiume.
Si, è chiusa, ma se faccio attenzione sento il vociare e le risate di bambini curiosi e soprattutto ho nel naso l'odore di lumache e dell'amore che l'ha riempita per tanti tanti anni.
Un racconto bellissimo.
RispondiEliminaChe fa affiorare alle labbra un sorriso misto a malinconia. Grazie Cala.
Forse tutti abbiamo nel cuore e nei ricordi una casa di "nonno Giacomo e nonna Gianna" e questo racconto ha riportato alla memoria cio' che sta riposto nel cuore.