Lettera aperta.
Albenga: città delle torri e della fionda.
La
fionda dei Fieui di caruggi negli ultimi anni è diventata sempre più il
simbolo della lotta ai soprusi, alle violenze, alle speculazioni, sino a
ricevere il riconoscimento ufficiale del Presidente della Repubblica.
Le torri sono lo storico simbolo di Albenga, eredità importante dei
nostri avi, le torri medioevali, in pietra nera di Pogli
e mattoni rossi che si infiammano ai raggi del sole che tramonta.
Purtroppo sovente umiliate dall’incuria dei nostri tempi, come la
splendida torre D’Aste Rolandi, violentata da un’orribile antenna
telefonica. Ma svettanti o mozzate, fatiscenti o ben restaurate, sono
queste da sempre le uniche torri per gli Albenganesi! Perciò non
cerchiamo di nobilitare con un nome storico e suggestivo ciò che non lo è
affatto: le torri sono torri, i grattacieli sono grattacieli! Nel 2007,
grazie soprattutto all’ amore per Albenga di Antonio Ricci (cui saremo
eternamente grati per questo) fu sventato un devastante intervento
edilizio che avrebbe compromesso per sempre il nostro centro storico.
Visti gli sviluppi della situazione, oggi avremmo degli scheletri
incompiuti, minacciosamente incombenti sul cuore ingauno con danni
facilmente intuibili per l’immagine e l’economia cittadine. Pericolo
scampato? Non ne siamo sicuri. Anche per questo vogliamo dire a voce
alta: basta alla cementificazione del nostro territorio e del nostro
mare! Negli ultimi decenni Albenga è diventata “grossa”, non “grande”:
quantità non è sinonimo di qualità. E tutti siamo colpevoli per la
passiva rassegnazione, per la scarsa attenzione alla qualità della vita
nostra e, ancora più grave, dei nostri figli e nipoti. Non si tratta di
essere a priori contro l’edilizia (aspetto importante dell’ economia),
ma di potere almeno dire, alla maniera di Villaggio-Fantozzi, che lo
sviluppo edilizio nella nostra città è stato nel tempo “una cagata
pazzesca”.
Meravigliose, storiche dimore nel viale Martiri della
Libertà abbattute per lasciare posto ad anonimi, ma ben più redditizi
condomìni, le sponde del Centa cementificate a pochi metri dall’alveo,
strade tracciate con andamenti enigmatici o fin troppo comprensibili. La
città vecchia soffocata a pochi metri dalle mura da una cinta
impressionante di palazzoni e celata agli occhi dei visitatori da una
vergognosa cortina di cemento. E, dall’altra parte, la mancanza di piste
ciclabili, di percorsi pedonali, di sentieri, l’assenza di un vero
parco per i bambini e gli anziani, di un giardino pubblico, la
trascuratezza del lungofiume. Non abbiamo una sala congressi, rischiamo
di non avere più un cinema, un teatro, un ospedale veramente pubblico;
l’area alla foce del Centa, che potrebbe essere un’opportunità unica, è
ridotta ad un immondezzaio; il centro storico - una perla se fosse in
Toscana o in Francia - è trascurato (cavi sospesi ovunque, quadri
elettrici penzolanti sulle antiche facciate, numeri civici in plastica,
arredo urbano discutibile, angoli suggestivi ridotti a posteggio o
trasformati in orinatoi). Mancano quasi totalmente spiagge pubbliche
attrezzate e adeguate strutture alberghiero-ricettive. Siamo riusciti a
realizzare una nuova passeggiata a mare importando le palme più
malandate di tutto il bacino del Mediterraneo! Non si tratta del colore
delle Amministrazioni succedutesi: in ogni caso abbiamo visto
soprattutto cemento! Per questo facciamo nostra la proposta di Antonio
Ricci: su ogni edificio siano poste le foto e i nomi di chi lo ha
progettato, costruito e, soprattutto, approvato. A futura memoria e,
sovente, a futura vergogna.
E fra poco un altro impatto ambientale
devastante farà scempio del panorama cittadino: un’ altra gigantesca
colata di cemento a pochi metri dal mare con un effetto fortemente
negativo: sia essa in orizzontale o in verticale. Con il rischio assai
forte che apra la strada ad altre operazioni analoghe. E lo stesso
ciclone cementificatorio assalirà molte parti della nostra piana,
sacrificata ai cosiddetti oneri di urbanizzazione. Non possiamo
continuare a vendere in questo modo nostra madre al primo venuto per
pagare i debiti: è immorale. Si cerchino altre vie. Esistono anche,
molti comuni lo insegnano, uno sviluppo ecosostenibile ed una edilizia
di conservazione e recupero dell’esistente. La cementificazione
selvaggia degli anni ‘50/60 non è servita da lezione: forse è ora di
cambiare strada. Riconoscere gli errori e porvi rimedio è segno di forza
non di debolezza. Oggi Albenga fatica a dare risposte a ciò che chiede
il turista moderno. Ambiente, cultura, storia, clima, accoglienza,
gastronomia, cura del particolare, mare pulito, una cittadina a misura
d’uomo erano a nostra portata. La nostra terra avrebbe potuto essere
un’oasi fortunata, con un po’ di lungimiranza. Non servono grandi
cantieri, opere colossali, mega appalti, ma una manutenzione continua,
attenta, scrupolosa; necessitano legalità, sicurezza, solidarietà. Serve
il recupero di tanti edifici esistenti, fatiscenti, un piano del
colore. Servono musei, locali, negozi, cinema, teatri, ritrovi per
giovani pieni, non case vuote. C’è bisogno di entusiasmi e speranze
nuove, non di supina rassegnazione. E soprattutto c’è bisogno di
attenzione vera per il tanto sbandierato bene comune e del rispetto
della volontà popolare:vedi il caso dell’acqua pubblica e dell’
Ospedale.
Questa lettera aperta è indirizzata a tutti coloro che
amano davvero Albenga, non è contro qualcuno, non vuole suscitare
polemiche, ma provocare riflessioni e decisioni coraggiose. E’ una
richiesta forte di impegno vero e di mantenimento delle promesse, un
gesto d’amore verso la città che ci ha visto nascere e crescere e dove
speriamo di restare per sempre, un atto di gratitudine verso una madre
generosa che, purtroppo, non sempre ha ricevuto in cambio dai figli lo
stesso affetto e le stesse cure che ha donato. E’ anche, però, una presa
di posizione che i cittadini, in numero sempre crescente, ci chiedono
da tempo con insistenza. Su certi temi non si può continuare a tacere,
poichè alla fine il silenzio rischia di confondersi con la complicità. E
i Fieui di caruggi non vogliono essere complici di nessuno.
I Fieui di caruggi