venerdì 25 settembre 2020

Fantasmi con la chitarra




È uscito ieri pomeriggio il secondo singolo dell'ormai imminente nuovo album di Bruce Springsteen. 

Si chiama Ghosts e aggiunge decisamente intensità emotiva a quella Letter to you a cui si riferisce il titolo del disco (e del precedente brano).

Una canzone e un video che sintetizzano in poco più di 5 minuti una storia, una carriera, una vita.

I fantasmi del titolo sono sicuramente le persone che Bruce ha perso nel corso degli anni, perché soprattutto dal 2000 in avanti, diversi sono stati i lutti che lo hanno colpito e che hanno segnato le sue scelte artistiche.

Ma come sempre, come nel tour del 2012, che celebrava "i grandi assenti" Danny e Clarence con quel minuto di urlo liberatorio da far arrivare più in alto possibile affinché lo sentissero (se noi siamo qui e voi siete qui, anche loro sono qui) la morte è protagonista, ma non vincitrice.

Certo, da diversi anni, l'autore di uno dei più bei dischi sulla voglia di vivere e di raggiungere i propri sogni (si è BORN TO RUN) sull'argomento ci torna spesso, inevitabile, visto appunto le occasioni in cui ci si è scontrato, ma non per questo lo fa in modo triste o meramente elegiaco.

Chi se ne è andato, ha lasciato qualcosa di grande, ha lasciato radici, memoria, strade tracciate da proseguire, ha lasciato giacche di pelle e vecchie chitarre, appuntamenti da rispettare e momenti da far rivivere.

Non piangere perché è finito, sorridi perché è successo, c'era scritto sul biglietto commemorativo di Clarence e sembra che sia questo lo spirito con cui Bruce abbia deciso di onorare la memoria dei suoi cari.

La canzone è nuovamente rivolta a un YOU, che sia George Theiss, chitarrista dei Castiles scomparso 2 anni fa, che sia Big Man o Phantom Danny o Terry o suo padre.

Non importa, ognuno di loro è con Bruce nella canzone e sul palco, sempre.

We are trav'ling in the footsteps
Of those who've gone before

dice quel vecchio gospel che Bruce portò in tour nel 2006, niente di più vero e la carriera del figlio illegittimo di Elvis e Bob è lì a dimostrarcelo.

Sento il suono della tua chitarra, che arriva da un posto mistico e lontano, probabilmente dal paradiso dei musicisti, probabilmente dal profondo del cuore dello stesso Bruce.

Assenza che si fa presenza, vera, concreta, che diventa stimolo e ragione per celebrare, nonostante si parli spesso di morte, la vita stessa.

Sono vivo, ripete più volte nel corso della canzone, vivo e felice di esserlo, perché il protagonista di Western Stars, quello che ogni mattina quasi non credeva alla fortuna di essere sopravvissuto ad un'altra notte, fa parte di Bruce, lo sente aleggiare su di lui come un avvoltoio affamato e allora la reazione è quella di urlare a pieni polmoni che non è ancora tempo.

We are alive, cantava nell'omonimo brano di Wrecking ball, perché siamo ancora, nonostante tutto shoulder to shoulder and heart to heart

Assenza che fa rumore, come stivali sul pavimento di legno, immagine che chiude la prima parte del brano, quella dove i ricordi si risvegliano, si fanno carne e non potendo riportare i fantasmi dal protagonista, portano lui da loro.

Ecco allora che si riunisce la band, che siano i Castiles, gli Steel Mill, la ESB, non importa ora, perché lui è con loro, inforca la chitarra, alza il volume dell'ampli, conta il tempo e si ripete di nuovo la magia, quella della musica, quella del rock che ti salva la vita.

Per chi nella vita si rese conto di non saper fare altro che suonare e stare sul palco, al punto da ammalarsi seriamente una volta sceso, l'esibizione è semplicemente vita, un tutto che ognuno di noi può declinare a piacimento.

Se il testo sembra raccontare in modo specifico le gesta di una rock band, possiamo facilmente farlo nostro, perché ognuno di noi sente che la presenza di qualcuno lontano lo spinge a fare meglio, a fare di più, a vivere un po' anche per quelli che non possono più.

Non faremo prigionieri, si dicono i membri della band per farsi forza e darsi coraggio, non lasciamo nessuno in grado di muovere un solo muscolo, come succede ogni volta che si riaccendono le luci e ci si guarda stravolti dopo un suo show.

Sono vivo, me lo conferma il pulsare del sangue dentro il mio corpo, sono vivo e sebbene sappia che era solo un sogno, averti rivisto mi rende felice (quel rejoice è quasi religioso nel suo significato di riaccendere una fiamma che si stava spegnendo).

Non serve essere musicisti per provare questa sensazione, ve lo possono confermare le mattine in cui mi sono svegliato con gli occhi bagnati e il cuore gonfio di emozione, per aver rivisto mio padre e le mie nonne, certe volte in modo così concreto da sentirli quasi ancora abbracciati a me, con la luce di cui sono composti i loro spiriti che mi accecava.

Il video stesso racconta la sua storia, dai locali dove dovevano montarsi da soli l'impianto agli stadi (SAN SIRO!) pieni di gente in festa, dalle immagini sfocate di ballerini composti, a fans in estasi che suonano batterie immaginarie.

Non è solo celebrazione, ma memoria, come dimostra la scelta di far apparire proprio Danny e Clarence (e il suo enorme sax) mentre il ritornello dice è solo il tuo fantasma che si muove nella notte, spirito pieno di luce.

Bruce non sembra aver paura della morte, non la sfida, ma trasforma il dolore che essa porta con sé in impegno, dedizione, energia e tanto, tanto rispetto per chi ci ha lasciato.

Questo è il messaggio che mi arriva, dalla seconda  lettera che Springsteen ci spedisce: noi che abbiamo ancora in mano la nostra vita, tra i tanti motivi per onorarla al meglio, ricordiamoci anche di tenere accesa la luce che altri ci hanno lasciato in consegna, lasciamoci illuminare da essa e ovunque noi siamo, ricordiamoci sempre to kick into overdrive.

Questo è sicuramente un momento della carriera e della vita di Bruce dove è più portato a fare sintesi, a tirare le fila e rendere più visibile il sentiero per chi volesse percorrerlo. 

Ritorna ancora l'idea del ritorno a casa, della chiusura del cerchio, di chi sa di aver fatto nel corso degli anni "la nostra modesta versione del lavoro di Dio".

E come disse lui stesso al funerale di Clarence:

non saluterò il mio fratello, dirò semplicemente: arrivederci alla prossima vita, di nuovo per strada, dove riprenderemo un’altra volta quel lavoro, e lo finiremo.




venerdì 11 settembre 2020

La lettera di Bruce Springsteen

 


Dopo mesi di voci sempre più insistenti, ieri in contemporanea Bruce ha annunciato l'uscita del suo nuovo album (23 ottobre) e lanciato il primo singolo dello stesso, Letter to You, brano che darà anche il titolo al disco.

Mentre già si è scatenata la solita competizione a chi la fa più lontano, tra assolutisti dal capolavoro facile e scettici per partito preso, in attesa di serate dove trasformarsi nuovamente in fan per salire sul palco, io mi godo questo nuovo capitolo senza volerlo per forza misurare o catalogare, ma cercando di capire cosa possa dirmi nei suo 4 minuti scarsi.

Il pezzo già dal titolo profuma di intimismo e confidenze. Nell'epoca della condivisione con tutti e a tutti i costi, di cui sono sicuramente schiavo, l'idea di scrivere una lettera è così fuori moda da affascinarmi immediatamente. 

In più la copertina del disco è un primo piano di una foto scattata da Danny Clinch in una New York innevata e quasi spettrale.



Lo stesso video in bianco e nero e in presa diretta dallo studio di registrazione mi rimanda al passato, a momenti in cui la musica univa chi la suonava, come sembra confermare la scelta di Bruce di registrare tutto l'album "dal vivo" con la E Street Band in studio.

Sempre a proposito del video, ho notato come compaiano principalmente i membri storici della band, ad esclusione quindi degli innesti più recenti come Soozie Tyrell, Charlie Giordano  (inquadrato fugacemente sullo sfondo) e Jake Clemons, quasi a significare che per l'anteprima del disco, Bruce abbia voluto ripartire dal nucleo storico del suo gruppo storico

Accompagnato da un suono sicuramente riconducibile al marchio di fabbrica E Street, il testo racconta di una persona che si ferma e dedica spazio e tempo alla scrittura di un messaggio per un "you" vago, indefinito e dunque potenzialmente riferito a tutti noi.

Sotto alberi selvatici
Ho tirato via quel filo fastidioso
Mi sono inginocchiato, ho preso la penna
E ho chinato la testa

Togliere un filo, come fosse un sassolino dalla scarpa o un peso dallo stomaco, Bruce si decide a farlo e sceglie una ambientazione carica di solitudine, rappresentata da quei "mongrel trees" che vedo più selvatici (quasi desertici) che bastardi.

Lo svolgimento della lettera è molto semplice, lineare e sincero, dentro Bruce vuole metterci, semplicemente, tutto: il bene ed l male, il buio e la luce, i tempi positivi e quelli negativi; nessuna bugia, nessun filtro

A prescindere da quando sia stata scritta, la canzone sembra rivolta ad una persona del 2020, sembra voler raggiungere qualcuno in questo periodo storico così assurdo, di isolamento e distanze e vuole farlo con un messaggio diretto, privato e quindi personale ed intimo.

Nelle lunghe giornate della primavera scorsa, quanto avrei voluto ricevere messaggi del genere, mentre le ore scorrevano tutte uguali, senza farci capire se e quando qualcosa sarebbe cambiato.

Come al solito, di nuovo, Bruce si rivolge a tutti ma sembra farlo ad ognuno di noi singolarmente.

Cose che ho trovato
Attraverso i tempi difficili e i buoni.
Le ho scritte tutte con inchiostro e sangue
Scavate nel profondo della mia anima
E firmate col mio nome vero
E l’ho inviate nella mia lettera a te.  

Sottolineando con forza quanto di suo ci sia dentro le righe di questa lettera, Bruce mi fa immaginare che stia parlando del suo percorso artistico degli ultimi anni, la biografia dove si è messo a nudo sfuggendo alle facili (auto) celebrazioni, lo spettacolo di Broadway dove la sua nudità è emersa ancora più evidente, come le lacrime di chiunque lo abbia ascoltato raccontare del padre o di Clarence.

Un brano dunque che sembra voler "tirare le fila" di questa esperienza, riportandola nei binari di un rock classico, suo abituale vestito, dopo aver fatto lo scrittore, l'attore teatrale e dopo quella sinfonia orchestrale di riflessioni e malinconia che è stato Western Stars.

Manca più di un mese all'uscita del disco, che conterrà anche brani risalenti a quasi 50 anni fa e l'impazienza inizia a farsi sentire, però sono tranquillo perché come dice lui stesso, so che le sue canzoni sono state scritte "in ink and blood" e tanto mi basta.

P.S. oggi è l'11 settembre e ci sono molte persone che si aspettano un messaggio di vicinanza, forse dopo The Rising Bruce non ha più dimenticato quello che gli urlò il fan mentre era in macchina: WE NEED YOU.

(traduzione a cura di Pink Cadillac)