venerdì 8 agosto 2014

Chi ha ucciso Vasco Rossi?















Sebbene non si sia mai affrontato questo spinoso caso, preferendo dedicare tempo e risorse a casi del tutto analoghi come la sostituzione del defunto Paul McCartney, l'opinione pubblica deve assolutamente sapere la verità su questa scomoda domanda: chi ha ucciso vasco rossi?

Il discorso è del tutto semplice, se lo si guarda con attenzione.

Il cantante di Zocca è deceduto diversi anni fa, più precisamente a cavallo della pubblicazione del singolo “Delusa”, (quella sulle ragazzine di Non è la rai e Boncompagni).

Probabilmente dopo la pubblicazione di tale singolo, ma immediatamente dopo, per cause ancora ignote, il rrrrocker di Zocca è mancato.

Ma facciamo un passo indietro.
Anzi due.

Vasco Rossi, classe 1952, scrive canzoni da quasi 40 anni.
Non è questa la sede per valutare ogni suo disco, ma è mia ferma opinione che per un certo periodo Vasco abbia rappresentato in modo perfetto un tipo di musica, il cosidetto rock italiano (che a me sembra un ossimoro, ma tant'è) e tutte le sue, appunto, contraddizioni.

Nei primi dischi di vasco, ci sentivi sia l'influsso palese del rock americano, sia le aspirazioni cantautorali.
La scrittura di vasco per buona parte della sua carriera era un genere a se stante; pochi, davvero pochi come lui sapevano “dipingere” una canzone, una storia, una situazione, un sentimento usando un linguaggio molto semplice, forse troppo, del tutto accessibile e soprattutto riconoscibilissimo come il suo.

Non ho voglia di affrontare questioni noiose come le sue dipendenze, ma il “personaggio” vasco, da subito, aveva un valore che andava oltre al festival di sanrtemo dove cantò ubriaco e\o fatto e tutte le menate che ne seguirono.
Vasco parlava una lingua nuova e soprattutto arrivava, arrivava al suo pubblico, arrivava ai ragazzi, soprattutto quelli di provincia, quelli che nelle noie e negli scazzi di cui cantava si ritrovavano alla grande.
Prendiamo qualche testo degli esordi, per chiarirci meglio:

Primo disco, prima canzone: La nostra relazione.

La nostra relazione è qualche cosa di diverso,
non è per niente amore e non è forse neanche sesso
ci limitiamo a vivere, dentro nello stesso letto
un po' per abitudine e forse un po' anche per dispetto”

Oh, perbacco. Secco, diretto, conciso. Ripeto, non sto a discutere il valore delle canzoni, però mi sembra evidente la buona qualità di un incipit del genere. In 2 strofe ha rappresentato uno stato d'animo, una realtà magari condivisa, in un modo chiarissimo.

Stesso album altra canzone:

Le anime calde si fusero insieme
sospese in mezzo alla stanza
mentre il soffitto sembrava cadere
stringevo in pugno la vita.”

oh, i due qui stanno scopando eh, sia chiaro, mica si parla di trasfigurazione o filosofia! Il tema resta simile, la vita di coppia, magari da un punto di vista migliore, ma sempre reale, concreto e accessibile.

La carriera di vasco è nota, albachiara, fegato spappolato, siamo solo noi, vita spericolata.
Una lunga serie di inni, che pagato il doveroso tributo alla retorica, adempiono perfettamente al loro ruolo, appunto, di inni.

Certe volte fai pensieri strani, con una mano ti sfiori, tu sola dentro la stanza e tutto il mondo fuori

Hai una faccia che fa schifo, guarda come sei ridotto, mi sa tanto che finisci male

generazione di sconvolti che non ha più santi né eroi, siamo solo noi

ognuno in fondo perso per i cazzi suoi.

Temi diversi, ma affrontati di petto, in modo sintetico, schietto e soprattutto alla portata di tutti.
Una semplicità che, allora, non era ancora un limite, ma bensì un pregio, perché non era un ragionamento cerebrale da cantautore, ma ne portava con se una certa dose di poesia.

Tu sola dentro la stanza e tutto il mondo fuori in 4 secondi ti spiega come si sente la ragazzina, magari timida ed insicura di fronte ai primi tabù, al sesso ed alle prime cotte.

Colpa d'Alfredo esce nel 1980. E la title track nei primi 3 versi rappresenta il mondo dell'immigrazione con “NEGRO" e quello femminile con “TROIA”.

Il contesto del pezzo è tale da far quasi giustificare tali termini, perché il punto non è il razzismo o il sessimo, bensì la frustrazione del protagonista che perde una chance con una ragazza e si sfoga.

Siamo appunto nel 1980, quando ancora certe espressioni facevano scalpore e la trasgressione aveva un sapore autentico, non come oggi.

Altri esempi? Liberi, Liberi, il disco dei miei 17 anni.
Uscito nel 1989, perde forse il confronto coi suoi predecessori, ma mantiene sempre quella caratteristica tipica dei pezzi di vasco:

ci fosse stato un motivo per stare qui, ti giuro sai, sarei rimasto, si

Guardami quando mi parli Guarda se è vero!?
Guardami quando mi parli Guarda se tremo!?

Muoviti, salta su, questo è un treno che non passa, che non passa più

E soprattutto quella che a mio avviso rappresenta meglio di tutte la capacità e la dote migliore di vasco, tratta da Cosa succede in città (1984)

...Toffee...Toffee........Passami l'asciugamano!...
.....Quello bianco....Lì, sul divano!...
.....Toffee!!!.......
.....Dai che ho freddo!!...Toffee!!....

il testo completo è poco più lungo, ma Toffee è uno splendido e probabilmente più unico che raro esempio di come con poche, pochissime parole si riesca a inventare una storia, una situazione familiare, di una semplicità elementare ma ricca di fascino proprio per le sfumature che i brevi incisi parlati conferiscono al brano.
Quando ascolti Toffee, tu sei lì, nell'appartamento, li vedi che vivono assieme, che dopo aver fatto l'amore si parlano, li vedi usare gli asciugamani puliti, li VEDI.

Io ho amato vasco, parecchio. Prima di definire in maniera precisa, puntigliosa e probabilmente insana la mia passione per la musica e per un certo tipo di musica, vasco ha rappresentato molto per me.

Perché a 14-15 anni, a metà degli anni 80, era adrenalina pura sentire certe canzoni.
Dalle mie parti, nella placida provincia, vasco era “pericoloso”, probabilmente più per i fatti di cronaca che per le sue canzoni, ma era pericoloso.
Mia mamma era spaventata dal fatto che io lo ascoltassi.

Probabilmente l'ironia di Bollicine non venne colta, forse non erano pronti a tale sarcasmo, resta il fatto che un adolescente ignorante di rock e derivati non poteva non innamorarsi di quelle parole, di quelle situazioni, di quei ritratti in musica.

E l'adolescente alle soglie della maggiore età non poteva non essere abbagliato da testi come Muoviti o appunto Liberi Liberi o quelli di C'è chi dice no, manifesto imprescindibile, almeno per chi, come me, nel lontano 1987 non era stato a san siro a vedere springsteen, tantomeno a zurigo, non era ancora immerso in quella mitologia anglo-americana dove gli eroi, quelli veri erano keith, bruce, neil, bob, mick, john, robert e compagnia cantante.

C'è qualcuno che non sa più cosa è un uomo

Quanti vincono, altri muoiono...
io non lo so..?..!
Cosa non...farei, io non voglio perdere!!!!

Perché restare, restare Soli, fa male anche ai "Duri"
Loro non lo dicono ma..... Parlano con i Muri

E veniamo però al mistero.
Chi ha ucciso vasco rossi?

Perché, insomma, all'uscita di Delusa, qualcosa cambiò.
Delusa di per sé non è un disastro; certo, la differenza si sente, però l'ironia del cantato può sminuire certe brutture, il tema non è che sia poi così interessante, ma ci sta, per quanto di boncompagni, ambra e tutto quel circo lì non mi fregasse nulla, un sorrisino ammetto che “però quel boncompagni lì, secondo meeeeeeeeeeeeeeeeeeee” me lo ha strappato.

Il fatto è che da lì in avanti è stata una lunga ed ahimè ininterrotta corsa verso il vuoto.
Principalmente perché il pezzo ha avuto un successo incredibile, al punto da far commettere a vasco l'errore che ritengo più imperdonabile che possa fare un cantante.
Smettere di scrivere canzoni “da proporre” al pubblico e iniziarle a scrivere “per compiacere” il pubblico.

Pubblico che si sa, vuole la vita comoda, standardizza certi comportamenti e ti cataloga.

Quindi da lì in avanti, vasco ha identificato un target di ascoltatori, ha più o meno decodificato le loro aspettative ed ha infilato una serie di pezzi fatti col misurino proprio per loro.

Senza interessarsi a quei “quadri” di cui era capacissimo in passato, senza evolvere se stesso, i protagonisti delle sue canzoni e soprattutto il suo pubblico.

Il punto definitivo di rottura arriva con rewind (reuaaain) e quel terribile  
la lalalalalà fammi godere/vedere/sapere/dire/fare/baciare/lettera/testamento.

Bon, vasco non può aver scritto una cosa del genere.
Per quanto non lo ritenga un cantautore minimamente paragonabile ai mostri sacri, la scrittura del primo vasco, in confronto a ciò che è arrivato da Delusa in poi è roba tipo Manzoni, Verga e Pirandello insieme, frullati da Leonard Cohen.

Rewind parla di scopare, ok, sai che novità, e già il paragone con il videoregistratore fa rabbrividire, ma quello che colpisce di più è la regola aurea di vasco:
più il disco è brutto, noioso, ripetitivo più vende

quindi passiamo da

Non è un segreto dai, lo sanno tutti e tu sei buffa quando cerchi di nasconderlo alla gente che ci vede litigare
a
Con le mie mani tra le gambe, ti sentirai più grande

e, allucinante, più ci si imbruttisce più le vendite si impennano, gli stadi straboccano, i musicisti da coinvolgere nelle registrazioni aumentano di fama e bravura (VINNIE COLAIUTA!!!! TONY LEVIN!!! KENNY ARONOFF!!!)

quindi, chi ha ucciso vasco rossi?

Chi lo ha eliminato, per mettere al suo posto uno che ha scritto “Un senso”?
Un pezzo che dopo 3 righe ha già finito di avere qualcosa da dire e diventa una lista della spesa?
Un pezzo che 900 milioni di persone cantano in coro senza accorgersi che NON DICE UN BENEAMATO CAZZO e lo dice anche male (anche se tante cose un senso non ce l'ha???? NON CE L'HA??????)

Ridateci vasco, non quello di topogigio e della svizzera, non quello che per sforzo compositivo intende il numero di vocali da aggiungere ad minchiam alla fine di ogni strofa.
Non quello autoreferenziale, retorico e bolso di Eh già, che certe cose le diceva benissimo quando cantava La combricola del blasco e Vado al massimo, la smetta di fare il santone dei pezzenti per dio!!!!

Chi lo ha ucciso, il vero vasco rossi?

Ditecelo.
Ridatecelo.



giovedì 7 agosto 2014

Live in Albenga - Gnu Quartet: La Musica senza barriere














Con l'esibizione di venerdì si chiude la prima edizione di Live In Albenga, una serie di concerti che ha portato nella suggestiva cornice di Piazza San Michele la grande musica, declinata in diversi suoi aspetti.
Una manifestazione che ha voluto unire musica ed emozioni, offrendo ingredienti diversi e riuscendo ad amalgamarli con uno spiccato gusto del bello.

L’ultima serata propone l'esibizione dei Gnu Quartet, una performance che riassume benissimo sia lo spirito della manifestazione che il senso stesso del concetto di Musica.
Musica come arte, come cultura, come punto di contatto tra lingue, idee e popoli diversi, ecco lo spunto da cui è nato Live in Albenga, esperienza assolutamente da ripetere.

Il quartetto composto da Raffaele Rebaudengo (viola), Francesca Rapetti (flauto), Roberto Izzo (violino) e Stefano Cabrera (violoncello) prende nome appunto dal curioso animale risultato di incroci tra razze diverse e ha scelto di rappresentare questa mescolanza in musica.
Le sonorità dei Gnu Quartet sono infatti quanto di più ibrido e contaminato si possa immaginare; un percorso che si snoda dalla musica classica ed arriva fino al rock, passando per il progressive e la canzone d'autore italiana.
Musica quindi “totale”, senza barriere, limiti o etichette di sorta; una vera e propria celebrazione dell'arte delle 7 note, che trionfalmente troverà nel centro storico ingauno una casa ideale per mostrarsi in tutto il suo splendore, le sue sfaccettature, le sue innumerevoli declinazioni.

Solo una straordinaria sensibilità ha permesso ai 4 ragazzi genovesi di creare, in questo crocevia di suoni, un marchio di fabbrica riconoscibile, che unito al loro grande talento, li ha resi protagonisti di dischi godibilissimi e soprattutto ospiti richiestissimi ed altrettanto apprezzati.

Impressiona infatti la lista degli artisti con i quali i Gnu Quartet hanno collaborato, impressiona la caratura dei nomi e la diversità delle loro sonorità; una lampante dimostrazione di eclettismo e versatilità, che afferma il quartetto come realtà del tutto di prim'ordine nel panorama musicale nostrano.
Scorrendo la lista degli artisti che si sono avvalsi della bravura dei Gnu Quartet troviamo Gino Paoli, Simone Cristicchi, L’Aura, New Trolls, PFM, Antonio Lombardi, Pier Cortese, Niccolò Fabi, Celeste, Baustelle, Nina Zilli, Kalweit and the Spokes, Giulia Ottonello, Roberto Vecchioni, Anansi, Nathalie, Rocco Papaleo, Tiromancino, Arisa, Raphael Gualazzi, Zibba. 
 
Un passaporto di qualità innegabile, per quattro magnifici musicisti che siamo sicuri riempiranno Piazza San Michele con le emozioni generate dai loro strumenti.

lunedì 4 agosto 2014

il pagellone - luglio

Tom Petty & the Heartbreakers - Hypnotic Eye: 8



Crosby, Stills, Nash & Young - 1974: 8



Phil Cody - Cody sings Zevon: 7,5



Jono Manson - Angels on the other side: 7,5



John Mellencamp - Performs Trouble no more (Live at Town Hall): 7,5



Rise Against - The black market: 7



AA.VV. - Jersey Boys OST: 8



4REAL - M.I.L.F.: 7,5



Massimiliano Larocca - Qualcuno stanotte: 7,5











sabato 2 agosto 2014

Scusa, Ameri - Fiori e calci nel culo

Tratto dalla bellissima serata "Buon compleanno Matisklo!" tenutasi a Mallare giovedì 31 luglio, ecco il video della presentazione del mio libro e la lettura di un paio di capitoli.
Buona visione!!!