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lunedì 22 gennaio 2018

Marciapiedi e boa di struzzo. Le Canzoni da Marciapiede in concerto



Ho conosciuto Valentina ed Andrea, in arte Le Canzoni da Marciapiede, nell'edizione 2016 di Su La Testa.

Aprirono la seconda serata, lei vestita da sciantosa, lui da marinaio.
Pianoforte e voce.
Anzi, pianoforte, voce ed espressività.



Perchè Andrea tiene su la baracca col suo pianoforte che riempe l'aria e spesso svolge, bene, il compito di un gruppo intero, ma Valentina è cantante, attrice, voce e interpretazione.

Sono un duo spettacolare, che vanno visti dal vivo per comprendere a pieno la loro bravura.



Una musica antica, operetta, swing, teatro-canzone, ma profondamente connessa alla realtà odierna.

Nel loro secondo album, Un Circo di paese, infatti i protagonisti di questo fantomatico circo nel quale, sulla copertina, veniamo accolti da Valentina in persona, nel suo abito di scena, sono assolutamente  veri e attuali.



Lanciatori di coltelli e veleno, leoni paurosi di riprendersi ciò che spetta loro di diritto, pagliacci tormentati, un campionario di "casi umani" che pensandoci bene incontriamo quotidianamente.

Hanno pubblicato due dischi e stanno lavorando al terzo, che presenteranno ufficialmente tra pochi giorni nella loro Spezia.



Venerdì sono tornati ad Albenga e ci hanno regalato 90 minuti di spettacolo bellissimo, passando in rassegna le loro vecchie canzoni, con qualche anteprima di Domina.

La cosa migliore, dicevo, è il modo in cui Valentina interpreta le canzoni, entrandoci dentro con enorme intensità e regalando una performance affascinante; dotata di una gran bella voce, riesce comunque a comunicare attraverso le espressioni e la mimica quello che il solo testo non potrebbe farci arrivare.

Valentina È il leone, o la trapezista spaventata, la giovane prostituta o la nobildonna, si impadronisce del palco e lo rende teatro, strada, boudoir o salotto.




E mentre lo fa, Andrea accompagna i suoi protagonisti tratteggiandone le caratteristiche e sottolineando il pathos della scena utilizzando i tasti bianchi e neri.

Un gruppo da scoprire specialmente dal vivo, due bellissime persone che ammiro molto.



sabato 23 dicembre 2017

Trovare un senso nell'alzare la testa (Festival, varie ed eventuali)



In questa foto, fatta nei camerini del Teatro Ambra la seconda sera di Su La testa 2017, sta per me molto se non tutto del senso del festival stesso.

L'uomo con la maglietta dei Gang e l'importante accoppiata pantaloni - camicia è Jono Manson ed insomma, se vi interessa un certo tipo di musica lo conoscete per forza, bluesman, rocker, produttore (anche di artisti italiani come Edoardo Bennato e gli stessi Gang), uomo di una umiltà di una simpatia e di una disponibilità più uniche che rare.

Il ragazzo piegato sulla chitarra invece si chiama Francesco De Maria, non ha ancora 20 anni e suona nei Seawards insieme a Giulia Benvenuto, nemmeno lei ventenne.

Nella foto sta suonando la chitarra di Jono, dopo che Jono ci ha raccontato la storia di quella chitarra, l'età di quella chitarra ed indirettamente il valore di quella chitarra; poi lo ha guardato e gli ha detto di provarla.

Su La testa è quella cosa che provoca scene del genere, tra musicisti che non si conoscevano fino a pochi minuti prima, tra amanti della musica, della cultura e del bello, per le quali è del tutto normale, come è giusto che sia, condividere emozioni, impressioni, strumenti musicali.

Su La testa è quella cosa che ad una trentina di persone inizia a ronzare in testa dai primi di settembre; riaprono le scuole, finisce l'estate, si inizia a pensare al festival, ormai le stagioni sono cadenzate così e l'autunno vuol dire questo, vuol dire riunioni, pizze, scazzi, polemiche, malumori, entusiasmo che cresce, legami.

Poi all'avvicinarsi dell'inverno, ecco che per tre giorni quelle 30 persone diventano una squadra, ognuna con il suo ruolo e la magia si ripete.

E la magia contagia anche chi al festival viene a suonare, se è vero come è vero che in 5 anni che ne faccio parte, momenti come quello di jono e francesco ne ho visti accadere parecchi.

Su La Testa è una dichiarazione d'amore, che dura 3 giorni ma che viene studiata almeno 4 mesi.

Una dichiarazione d'amore ad Albenga, da dove più o meno veniamo tutti.
Una dichiarazione d'amore ed una sfida, il portare qualcosa di bello e profondo nella distratta provincia.

Una sfida che ancora non siamo riusciti a vincere, ma che nel nostro ostinarci a combatterla ci vede comunque vincitori, nonostante le difficoltà e i posti vuoti in teatro.

Amore & sfida, queste due caratteristiche mai come quest'anno mi sono sembrate evidenti.

La voglia e la testardaggine con cui continuiamo a proporre musica magari non semplice ma di sicuro valore è appunto la sfida che pensiamo sia giusto affrontare, affrontarla per amore, come ho detto, perchè ad un posto che si ama si cerca di portare qualcosa di bello, di grande, di meglio.

Tre giorni pieni, iniziati con il pop intelligente di Hugolini a cui ha fatto da contraltare l'incrocio tra folk irlandese e napoletanità verace dei Blindur, proseguita con l'eleganza di L'Aura e con la grinta dei Perturbazione.

Ma Su La Testa non è solo 3 sere di musica, ma anche dei pomeriggi in cui ascoltare. E guardare. E venerdì abbiamo guardato, con gli occhi di Valentina Tamborra, fotoreporter che ha documentato la situazione al confine di Ventimiglia come di Como o di Bardonecchia, che ha raccontato le storie dietro a quegli occhi, a quelle tende, a quei piedi scalzi. Insieme a lei 3 ragazzi che quelle storie le hanno vissute hanno ammutolito un salone pieno di gente, mentre chi traduceva le loro parole faticava a renderne per intero la drammaticità e la veridicità. 

Mi emoziono sempre al festival, vuoi per una canzone in un momento particolare, vuoi per qualcuno che sale sul palco ed incanta; ma quest'anno mentre la stessa Valentina si doveva interrompere per calmare il pianto, i miei occhi si sono riempiti di lacrime per i racconti di padri e figlie che combattono fianco a fianco.

Da lì in poi è stato più facile vincere l'ansia da presentatore, avendo toccato con mano quelli che sono i veri ostacoli e le vere difficoltà di vite che per quanto provino a tenerci lontane, sono a pochi passi da noi.

È stata poi la volta dei Gnu Quartet e della loro maestria, la bellezza di 4 persone che rispondono SI all'invito fatto in extremis e salgono su un palco dove non erano stati annunciati, in un festival che non ha fatto loro la minima pubblicità senza battere ciglio, con la loro simpatia ed enorme generosità, offrendo una ennesima dimostrazione del loro grandissimo talento.

Spazio poi a Jono Manson e ai suoi 3 amici (Jaime Michaels, Radoslav Lorkovic e Paolo Ercoli) che si sono messi in cerchio come davanti ad un falò e ci hanno raccontato storie e suoni di tempi passati.

È stata la volta dei Seawards, di Giulia & Francesco, che in due hanno meno della mia età, ma le idee ce le hanno ben chiare e solo con la chitarra e la (bellissima) voce sembravano due veterani. Ero dietro le quinte durante il loro set e guardavo Giulia, concentrata, tesa, ma totalmente DENTRO le sue canzoni, la guardavo muoversi per il palco quasi affrontando un nemico, scacciare i timori gesticolando nervosamente, avvicinarsi a Francesco quasi a dare ed offrire protezione, per uscire poi dal palco con lui completamente da vincitori.

Capisco che l'elettronica sia uno strumento a cui oggi è difficile dire di no, ma le già interessanti canzoni del loro EP 85bpm, nella veste acustica mi entusiasmano molto di più, anche se buona parte del motivo sta nel fatto che, come ho detto, loro due insieme hanno meno dei miei anni.

Ginevra Di Marco insieme a Jono era l'ospite che aspettavo di più e la mezz'ora passata con lei nei camerini, il trovarla così disponibile, mi ha fatto apprezzare ancora di più la sua trascinante esibizione.

Ginevra per me è l'emblema femminile degli anni 90, la sua voce al servizio dei CSI e poi quella ricerca di radici e qualità che l'ha portata ad omaggiare con una credibilità sorprendente una gigantessa come Mercedes Sosa

Ma soprattutto è il ricordo della prima volta che andai a Su la testa da spettatore e lei fece un set bellissimo, concluso da una trascinante versione di Malarazza di Modugno.

Le chiedono il bis e lei ci (mi) regala di nuovo Malarazza, facendo alzare in piedi il pubblico.

L'ultima serata poi è stata all'insegna della dolcezza, da quella di Giua  a quella di Federica e Marilena, anche loro napoletane doc, in arte Fede'n'Marlen.

Di loro avevo ascoltato l'album Mandorle, napoletano nel midollo ma senza diventare neomelodico; ritmo, fascino e due bellissime voci.

Poi arrivano, ed oltre al duo che conquisterà il pubblico di Su la testa scopro tante altre cose belle di Federica e Marilena, che sono quasi timide, che è la prima volta che vengono in Liguria e che soprattutto hanno quella cadenza, quel dialetto, quelle espressioni che mi riscaldano il cuore ed il sangue, proprio nel giorno in cui ricordo l'anniversario della scomparsa del mio beneventanissimo papà.

Sul palco poi sono formidabili, seducono l'ambra in pochi istanti, con le loro canzoni ma anche portandosi sul palco con sincerità, simpatia e perchè no, un filo di cazzimma che male non fa.

Hanno pure il coraggio di cantare un pezzo del Principe De Curtis, alternando dialetto e spagnolo.

Prima di loro Giua, una tempesta di capelli biondi sopra un bellissimo viso sempre sorridente e disponibile.

Una voce particolare ed un senso dell'umorismo sottile ed irresistibile.

Apre l'ultima serata di Su la testa insieme a Stefano Cabrera incantandoci con la sua ironia dopo aver scherzato nel backstage come fossimo vecchi amici.

A lei è legato uno dei ricordi più belli delle edizioni del festival a cui ho partecipato, quando prima del suo concerto con il maestro Armando Corsi, nel 2012, feci 4 chiacchiere con loro su punti di contatto e differenze tra i due centri storici più belli d'Italia, Genova ed Albenga.

Un capitolo a parte meriterebbe Paolo Benvegnù.
Da quando ho iniziato a far parte dello Zoo ho sempre osservato la distanza tra la persona e l'artista e di fronte a delusioni abbastanza cocenti, molte volte sono rimasto stupito della semplicità di cantanti e musicisti talentuosi.

Benvegnù forse va oltre.

La sua non è solo educazione, disponibilità, simpatia.

Quando leggemmo le note di presentazione del suo ufficio stampa, noi presentatori iniziammo a vedere la figura di Paolo Benvegnù come un mistico eremita che camminasse avvolto da una scia di vapore che lo potesse isolare dal mondo terreno e volgare.

La complessità dei suoi testi, la presunzione (ben riposta) di avere qualcosa da dire che meritasse una attenzione maggiore della media, l'arroganza sfrontata con cui si ostinava a volerlo dire nonostante, beh nonostante tutto dai, ci fece temere di trovarci di fronte alla quintessenza dello snobismo.

Nulla di più sbagliato.

Già dal pomeriggio, durante il soundcheck, ha iniziato a comportarsi con l'umiltà del debuttante, con la gentilezza dell'ospite, con una educazione quasi imbarazzante.

Nei camerini poi poco mancava che si scusasse per il rischio di rovinare la serata con la sua musica, mentre non si risparmiava in complimenti per chi si era appena esibito (cosa più unica che rara, specie se fatta con tale trasporto, da parte di un musicista verso dei colleghi)

Un uomo meraviglioso, che ha steso la platea investendola con le sue liriche importanti avvolte in un pathos creato ad arte dai suoi bravissimi musicisti.

Seduto, quasi a non disturbare con la sua fisicità l'importanza delle parole.

Conclusione danzereccia con gli Statuto che hanno trasformato l'Ambra in una bella pista da ballo, con la gente che pian piano è arrivata a ballare sotto il palco durante la conclusiva "One step beyond".

Loro restano fedeli alla filosofia mod, si muovono come fossero una banda, li immagino che avrebbero voluto parcheggiare le Lambretta fuori dal teatro e poi una volta dentro non fanno prigionieri.

Alla fine, mentre osservavo i volti delle persone al dopofestival, trovavo in molti il piacere di sentirsi parte di una comunità, unita dalla voglia di passare una serata diversa, dalla voglia di divertirsi senza replicare i soliti schemi da sabato sera.

Ed ecco che il senso di tutto questo l'ho ritrovato nel gesto semplice ma intenso di un chitarrista che porge il suo strumento ad un giovanissimo collega, nelle persone che dal nulla si inventano cassieri, presentatori, baristi, cuochi, accompagnatori, nel desiderio di lasciare un segno tangibile della propria esistenza a chi ci esiste di fianco e magari non ci conosce.

Ed ecco che Su La Testa non è solo uno slogan, una citazione, un invito, ma diventa la sfida di cui parlavo prima: diventa l'importanza di dimostrare a tutti di essere vivi e di dimostrarlo rendendo la propria città migliore e di conseguenza più viva.

Allora i rancori, i malumori, gli scazzi che inevitabilmente ci portiamo dietro non devono più esserci di ostacolo, ma fanno parte anch'essi di questa sfida.

Una sfida che vinciamo tutti assieme e che continueremo a combattere insistendo affinchè sempre più persone si uniscano a noi.

martedì 14 novembre 2017

L'Eredità e la Coerenza. Premio Pierangelo Bertoli.



Non aspettatevi da me una cronaca imparziale ed obbiettiva sulla serata finale del 5° Premio Pierangelo Bertoli a cui abbiamo partecipato sabato scorso.

Non posso essere obiettivo parlando della famiglia Bertoli.

Non posso essere obiettivo parlando dei figli di Pierangelo Bertoli, visto che con il maggiore di loro sono legato da una bella amicizia da qualche anno.

Non posso essere obiettivo perchè con l'altro figlio maschio, Alberto pure lui, che fa il musicista ho condiviso alcuni momenti molto intensi, a partire dalla sua canzone "E così, sei con me".

Questa canzone non è un pezzo che parla della scomparsa del celebre cantautore Pierangelo Bertoli, no. Questa canzone parla di un padre che se ne va e lascia al figlio che canta una ricchezza di esempi, consigli, coerenza tale che è impossibile pensarlo lontano.

Un pezzo che non conoscevo fino al momento in cui gliela sentii cantare a Su La Testa, pochi giorni prima del decimo anniversario della scomparsa di mio padre.

Una tranvata dritta tra stomaco e cuore, seguita a ruota da una versione splendida di A Muso Duro, a completare una rapida ma chiara dimostrazione di come il sangue non sia acqua, mai.

Questa canzone mi diede il coraggio di scrivergli e di ringraziarlo per quello che mi aveva fatto provare, dando il là ad un rapporto basato sul rock e sulla condivisione di questa mancanza.

Lo scorso anno, sempre a Su La Testa, Alberto venne a trovarci e al Teatro Ambra suonò una versione acustica di questa canzone, dedicandomela. L'abbraccio al termine della sua breve esibizione lo porto tra i ricordi più cari.

E da questa eredità, di coerenza e verità, nascerà libertà


Chiusa questa parentesi doverosa, per evitare che qualcuno legga queste righe come fossero una recensione, aggiungerei anche che siamo stati ospiti della famiglia Bertoli sabato, con una accoglienza deliziosa e che abbiamo assistito allo spettacolo con nella borsa di mia moglie una teglia di lasagne (che ci siamo spazzolati il giorno successivo a cena) di una bontà indescrivibile a parole, consegnateci dalla Chef dell'evento in persona, l'amica Lorna, persona tanto bella quanto brava ai fornelli.

Ma, alla fine, a Modena ci siamo andati per la serata musicale, quindi, descritto il "contorno" ecco alcune impressioni.

Il premio è arrivato alla quinta edizione ed inizia ad avere una certa eco a livello nazionale, eco a mio avviso in chiaro aumento dopo sabato scorso.

L'eredità artistica ed umana di Bertoli trova in questo premio una simbolo ed uno strumento perfetti, perchè unisce il riconoscimento a musicisti affermati che hanno dimostrato di sostenere gli stessi valori da sempre presenti nelle canzoni di Bertoli alla valorizzazione dei giovani cantautori, che nel percorso importante di Bertoli possono trovare direzione e soprattutto spunti da trasformare in musica.

I premiati di quest'anno erano nomi importanti, davvero.

Simone Cristicchi è un altro a cui forse dovrei scrivere perchè sabato mentre cantava Ti regalerò una rosa, forse ascoltandola come mai in passato, ho rivisto diverse mie esperienze lavorative, di cui scrissi anche nella mia tesi di laurea.
Un pop delicato ma tagliente, anche nel secondo brano L'ultimo valzer, durissimo nel raccontare il dramma e la dignità di tanti anziani.

Anche gli Zen Circus si sono ovviamente esibiti in acustico, ma non hanno risparmiato in energia ed essendo la prima volta che li vedevo dal vivo, mi hanno stupito per il modo in cui tengono il palco.

Non era pensabile che un premio dedicato a cotanto nome trascurasse i Tazenda, cosa che infatti non è avvenuta.
Due brani tratti da duetti celebri e poi la magia del ricreare QUEL duetto, con Alberto che sostituisce ottimamente il padre in Spunta la luna dal monte (la sua voce assomiglia molto a quella di Pierangelo, ma mai come in questa canzone, dove sembra davvero di sentire lui).

a volte sciogliendosi in pianto



Ospite principale, inutile negarlo era comunque Francesco Guccini, accolto da una standing ovation di tutto il teatro. 

Nella nebbia modenese finito lo show, io e mia moglie quasi contemporaneamente abbiamo espresso il desiderio di non volerlo più vedere, di ricordarcelo nei diversi concerti a cui abbiamo assistito e in questa ultima occasione; il motivo è la pessima sensazione provata vedendolo entrare sul palco sorretto da Alberto, quasi camminando a fatica. 
Per fortuna è stato un attimo, poi il calore del teatro lo ha scaldato e in effetti si è dimostrato brillante come suo solito, però insomma, la sua scelta dell'esilio credo trovi radici in questi piccoli momenti di difficoltà. 
L'uomo c'è eccome, la lingua è sempre pronta, gli aneddoti riempirebbero serate intere, ma tolto l'evidente piacere di essere a Modena e di parlare di persone care come Bonvi e lo stesso Bertoli, appare chiaro che sia stanco della vita pubblica.
Ad introdurlo, un momento musicale che potremmo definire "Bertoli canta Guccini" che voglio dire, mica roba da niente eh, con Alberto in gran spolvero in un medley che da Canzone per un'Amica ha scatenato l'entusiasmo del pubblico fino a Dio è morto.



Ma il Premio Bertoli è anche o forse soprattutto questo concorso nazionale per giovani cantautori. 
In questo aspetto della manifestazione germoglia più chiaramente il senso stesso del Premio, quel voler proseguire un discorso di qualità e coerenza che deve essere una coordinata fondamentale nella carriera di un musicista che voglia dire qualcosa di importante.

Eredità e coerenza quindi, espressi in modo lampante sul palco del bellissimo Teatro Storchi.

La cosa che più ho apprezzato è stata la scelta di far accompagnare i concorrenti dalla band che per anni suonò con Bertoli.
Un'idea vincente, che caratterizza questa manifestazione e ne è un vero fiore all'occhiello.

Perchè il discorso non è solo "oh che figata, suono con quelli che suonavano con un musicista famoso", NO, affatto, il senso è di voler letteralmente accompagnare questi ragazzi nel mondo della musica, mettendo a disposizione gli stessi musicisti che Bertoli usava per raccontare le sue storie. Una dimostrazione pratica e tangibile di condivisione, termine ricorrente quando si parla del cantautore di Sassuolo.

Vince un ragazzo di Taranto emigrato a Torino, che dal quartiere dove vive ha preso il nome, Salvario; un brano che è una sorta di collage di nomi e frasi tipiche della musica italiana più recente, spunto interessante che nel suo disco (che mi sono andato ad ascoltare il giorno seguente) si rafforza, grazie ad una buona scrittura.

Mi è piaciuto molto anche un altro ragazzo, Alessandro Zanolini, che ha cantato un suo brano forse troppo cupo, ma che mi ha impressionato nella versione di Chiama Piano, una gran voce davvero.

Non faccio altri nomi per non fare torto a nessuno, il concorso prevedeva otto finalisti che cantavano un proprio pezzo e quattro di loro, accedendo alla fase finale, si sarebbero esibiti in un pezzo di Bertoli.

Eredità e coerenza, appunto.

Lo show è stato gestito benissimo e nonostante sia durato ben tre ore abbondanti non ha mai avuto momenti di stanca, grazie ad un presentatore esperto e vivace ed alla direzione artistica impeccabile di Riccardo Benini e dello stesso Alberto 

Una serata meravigliosa, dove, come nella canzone di suo figlio, a me così cara, non si poteva non pensare che Pierangelo Bertoli fosse con noi.

Non so com'è, però vi invito a berlo



mercoledì 30 novembre 2016

UNDICI VOLTE SU LA TESTA!!!




Su BRG Radio una puntata dedicata interamente all'undicesima edizione di Su la testa, che inizia giovedì al Cinema Teatro Ambra - Albenga (SV)
Una breve presentazione a cui seguiranno i brani degli artisti partecipanti a questi 3 giorni di musica e teatro.

Ecco i brani trasmessi

Vincenzo Costantino Cinaski - Niente è grande come le piccole cose
Margherita Zanin - Travel Crazy
La Scapigliatura - Margherita
Mario Venuti - Veramente
Sam & the Band - Dear Grace
Giacomo Toni - Come una specie di mezzo matto
Le Canzoni da Marciapiede - Voglio un uomo
Antonella Ruggiero - Vacanze Romane
Pinzone - Riflessi
Elisa Rossi - Da qui
Têtes des bois - Avanti Pop
L'Orage - Skyline

Se avete l'audio del pc attivo, è quella che state ascoltando ora e che parte in automatico, oppure, se ciò non accade, potete trovarla qui:

lunedì 21 novembre 2016

Belìn che canzoni! Su la Testa On the Road!!



Domenica 20 novembre, invece del mio programma sulla storia del rock Championship Vinyl, ho dedicato su BRG Radio una puntata al Festival Su La Testa ed in particolare alla rassegna Su la Testa On the Road che si sta tenendo in questi giorni in diversi locali della riviera e che ho contribuito ad organizzare.

Un mese dedicato alla "Musica che ci gira intorno", ai musicisti locali che cercano di emergere, al talento nascosto nella nostra provincia e che con ostinazione cerchiamo di valorizzare.

Un mese in posti vecchi e nuovi, con amici vecchi e nuovi e soprattutto tanta bella musica.

Ecco i musicisti coinvolti


  1. Ivano Fossati - La musica che gira intorno
  2. Geddo - Cammina cammina
  3. Michele Savino - L'ultimo giorno di stage
  4. 4REAL - Change my mind
  5. Ginez - Rapina
  6. Vico 28 - Gufi e rondini
  7. Sergio Pennavaria - Il Collasso
  8. 4sixtyfive - Consapevole
  9. Dagma Sogna - La tua verità
  10. Chiara Ragnini - Tra le Foglie
  11. Edoardo Chiesa - Ti rispondo
  12. Blue Scarlet - Lei
  13. The Londonpride - Mr. Kind


Se avete l'audio del pc attivo, è quella che state ascoltando ora e che parte in automatico, oppure, se ciò non accade, potete trovarla qui:

giovedì 13 ottobre 2016

Sam & the Band - (Riportando tutto) sulla via di casa



Ho sentito nominare per la prima volta samuele puppo un paio d'anni fa.

Stavo cercando di mettere su una serie di serate in vista del festival su la testa e chiesi consiglio ad un paio di amici, su qualche nome emergente da contattare.
Entrambi convennero che sto samuele puppo era un nome da tenersi a mente, quindi mi fidai di loro e chiesi un contatto per proporgli di partecipare.
Mi diedero il nome di sua mamma.

(Come della mamma?)

Pochi giorni prima, a finalborgo c'era stata la prima edizione di una rassegna su blues e soul e samuele puppo era tra i partecipanti, solo che si esibì di pomeriggio ed io arrivai tardi.

Come della mamma? dicevamo

Eh si, i contatti li tiene lei.
Ma quanti anni ha?
quasi 16.
ah.

Ottenni il suo numero e gli proposi di esibirsi al brixton di alassio, mi sembrò contento ed orgoglioso della telefonata, dandomi l'impressione di un ragazzo tranquillo, educato e con le idee abbastanza chiare.

Non riuscii a partecipare nemmeno ad un'altra serata in cui era ospite e quindi mi accontentai di fidarmi dei miei amici, a cui si erano aggiunti anche altri pareri positivi e di aspettare la serata al brixton.

Lo conobbi quindi quella sera, accompagnato dai suoi, mingherlino e timido, mi chiese di esibirsi per primo per poter andare via presto, visto che il giorno dopo aveva un compito in classe.
Mi colpì molto l'affiatamento con i suoi genitori, che da un lato lo proteggevano, ma dall'altro lo esortavano ad essere se stesso.

Genitori, scuola, timidezza.
Lo so che non sono questi i tipici ingredienti di una storia rock.

Probabilmente una parte di me si aspettava un punkabbestia con una svastica incisa sulla nuca che al posto di stringermi la mano mi vomitasse sulla maglietta un misto di sangue e jack daniel's, fatto sta che quando attaccò la chitarra all'impianto del circolo alassino, non avevo idea di cosa sarebbe successo.

Quello che è successo è che dopo non più di 30 secondi della sua prima canzone, io non credevo ai miei occhi.
Nulla di rivoluzionario eh, ma il ragazzino timido impacciato e (pensavo) mammone di 5 minuti prima stava ammutolendo un circolo arci pieno di gente con un tot di cazzacci loro da farsi con un carisma ed un talento che faticavo ad attribuire ad un sedicenne.

Perchè prima di tutto, la cosa incredibile di samuele è che quando sale su un palco diventa un gigante, lievita, aumenta, cresce non so che altri sinonimi usare.
Le braccia mingherline tipiche di un adolescente diventano all'improvviso armi potentissime, che fanno il paio con la sua voce, all'epoca ancora in fase di cambiamento.
Un devasto, solo con voce e chitarra.

3 minuti dopo stavo contemporaneamente ringraziando e maledicendo jon landau che tipo 40 anni prima se ne era uscito con quella frase sul futuro del rock and roll, relativa ad un altro secco e mingherlino di nome bruce e di cognome springsteen, perchè, cazzo, sta frase ci stava proprio bene quella sera ad alassio, ma mica potevo spacciarla per mia, dopo 40 anni.

Lo sguardo sempre basso, i suoi profondissimi occhi marroni che sembrano guardare dentro alle persone, porte di un mondo interiore fatto di sensibilità, musica e talento.

Non vi sarà sfuggito il fatto che sono assolutamente di parte, ma chi se ne frega.

Da quel giorno la strada di samuele si è incrociata diverse volte con i miei tentativi di giocare all'organizzatore, a partire dal festival su la testa di quello stesso anno, che lo vide esibirsi come nuova proposta, scelto all'unanimità da tutti noi dello zoo, in un teatro ambra che nonostante la capienza ben superiore a quella del brixton lo ascoltò con lo stesso silenzio carico di rispetto, attenzione e credo anche stupore.




Ebbi la fortuna e l'onore di presentarlo io, affermando con forza la bontà di una notizia del genere, un sedicenne che con la maturità di un veterano ha la voglia, la costanza e l'attenzione di fare musica in quel modo, forse non tutto era perduto!

Samuele ha suonato di nuovo ad albenga l'estate scorsa, una serata di un livello qualitativo pazzesco, aperta da un chitarrista sopraffino come mauro vero e chiusa dal figlio illegittimo di john lee hooker e  gilberto govi (mia) paolo bonfanti; serata dove samuele suonò per secondo, dimostrando come in un anno e mezzo fosse cresciuto enormemente.

Nel mezzo diversi riconoscimenti e soddisfazioni, pistoia blues, arezzo wave, umbria jazz, il ragazzino cresceva e diventava sempre più bravo

Tra le carte vincenti di samuele, permettetemi, c'è anche e forse soprattutto la passione e la curiosità con cui assorbe qualunque cosa di musicale gli ronzi attorno.
Figlio (e fratello) di artisti, musicisti e ballerini, samuele è cresciuto a pane e musica, più musica direi, sin dalla nascita, ma la sua fame aumenta col tempo.

Una sera ero al raindogs a savona per un concerto e mi ritrovai con lui, marco il gestore e nicola, batterista del suo gruppo a parlare (ovviamente) di musica.

Ad un certo punto mi capitò di guardarlo mentre gli altri parlavano e sentivo, vi giuro, sentivo le rotelline del suo cervello immagazzinare nomi, titoli, riferimenti con una voracità che nemmeno io davanti ad un vassoio di dolci (scusate l'esempio, ma credetemi, è appropriato)
Questa è la cosa che preferisco di samuele, l'umiltà con cui ascolta e cerca di imparare da chiunque, una caratteristica che spero con tutto il cuore mantenga sempre.

Veniamo all'oggi, veniamo a sam and the band, il trio che dall'inverno scorso lo vede protagonista insieme a nicola il batterista e davide l'altissimo bassista.
Posata, temporaneamente e non del tutto l'acustica, samuele fa prodigi anche con la chitarra elettrica ed i due tizi che gli coprono le spalle sono perfetti per il suo talento. 

Precisi e solidi, nicola e davide, anche per un discorso anagrafico sembrano difendere samuele e assecondare il suo talento, come cugini più grandi che proteggono il più giovane conoscendone le qualità.

Tre ottimi musicisti, con diverse passioni musicali in comune ed un pugno di canzoni di samuele su cui mettere le mani, dopo un breve set in apertura, di nuovo, di paolo bonfanti, bisognava aspettare, ma che voglia di ascoltare qualcosa!!!!


Dopo il gustoso antipasto del singolo come around, un brano intriso di soul ed accompagnato da un video "in presa diretta", l'ep On my way home ha visto la luce la settimana scorsa, con uno show di presentazione proprio al raindogs di savona.

Uno spettacolo di 90 minuti dove oltre alle canzoni dell'ep, i ragazzi hanno ripescato alcuni pezzi "vecchi" di samuele (che poi fa morir dal ridere sentire un ragazzo di nemmeno 19 anni parlare di "pezzi vecchi", ma lascia anche intendere da quanto samuele sia dentro a sto mondo, al punto che i suoi primi brani fanno capire quanto sia cambiata la sua voce dal momento delle prime esecuzioni ad oggi).

I pezzi nuovi hanno come tratto comune la ricerca, la voglia di trovare qualcosa o qualcuno, il sogno di luoghi mitici, la necessità di definire la propria identità, la tenerezza e la scoperta dell'amore, la meraviglia di fronte a sentimenti nuovi. 

Sulla strada di casa, una casa ancora da identificare con precisione, ma su un sentiero che da tempo samuele ha scelto, quello di provare a raccontarsi in musica, coi suoi testi maturi ma allo stesso tempo tremendamente adeguati alla sua età, l'età di un ragazzo che prende consapevolezza di cosa e chi gli sta attorno e lo fa guardando il mondo con occhiali personalissimi, dotati di lenti speciali come il suo talento.

Dalla voglia spavalda di andarsene per un posto migliore di come around, alla delicata richiesta (ed offerta) di aiuto in dear grace, i testi di samuele filtrano il mondo che lo circonda ed i suoi sogni attraverso una grande maturità ed una sensibilità non comune. I molti riferimenti geografici, soprattutto americani, sono lo specchio di una ambizione forte e di idee chiarissime, il mito, l'american dream, ma anche la voglia di crescere, lo stare stretto dentro certi confini ed il primo amore

Dal vivo la presenza di una band non sminuisce certo la personalità di sam, anzi con precisione e gusto, davide e nicola sono perfetti compagni e da sotto il palco si intuisce chiaramente il divertimento e l'affiatamento dei tre, affiatamento che potrebbe stupire, considerato il poco tempo passato dalla nascita del trio, ma che è comprensibile tenendo invece conto della quantità di talento del gruppo.

8 ottobre 2016
Serata fantastica con finale indescrivibile.

Con la presenza dei tre ospiti, una tromba, un sax ed un organo hammond, la band chiude lo show con una doppietta memorabile.

With a little help from my friends mi fa sentire di nuovo come quella sera al circolo arci e jon landau ed il futuro del rock and roll e joe cocker, woodstock, beatles.
La pelle d'oca a palate e la sensazione di essere di fronte a dei mostri; la sensazione, stranissima ed inedita per un egocentrico presuntuoso come me, di ascoltare musica per la prima volta, la sensazione che davvero si stesse riportando tutto a casa. 
Come se quei tre ragazzi, 6 in quel momento, stessero più che chiudendo un cerchio, riallacciando dei fili, fili di una storia di 60 anni e più, fuoco che cova sotto la cenere, benzina per questo fuoco.

Credi all'amore a prima vista? Sono sicuro che succeda ogni volta.
Mi guardavo attorno per capire se fossi l'unico a stare provando certe cose e nuovamente vedevo una sala rapita da samuele 

che cosa vedi quando spegni la luce? Non so dirtelo, ma so che è mio. 
Certo che è tuo, che è vostro, anzi nostro, che siamo qui stasera a chiedervi aiuto, perchè ci indichiate la nostra, di strada di casa. 

Hai bisogno di qualcuno? Non lo sapevo, ma si, abbiamo bisogno di serate come questa, dove il talento scorre libero e tu hai quasi voglia di aprire le braccia e farti investire da lui, dalla musica.

Ho assistito a qualcosa di unico, 5\6 minuti di pura magia. Una standing ovation spontanea ed un applauso enorme, stranito e quasi incredulo.


E poi si chiude con gli stones, brown sugar, perchè le feste si devono concludere coi fuochi artificiali ed allora abbiamo portato davvero tutto a casa, beatles e stones, fianco a fianco, tra le dita e le corde vocali di un ragazzino e due che son mica vecchi, mentre a km di distanza, in california, si celebra l'ennesimo ultimo valzer. 

Un ponte che sostanzialmente ci sta dicendo che la Musica, quella per cui perdiamo tempo, diottrie, ore di sonno e soprattutto tanti soldi, quella Musica lì è ancora viva, ancora capace di emozionare, di smuovere culi e coscienze, capace di farci innamorare e di consolarci.

Non importa se invecchiamo, abbiamo la possibilità di vivere ancora certi momenti e più dell'età, è la capacità di gustarceli che dovremmo tenerci stretta.

domenica 10 luglio 2016

Don Chisciotte e gli Alieni - ULTIMA PUNTATA



Se dobbiamo finire, finiamo alla grande!!!!


Come Don Chisciotte chiude e lo fa con una super super puntata!!!!
Insieme a me, grazie all'ospitalità ed alla professionalità dell' Actone Recording Studio di Matteo Ferrando c'era l'amico Davide Geddo con il quale abbiamo fatto una lunga chiacchierata su ALIENI, il suo ultimo, bellissimo disco e sulle varie riflessioni che le canzoni dell'album fanno nascere.

Ovviamente Davide aveva la chitarra e ci ha fatto ascoltare qualche pezzo!

Non potevo sperare di finire la mia prima esperienza in radio in modo migliore, ascoltate e condividete!!!

Un grazie particolare a Puggelli Designer - Design03 di Gabriele, per la magnifica "locandina".




(per chi volesse scaricare la puntata in mp3 ed ascoltarla offline, cliccate su "ascolta con il tuo player" poi cliccate col tasto destro del mouse sul tasto Play e "salva audio/video come")

venerdì 27 novembre 2015

10 Volte Su La Testa!!! - Come Don Chisciotte 2.2



Fare parte dell'associazione culturale zoo è una delle scelte migliori che abbia fatto ed ha influenzato molto la mia vita (ed il mio tempo libero) degli ultimi 4 anni.
Organizzare Su la testa è tanto stancante quanto gratificante e se oggi posso perfino giocare allo speaker radiofonico, beh vi assicuro che molto dipende dalla prima volta che sono andato a riunione a casa Geddo.

Non potevo non unire queste due cose e dedicare una puntata alle dieci edizioni del festival. Una carrellata di artisti che hanno reso la nostra una storia che vale la pena di raccontare.

Ecco i pezzi trasmessi ieri sera

zibba & vittorio de scalzi - o mae ma
andrea parodi & claudio lolli - per non sentirci soli
massimiliano larocca - meravigliosi perdenti
federico sirianni & gnu quartet - vuoi
max manfredi - la fiera della maddalena
chiara ragnini - tra le foglie
francesco piu - trouble so hard
paolo bonfanti - black glove
bandabardò - mojito f.c.
l'orage - come una festa
francesco guccini - don chisciotte


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