martedì 27 febbraio 2018

Cronache dalla corsia - Gesù era figlio unico


Parlo con la mamma di G, un uomo di pochi anni più giovane di me, che 16 mesi fa è uscito di casa con le sue gambe ed oggi si muove su una carrozzina e non riesce a mangiare da solo.
G aveva una serie di cose che funzionavano nella sua vita, lavoro, hobby, una bella moglie.
Ora vive con i suoi perchè non può fare altrimenti, sua moglie se ne è andata.

Guardo la mamma di G che mi racconta e le propongo un progetto per incentivare l'autonomia, ma lei mi dice che suo figlio si vuole ammazzare.
Ed immediatamente mi viene in mente mio padre quando gli dissero che aveva un male incurabile e chiese che qualcuno gli portasse una pistola.
E la cosa peggiore è che sua mamma mi dice che razionalmente lei non riesce a dargli torto.
Cioè, io che posso avere anzi devo avere un po' di distacco "professionale" posso quantomeno comprendere che G abbia certe idee, ma il fatto che la situazione sia tale da farlo pensare anche a sua madre mi schianta.
L'idea di vivere una realtà tale da far pensare anche a tua madre che la tua non è più vita, a lei che la vita te l'ha data.
L'avevo già incontrata, lei e suo marito; lei si faceva forte, prendeva appunti, proponeva, discuteva. Il marito era devastato, appoggiato ad una sedia che semplicemente si lasciava vivere, indifferente a tutto.
Nemmeno un mese dopo lei non riesce a dar torto ad un figlio che vuole morire.
G, che un giorno è uscito di casa ed è entrato all'inferno
Una madre prega “Dormi bene, figlio mio, dormi bene 
perché io sarò al tuo fianco Che nessuna ombra, nessuna oscurità, nessuna campana a morto possa farsi strada fra i tuoi sogni questa notte”

lunedì 26 febbraio 2018

Ci deve essere una ragione (di scooter, pioggia e scelte sbagliate)



Ci deve essere una ragione per cui io oggi, giorno del signore 22 febbraio del diciotto, in pieno inverno e con un abbassamento fenomenale delle temperature annunciate in ogni dove, abbia scelto di andare a lavorare in scooter.

Ci deve essere una ragione per cui io oggi, giorno del signore 22 febbraio del diciotto, all'alba delle 6.55, uscito dal portone di casa mia ed avendo percepito la leggera pioggerellina, abbia deciso lo stesso di andare a lavorare 
in scooter.

Ci deve essere una ragione per cui io oggi, giorno del signore 22 febbraio del diciotto, all'alba delle 6.55 abbia ignorato bellamente le vocine che mi dicevano di prendere la macchina e di lasciare lo scooter in garage che non era giornata.

Ci deve essere, ma non la so.

Indi ragion per cui io oggi, giorno del signore 22 febbraio del diciotto, ho preso il mio scooter e son partito bel bello, destinazione ospedale santa che la corona, ove svolgo intrepido ed apprezzatissimo il mio lavoro.

La pioggerellina che mi ha seguito fino all'ospedale nel frattempo è aumentata, ma tanto io, pensavo sardonico, ho la mantellina nel sottosella, così se al ritorno piove forte mi intabarro come un supereoe ed arrivo a casa con la serenità dei forti.

Mantellina che puntualmente si gonfia per il vento facendomi passare per un coglione (e fin qui, sai che novità) vestito da omino michelin o peggio da gabibbo (ma blu) su uno scooter.

Ho quindi fatto il mio ingresso in santa che la corona passando dall'arco che dice arbeit mach frei santa corona, scusate, santa corona e son giunto vigoroso davanti alla porta dietro la quale si cela il timbratore, oggetto dei desideri di uomini, donne, medici, infermieri, varie ed eventuali.

Ho timbrato in entrata col mio solito entusiasmo sottolineando il beeeeeeeep dell'avvenuta timbratura con un Oollè che tanto voglio dire al piano di sopra c'è psichiatria, nel caso saprebbero come aiutarmi, e sono tornato al motorino per iniziare il mio giorno di lavoro.

Morto.
Completo.
Tutte le lucine accese, ma morto.
Completo.

Nemmeno un gnìììììììììììì che desse speranza
O un trrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrr per illudermi
Nada, niet, nein, manco pou belìn.

Ah si, tu mi usi oggi, giorno del signore 22 febbraio del diciotto, con sto freddo e con sto vento chi è che bussa al mio convento?
Ed io muoio qua, davanti al reparto di psichiatria di santa che la corona.

Così, dopo aver invocato il regno dei morti, ho chiamato il Gianni.

Il Gianni è mio amico e io gli voglio bene.
Il Gianni è il padre di una mia collega, meccanico esperto e dal cuore buono.
Il Gianni, visto che sua figlia prima di essere mia collega è stata mia tirocinante, da tipo 10 anni mi chiama il capo di mia figlia.
Anche se non lo sono mai stato e sono 3 anni che non lavoriamo assieme.
Oggi è venuto il tuo capo, le fa.

E al capo di sua figlia, il Gianni che è di cuore buono, ma fino ad un certo punto, ogni tanto gli ha dato dei cabaret di uova per come tenevo il motorino.

Che una volta gliel'ho portato che dovevo cambiare le gomme e lui ogni 30 minuti mi chiamava ma l'olio? ma le pastiglie? ma i freni? ed io boh.
A nu l'è puscibile e giù imprecazioni.

Ma al Gianni comunque gli sto simpatico e mi vuole un po' di bene, fosse solo perchè gente come me gli garantisce lavoro costante.
Così quando vado mi tratta sempre bene e mi chiama Capo anzi di più.
Che una volta ero davanti all'officina che lo aspettavo e lui è arrivato su una moto e da 100 metri ha iniziato a chiamarmi Arrivo comandante!

Fosse ancora qui buonanima di mio papà, caro il Gianni, le spiegherebbe che proprio con me non c'è speranza di appassionarmi ai motori, responsabilizzarmi sulle necessarie manutenzioni, no.

Fosse ancora qui, le racconterebbe di quando a nemmeno 19 anni volle spiegarmi come si cambia una ruota alla macchina e mentre era sdraiato per terra sotto la macchina tipo springsteen in i'm on fire si è accorto che io guardavo il culo di una che passava.

Però, in ogni caso il gianni dice che me la sistema anche sta volta, forse.

Però io la ragione per cui oggi ho preso lo scooter ancora non l'ho capita.

sabato 24 febbraio 2018

I demoni e le tentazioni di Carlo Ozzella



C'è un uomo solo, in una stanza anonima, in chiaroscuro, che non guarda fuori ma la sua stessa ombra.

Potrebbe essere ovunque, la giacca sul letto e gli anfibi di fianco lasciano immaginare sia una delle tante stanze anonime che l'uomo frequenta. Solo.

Già dalla copertina del terzo album di Carlo Ozzella, capiamo di trovarci di fronte ad un lavoro di riflessione ed analisi. Ad una sosta, ad un momento ritagliato per sé stesso, dentro una vita frenetica.

Affrontare i demoni per sconfiggerli, senza scappare davanti a loro; a testa alta, davanti alle proprie paure ed ai propri limiti.

Le 10 canzoni di questo disco trasudano onestà e coraggio.

Nulla di mefistofelico o satanico, sia chiaro; la bellezza delle canzoni di Carlo sta nella capacità di raccontare storie comuni a tutti noi, senza enfasi non richiesta, ma con quella dignità che meritano.

Non è un tributo ai Black Sabbath, sia detto subito.

Le Belle aurore, così come aprono il giorno, danno il via al disco e da subito si capisce che buona parte di questi demoni hanno movenze e forme tipicamente femminili. Storie perdute, legami interrotti e parecchi rimpianti.

Si parte su questi binari, lei se n'è andata e lui la ricorda, con affetto e passione, in memoria delle tante battaglie combattute tra le lenzuola.

Si parte sui binari di un classico rock and roll, che come vedremo attinge a piene mani dal New Jersey tanto quanto dall'Emilia Romagna.

Carlo è a suo agio con la lingua italiana e con le eterne difficoltà che la stessa comporta quando la si vuole infilare in discorsi musicali d'oltreoceano.

L'epopea della prima vera rock band del nostro Bel paese, i Rocking Chairs, rivive in Non sarai sola mai, con un intro degno di Freedom Rain ed un testo che parla di sincerità ed impegni da mantenere.

Ciò che vedi è ciò che avrai, what you see is what you get, vecchi inni anni 70, Ike e Tina in salsa tricolore e la voglia matta di dimostrare di meritare fiducia.

Volevo chiederti se come me sei ancora in viaggio.
Hai bisogno di buona compagnia, per questa parte del percorso, cantava il nostro amico americano.

Tutta la notte racconta di tentazioni ed amori estivi, vita da tour, conoscenze fugaci e tanta tanta passione. Si va via, ci si allontana, ma certi sapori restano addosso e quella notte avrebbe dovuto essere più lunga.

Una chitarra detta il ritmo con vigore, mentre Troppo tardi ormai si srotola davanti a noi come una autostrada deserta in piena notte. Una strada tra la Via Emilia ed il West, come direbbe il saggio modenese, perchè tra promesse come La strada è nostra e stimolanti consigli come Non perdere la forza fai solo ciò che vuoi le due corsie a nostra disposizione sono ben chiare, la poetica springsteeniana e quella di Graziano Romani, cioè la versione davvero rock di Ligabue.

Gabbie cambia decisamente la direzione dell'album, non sono più tentatori, i demoni che tormentano il protagonista, ma decisamente interiori, personali. Il demone del dubbio, della difficoltà a rendersi davvero conto se la nostra sia una vita degna di tale nome o se potremmo dare di più e pretendere altrettanto.

Ciò che conta è quasi niente, è la vita a sceglierti, si affaccia il demone del fatalismo, ma allo stesso momento ci si accorge di avere comunque una possibilità per essere felici e quindi le gabbie in cui crediamo di essere prigionieri forse sono aperte e aspettano che noi le abbandoniamo.

Clamoroso il finale: lo spazio che hai davanti è l'inizio di un nuovo racconto, se vuoi.

È la solita vecchia storia, certo, ma qui si sente la passione e, mi ripeto, la sincerità.

E quindi se davanti a noi abbiamo l'inizio di un nuovo racconto, non a caso arriva Pagine, con una chitarra folk-rock a darci il tempo ed un ricordo doloroso di chi se ne è andato.
Ma le pagine sono lì pronte per essere scritte, riempite, per prendere vita e darla ai nostri sogni.
Se passi di qua, fermati dai, per caso o destino, che per te uno spazio, qualche riga, un paragrafo ci sarà sempre.

Ballata malinconica, Non è mai finita resta sul tema del ricordo e del rimpianto; la fine di una storia, il senso di sconfitta, in una partita giocata contro il tempo o peggio il caso, che ci ha visto perdere senza aver mai davvero accettato l'esito finale. Resta l'idea che tormenta, come un demone, che sarebbe potuta andare diversamente e con questo demone ci si fa i conti sempre, ci si ritorna senza accorgersene, ci sorprende nei momenti più inattesi.

E nella stessa radio da cui forse Bobby Jean sentiva cantare di lei\lui, ecco che ti arriva il mio pensiero, no, non è mai finita.

Lo dico? si lo dico, L'ultima corsa è il brano che Ligabue cerca (o dovrebbe cercare) di scrivere dai tempi di Sopravvissuti e sopravviventi, da cui sembra provenire.

Non puoi capire chi sei finchè non resti da solo, verità tanto semplice quanto fondamentale, per crescere, per realizzarsi, per cacciare via i nostri demoni, dobbiamo affrontarli: l'uomo nella stanza d'albergo forse sta per fare questo, combattere con la solitudine e vincerla.

E se è vero che si sta meglio soli, che male accompagnati, Demoni ci racconta proprio il momento in cui chi combatte si mette talmente a nudo da non aver nemmeno più paura di essere abbandonato, perchè la sua rabbia a cui fatica a metter freno, è tale da essergli sufficiente. Brano che racchiude le tematiche dell'album a cui da il titolo, pezzo fantastico, rabbioso e sputato in faccia a chi ci aspettavamo, invano, di trovare al nostro fianco.
Se vuoi andare, vai. 

L'uomo nella stanza d'albergo ora è pronto ad affrontare i suoi demoni, a combatterli, a scacciarli, a resistergli. Ma il pensiero torna a lei, compagna di battaglie combattute all'ultimo respiro, compagna di sconfitte, lei amata ed odiata, lei rifiutata e che ci ha rifiutato.
No, non è mai finita, perchè alla fine, tutto il male, tutte le ferite che ci siamo fatti guariscono, il tempo ci guarisce e quello che conta è davvero l'andare avanti, lo scrivere un nuovo capitolo, il riempire nuove pagine.
E tutto questo è giusto, vero e soprattutto umano.

Umano ed onesto, come Carlo, la sua musica e questo bellissimo album.

Album che si chiude con una proposta: ti va di accompagnarmi?

I know it's late, but we can make it if we run

I demoni giacciono morti alle nostre spalle, l'uomo esce dalla camera d'albergo, sale in macchina e si allontana.

Non è più solo e sono sicuro che lo ritroveremo, presto.







martedì 20 febbraio 2018

Championship Vinyl - Week in Rock 2.7 (12-18 Febbraio)





12 febbraio 1939 - nasce ray manzarek, le tastiere dei doors
12 febbraio 1950 – nasce steve hackett dei genesis) 
12 febbraio  1974 - apre the bottom line al greenwich village, new york city.
12 febbraio 1981 - nasce lisa hanningan
12 febbraio 2000 - muore il bluesman screamin' jay hawkins
12 febbraio 2017 – muore al jarreau 
12 febbraio 2018 - glenn tipton, chitarrista dei judas priest announcia che non suonerà più dal vivo per colpa del parkinson

13 febbraio 1883 – muore  richard wagner ("the ride of the valkyries") 
13 febbraio 1919 – nasce tennessee ernie ford 
13 febbraio 1950 – nasce peter Gabriel
13 febbraio 1956 – nasce peter hook bassista dei joy division e dei new order
13 febbraio 1961 – nasce henry rollins
13 febbraio 1965 – esce il terzo album americano degli stones, the rolling stones, now!, 
13 febbraio  1967 - the beatles pubblicano il singolo "strawberry fields forever" "penny lane" è il lato b
13 febbraio 1970 - è venerdì 13, i black sabbath pubblicano il loro album di esordio
13 febbraio 2002 - muore waylon jennings

14 febbraio 1937 – nasce il bluesman magic sam (samuel maghett) 
14 febbraio 1943 – nasce il saxophonista maceo parker
14 febbraio 1947 – nasce tim buckley 
14 febbraio 1970 - gli who suonano a leeds, lo show verrà registrato ed il conseguente album dal vivo diventerà uno dei dischi live più famosi della storia. ristampato più volte, nel 2010, per il quarantesimo anniversario, è uscita quella che dovrebbe essere la versione definitiva.

15 febbraio 1941 - duke ellington incide "take the a train."
15 febbraio 1954 - big joe turner incide una delle prime canzoni rock "shake, rattle and roll," agli atlantic records studios in new york.
15 febbraio 1965 - muore nat king cole
15 febbraio 1968 – muore il bluesman little walter 
15 febbraio 1974 – esce burn ottavo album dei deep purple
15 febbraio 1981 - muore mike bloomfield

16 febbraio 1935 – nasce sonny bono 
16 febbraio 1974 - planet waves è il primo album di bob dylan ad arrivare al  #1 in usa
16 febbraio 1985 - per la prima volta bruce springsteen va al numero uno della classifica dei dischi più venduti in america. born in the usa è tuttora il suo disco più venduto e mantiene il record di aver avuto ben 7 singoli nella top 10

17 febbraio 1960 - elvis vince il suo primo disco d'oro per il suo omonimo album
17 febbraio 1969 - bob dylan incide girl from the north country a nashville, insieme a johnny cash
17 febbraio 1982 - muore thelonious monk 

18 febbraio 1933 – nasce yoko ono
18 febbraio 1940 - nasce a genova fabrizio de andrè
18 febbraio 1947 – nasce a novellara augusto daolio
18 febbraio 1995 – muore bob stinson dei replacements


hit parade italia 17 febbraio 1968

1. l'ora dell'amore - camaleonti
2. la tramontana - antoine
3. deborah - wilson pickett
4. canzone - adriano celentano
5. canzone per te - sergio endrigo
6. dan dan dan - dalida
7. due minuti di felicita' - sylvie vartan
8. casa bianca - marisa sannia
9. canzone per te - roberto carlos
10. mi va di cantare - louis armstrong

hit parade usa 17 febbraio 1968

1 love is blue – paul mauriat and his orchestra 
2 green tambourine – the lemon pipers
3 spooky – the classics iv 
4 i wish it would rain – the temptations 
5 (theme from) valley of the dolls – dionne warwick 
6 (sittin’ on) the dock of the bay – otis redding 
7 goin’ out of my head/can’t take my eyes off you (medley) – the lettermen 
8 nobody but me – the human beinz 
9 judy in disguise (with glasses) – john fred and his playboy band 
10 i wonder what she’s doing tonite – tommy boyce and bobby hart


Nuovo singolo questa settimana per i MANIC STREET PREACHERS

lunedì 19 febbraio 2018

Cronache dalla corsia - Bette Davis Eyes


CRONACHE DALLA CORSIA

il primo ricordo è quello di E, molto anziana, con un decadimento organico e mentale in atto molto rapido, assistita dal marito e dalla figlia.

Il marito le tiene la mano, lei tossisce e la tosse la spaventa, lui la aiuta, sempre tenendole la mano, gli occhi di E sono spaventati, maledetta bronchite, non capisce cosa succede, si sente soffocare, guarda il marito.

Tutto dura pochi secondi, il tempo di alzare un po' il letto e farla stare più dritta.
Non appena sente la tosse diminuire, E si rilassa, il marito è sempre al suo fianco e le tiene la mano.

Il dottore le chiede chi sia la persona che le tiene la mano ed il volto di E si illumina, immediatamente.
È IL MIO MARITO dice riacquistando lucidità
e da quanto siamo sposati? le chiede lui che sta al gioco
fanno due conti con le dita e lei capisce che sono sposati da 70 anni.

SETTANTANNI! 
Esclama E con gli occhi, azzurrissimi e vivi, assolutamente vivi ed un sorriso tanto sdentato quanto meraviglioso.

QUANTA PAZIENZA CHE HO! 
esclama ridendo e facendo ridere tutti, compresa la vicina di letto.

sembra sia entrata una boccata di aria fresca in quella camera

E tutto grazie agli occhi, azzurri, vivi e bellissimi, di E

Continuiamo il nostro giro.


domenica 18 febbraio 2018

In occasione del compleanno di De Andrè



IMPORTANTISSIMO SUL FILM SU DE ANDRÈ

l'europa ce lo chiede: ma tu, Cala, lo hai visto il film su de andrè?

allora, premessa: io su de andrè sono meno tollerante che su springsteen.

Per me, con de andrè, vale il principio di presunta colpevolezza.

A meno che tu non sia cristiano de andrè, pagani, bubola, la pfm, fossati e pochissimi altri, se metti mano all'argomento de andrè, per me, tu hai torto.

E hai torto finchè non mi convinci del contrario.
E finchè non mi convinci del contrario, io ti punto addosso un mitra.

Quiiiiiiiiiiiiiindi no, una volta sfumata la possibilità di vederlo in un cinema, con schermo ed audio di buon livello per godermelo come si deve, l'idea di vederlo stuprato dalla pubblicità, tra l'altro in due sere dove c'era la champions league e un concerto che aspettavo da 2 mesi, no, grazie.

Poi, a prescindere da orari e qualità audio\video, un prodotto nato per essere trasmesso su rai 1 e pubblicizzato da fazio (con interventi musicali di alto livello tipo gabbani), ma lasciamo perdere.

tra l'altro fazio si è definitivamente sputtanato pure l'unica cosa che faceva bene ossia dedicare le puntate a de andrè, quanta differenza con lo speciale a 10 anni dalla scomparsa, con bubola, bennato, capossela, lo stesso cristiano in diretta dal porto, l'omaggio del porto, che a pensarci ho ancora la pelle d'oca.

Vabbè, fazio.

Nei 23 minuti che ho visto della prima puntata, con mia figlia che ascoltava con le cuffie la juve e la commentava ad alta voce, che ad un certo punto avrei preferito avere fazio in casa, anche con gabbani, piuttosto che sentire il partitone che stavano facendo a torino, ho notato alcune cose:

vaaaaa bene la cadenza genovese anzi no romanesca anzi no neutra, perchè il contesto non è importante (come no? genova è fondamentale per de andrè, ma vaaaaaaaaaaa bene) ok ok ok.

Poi in 30 secondi due volte dicono MUSSA ed una BAGASCE ed allora spiegatemi, la cadenza no, le espressioni gergali si?

Villaggio parla da genovese, meno di quello vero, ma parla da genovese.

Quindi? sta storia della cadenza?

Poi, tornando al contesto, non è importante però se uno non avesse saputo che era un film su de andrè, in certi momenti avrebbe pensato di trovarsi davanti ad una puntata di Sereno Variabile o Geo & Geo, inquadrature della madonna in centro storico, scorci della zona mare, boccadasse su tutte, meravigliose che ad un certo punto pensavi arrivasse mengacci coi cuochi di piatti tipici.

Quindi, sta storia del contesto?

Poi, marinelli, bravo per carità di dio, bravo si, ma per quel poco che ho visto mi ha dato l'impressione di recitare più che in funzione del telefilm, in funzione di sè stesso, di autocompiacersi in modo masturbatorio della sua stessa bravura, un po' come giorgia todrani in arte giorgia che oh con quella voce può cantare quello che vuole (ma vuole sempre cantare canzoni di merda) e quando canta sembra sempre che dica guardatemi guardate quaaaaaaaaaaaaaaaanto sono brava.

L'attrice che impersonava la signora dori ghezzi non l'ho vista perchè al pareggio del tottenham, quando mia figlia ha scagliato gli auricolari con veemenza e purtroppo anche con il (mio) telefono attaccato la serata ha preso una brutta piega ed ho spento, prima della sua di lei comparsa sullo schermo.

Ma alla fine, a quasi 20 anni dalla morte, credo che lo scopo sia stato raggiunto.

De Andrè è diventato un santino, da mettere sul comodino vicino a pruzzo e che guevara che guarda di lato.

Esattamente quello che lui, a detta della signora ghezzi, non voleva diventare, stando a quello che la signora ghezzi disse in occasione della puntata di fazio per il decennale della scomparsa.

E poi grazie all'audience, potremmo comprare una nuova raccolta.

Peccato, se tantissimi artisti, da elvis a freddie mercury, sono stati trattati malissimo dopo la morte per motivi economici, speravo che a de andrè questa fine venisse evitata.

Peccato.

sabato 17 febbraio 2018

Tra la torre pendente ed il Texas, le Figure senza età di Luca Rovini



È un mondo strano, quello che si trova nei dischi di Luca Rovini, un mondo popolato da eroi, pistoleros con la chitarra, sgualdrine dal cuore grande e saggi pronti a mostrarti la strada.

Già lo aveva raccontato nel suo primo disco La barca degli stolti, che conteneva quel Quartiere della follia a metà strada tra la Desolation Row e la Highway 61, ma ben condito in salsa italiana, con sarcasmo amaro e tagliente, degno della tradizione toscana.

Nella sua seconda prova sulla lunga durata, dopo i due ep Avanzi e guai e Fuckin' bloody folk, Luca mette a fuoco la sua scrittura e ci presenta uno scenario che attinge a piene mani dalla tradizione folk americana, quella dei balladeers, dei cantanti da balera, che trovavi nei locali lungo le strade impolverate, a cantare e suonare per pagarsi l'ennesima bottiglia di whisky.

Cantanti però che arrivavano al cuore delle cose, it's the heart that matters more, cantanti spietati nella loro sincerità, che in pochi minuti ti si piantano in testa e nel cuore come una pallottola del loro vecchio smith & wesson.

Nel primo disco, mi aveva colpito in particolare la voglia di Luca di dire cose, tante, di infilarle a forza nelle sue canzoni, spingendo le parole dentro le strofe con una frenesia ed un'urgenza comunicativa che non potevano lasciarmi indifferente e facevano facilmente perdonare le forzature e certi eccessi verbosi.

Con questo disco, uscito nel marzo scorso, Luca migliora anche il suo stile di scrittura, senza però snaturare il suo cantato anarchico e poco docile al sedersi placido dentro una melodia; spesso infatti Luca canta quasi "strappando" i confini della canzone, con uno stile che può richiamare certi aspetti meno esasperati di quello di Bob Dylan.

Figure senza età ha l'andamento di un vecchio film, inizia con un breve brano strumentale, dall'esemplificativo titolo Invito, dove i protagonisti sciorinano i loro strumenti, la chitarra slide detta il tempo e l'attenzione viene chiesta ed ottenuta.

Che piacere rivedersi, sulla strada e fra i bicchieri

Si parte, Corri uomo corri è una ballata che parla di speranza e lotta, ha echi dylaniani, specialmente nel testo (Sembra ieri che rideva Col culo asciutto ed al sicuro Mentre oggi sento urla vedo volti sotto al muro) e racconta di un cavaliere solitario, probabilmente Luca stesso, che cerca con forza di lasciare a tutti il suo messaggio a tutti gli abitanti di questo circo di attori soli.

Invito all'azione, soprattutto verso i reietti, gli ultimi, mignotte ed operai utopistici, uomini e donne, resistenza verso chi ci frega e lotta contro chi merita di tornare a testa in giù.

Bisogna correre, l'urgenza comunicativa diventa corsa, contro il tempo, perché sappiamo di averne poco e dobbiamo sfruttarlo, tutto.

Fermando la notte vede ancora il nostro cowboy protagonista, ce ne racconta la storia, che è quella di un outsider, di un "loser" come dicono in america, uno che nella vita ne ha azzeccate poche, se pregava sbagliava, se cantava stonava, ma nonostante questo è sulla strada ed intorno a lui, suoi compagni sono quelli che credono ai suoi stessi sogni, quelli che vogliono restituire alla propria patria la dignità che i loro nonni avevano conquistato combattendo. Non è un caso che nel finale del brano il protagonista incontri ed abbracci sua figlia, in un ideale passaggio di consegne e di testimone. 

Ti porto per mano è cantata in prima persona, ma appare chiaro che chi parla è lo stesso cowboy di prima, in una dichiarazione di amore e intenti commovente per onestà e chiarezza. Io che scalcio ed offendo il mondo rende meravigliosamente l'idea di chi sia Luca e come Luca i tanti che si sbattono per dare voce e note ad un sogno, ad un ideale, ad una coerenza in musica, ma non solo.
Sono questo, vieni con me, dammi la mano; il protagonista parla al suo amore e le offre quello ha, niente inganni o false promesse, ma un cuore sincero.

Boogie finchè mi va è un pezzo scatenato, che sbatte in faccia a tutti il fatto che per quanto colpito, ferito, accantonato ed ignorato, il nostre eroe vada avanti, con la sua chitarra (e la chitarra era una spada, diceva quello là) ed il suo boogie su cui ridere  in faccia agli stronzi. Un ritratto dell'attualità in salsa western che ci investe come un'onda, con quella voglia di comunicare di cui ho detto prima:

E l’attore ora è il mago
E il mago è il dottore
E il dottore vende vite
E le vite son sparite
E qualcuno spende i soldi
Nel paese dei balocchi
E chi ruba nei palazzi
E i palazzi son dei pazzi

Siamo in piena autostrada 61, affanculo i limiti di velocità, si procede a rotta di collo, con Steve Earle nelle orecchie e Cormac McCarthy in tasca.

Alla fine della corsa scende però la notte e Companeros ci inchioda al muro, col suo ritmo lento, ballata sontuosa, accompagnata dalla magica tromba di Mike Perillo, brano notturno ed evocativo, che ci trova attorno ad un falò, in una terra straniera ed inospitale, stretti tra noi, poeti e zingari. 

All'orizzonte nulla di buono, ma noi possiamo bastarci, per proseguire.

Il brano che dà il titolo al disco è un bel lentaccio country rock, con l'intervento apprezzatissimo del bravo Paolo Ercoli alla dobro.

Canzone che rende bene il disorientamento di questi tempi, dove tutto è relativo ed incerto, tutti sono alla ricerca di un qualcosa nemmeno così definito. 
Unica certezza, il nostro cowboy ha la chitarra con sé e nel bene e nel male, anche quando tutto sembra perduto, sarà quella che lo salverà. 
Citazione fantastica di Robert Johnson, a simboleggiare questo concetto, Ho venduto la mia fede, per un solo di chitarra.
Non è molto, ma ci basterà.

Sullo stesso sentiero è anche Tutto ciò che resta, si parla di incertezze, paure, il timore di non avere e di non lasciare nulla, dopo una folle corsa all'oro, quando forse l'oro nemmeno c'era.

Quindi è ai margini che si è costretti a vivere, in quella darkness on the edge of town di cui cantava Springsteen, vite di contrabbando, sul filo del rasoio, oltre il limite, ma guidati da un amore sincero

Ma se tocchi per un poco le mie labbra
La tua rabbia si trasforma in una notte
Con i suoni della vita nella testa
E le luci fanno il verso delle voci

In coda al disco, Luca spara le cartucce migliori.

La versione italiana del brano di Guy Clark Desperados waiting for a train, che diventa Disperati in cerca di una via, è un capolavoro di immagini ed un inno all'amicizia quella vera, che va oltre qualunque differenza e qualunque difficoltà.

Una dichiarazione di stima incondizionata, forse dedicata allo stesso Guy Clark o comunque ad una persona importante a cui si deve eterna riconoscenza

Mi prendeva e mi portava via con sé
In  un vecchio e scalcinato caffè
C'erano uomini con birre carte e storie
A mentire su  una vita che non va 
Ero solo un ragazzo, mi chiamavano fratello

Come in un flashback, il nostro cowboy ci racconta attraverso queste note, la sua storia e i suoi modelli.

La storia si chiude con una esortazione ed un arrivederci. La strada chiama e non ci si può fermare, the road goes on forever, c'è sempre un mattino da raggiungere, una notte da far passare, soffiando tutto il nostro dolore dentro un'armonica a bocca.
Stanotte stiamo assieme, è bello anche l'Arno, ma c'è un mattino in arrivo.


Miglior brano dell'album e classica canzone che vale una carriera, L'ultimo hobo chiude alla grande questo disco.
Carlo Carlini era un promoter, anzi di più, era uno che esaudiva desideri e realizzava sogni.

Tutte queste atmosfere texane, qui in Italia probabilmente senza di lui non sarebbero mai arrivate ed è bellissimo che Luca gli renda omaggio, anche se al tempo stesso è triste che sia il primo.

Ma grazie alle tante notti texane da lui organizzate dentro balere italiane oggi possiamo goderci questo disco e questo cantautore.

Splendido che Luca scelga di chiudere il pezzo (ed il disco) elencando diversi artisti che Carlini portò in Italia grazie alla sua rassegna Only a Hobo.

Ramblin’ Jack
Rick Danko
Joe Ely
Butch Hancock
Peter Case
Billy Joe Shaver
Tom Russell
John Prine
Townes Van Zandt

E lo videro fumare sotto un basco da pittore
E bere grappa e regalare un’emozione
E lo videro sorridere in una notte texana
Di una balera italiana
E lo videro volare
Con Elvis che cantava
L’ultimo hobo corre e va

La dimostrazione che la musica può ancora contenere parole vere, sincere, scritte da uomini dal cuore grande che non dimenticano.

Magilla Gorilla e gli scooter



Una cosa a cui tengo molto è essere sempre all'altezza della situazione ed adeguato, sempre e comunque.

Ad esempio, ieri pomeriggio ho portato lo scooter di mia moglie a fare la revisione.

Già questo dovrebbe farvi ridere a crepapelle, perchè mia moglie ha un liberty 125 ed io sul liberty 125 vengo facilmente confuso per:
- un ciccione sul motorino della moglie
- un ciccione a cui è stato infilato in culo un palo collegato ad un motore ed a due ruote
- magilla gorilla

quindi già consapevole che sarà difficile mantenere la credibilità, parto per le strade del mio paese in un pomeriggio umido e ventoso

arrivo al centro revisioni e scendo, per consegnare chiavi e documenti all'incaricato

entro nell'ufficio con aria di chi la sa lunga, saluto con simpatia e consegno il tutto.

mi dice che non gli ho dato i documenti giusti, salcazzo cosa gli ho dato.

do ovviamente la colpa a mia moglie che mette sempre tutto in disordine,
ritorno dallo scooter, cerco i documenti giusti, tiro a caso e rientro. 

stavolta ci ho azzeccato

pfff, ste donne, dico all'addetto che nel suo ufficio non si fa mancare il calendario porno-soft di vagine spalancate a fianco di tubi innocenti e cassoni di tir recanti seco materiale bellico

mi accomodo nel confortevole salottino e mi godo il fatto di poter sbrigare in poco tempo una di quelle cose che mia moglie chiama "cose da uomo" e che non faccio mai o faccio male. 

ci sono altre "cose da uomo" che mia moglie mi rimprovera di non fare bene, ma mi imbarazza molto dirvi quali sono. 

Poche pagine di libro e avrò un paio d'ore tutte per me, penso soddisfatto

finisce la revisione, pago, scambio due parole con l'addetto, con l'aria di chi la sa lunga, ringrazio e saluto con entusiasmo

esco per prendere lo scooter

ora, taaaaaaaaanti difetti, eh, tanti, ma pochi gravi come la mia goffaggine

goffo e scoordinato
molto goffo e molto, fottutamente molto scoordinato

esco quindi e devo infilarmi i guanti, il passamontagna da anonima sequestri, il casco, aprire il bauletto metterci dentro il telefono, il libro ed il portafoglio, tirare su la sella e metterci sotto i documenti

il tutto sotto gli occhi dell'addetto, il classico tipo stracolmo di senso pratico, uno che sistema un motore con la mano destra e cambia l'olio con la sinistra, mentre guarda il livello dell'olio e col pisello cambia il filtro anti particolato

davanti a mister coordinazione io poso sul sellino il telefono, il portafoglio ed il libro, apro il bauletto per estrarne il casco ed i guanti (e il passamontagna che sto delicato).

si sa bene perchè il bauletto non si apre, no
si scoperchia, completamente, facendo cadere per terra il libro, il portafoglio ed il telefono e seminando nel piazzale monetine e blasfemia

raccolgo tutto con un sorriso ironico sulle labbra, quello di chi la sa lunga e a mezza voce dico che la colpa è di mia moglie che ha rotto il bauletto, mentre l'addetto coordinatissimo si gira dal collega e gli dice sottovoce una frase a mio avviso riferita a mia moglie di cui capisco "...povera donna... sto pezzo di coglione..."

con la dignità di fantozzi dopo essere stato umiliato in sala mensa metto in moto e torno a casa.

ho smesso di piangere adesso

prossima volta ci va mia moglie a fare la revisione, cristo santo

martedì 13 febbraio 2018

Gli occhi di Favino e i miei fratelli che guardano il mondo

Favino, la sua voce, la cadenza, ma soprattutto i suoi occhi.

Io sul lavoro ne ho visti occhi del genere, tanti e non erano (bravissimi) attori, ma uomini, donne e ahimè anche bambini.

Quegli occhi da lui così ben messi in scena, ti tagliano in due come una lama, in 3 secondi.

Quel guardare chissà dove, cercare chissà cosa, mentre ti parlano, ti chiedono una mano, ti ringraziano perchè puttana troia gli hai dato 3 pacchi di pasta e 1 litro di latte e vaffanculo tu vorresti mangiarti una merda piuttosto che guardarli negli occhi.

Anni fa vidi quegli occhi, per la prima volta, in un bambino che mi fece leggere un tema con dentro tanto dolore per la mancanza da casa che ci si poteva riempire il mare che separa le due nazioni.

Poi li ho visti tante altre volte.

Li vidi nelle facce di quei 3 bambini che accompagnai con mamma e papà in un albergo perché casa loro aveva preso fuoco; casa, oddio, una baracca affittata in nero.

Li ho rivisti quando giocando a pallone un ragazzo arabo mi venne incontro dicendo che anche se io non mi ricordavo chi fosse, lui di me si ricordava eccome, perchè era uno dei tre bambini che avevo accompagnato in albergo.

Li ho rivisti in un ragazzo arrivato qui e ritrovatosi tetraplegico, lontano da casa e senza sapere la lingua.

L'ultima volta mi è successo a Su la testa grazie a Valentina Tamborra ed alle sue foto, alle parole di 3 ragazzi che avessero saputo l'italiano avrebbero raccontato le stesse cose di Favino, senza l'ansia della censura Rai.

Non si tratta di politica, si tratta di empatia, la grande, grandissima assente di questi giorni così squallidi, di questa campagna elettorale così vomitevole, di queste parole così cattive verso chiunque sentiamo appena appena un po' distante da noi.

Guardare quegli occhi con empatia significa sentire almeno una parte del loro dramma, della loro fatica, del loro dolore, non vuol dire essere di questo o quel partito che vadano affanculo, si tratta di essere umani, si parla di umanità, di cuore, di pietas, si parla di avere l'intelligenza di fermare il nostro egoismo di fronte alla sofferenza altrui.

Ecco, grazie Favino, speriamo che per merito tuo qualcuno prima di riempirsi la bocca di merda per poi sputarla, si ricordi di quegli occhi e li guardi, davvero.

Finchè mi faccio prendere a calci nel culo sarò sempre straniero.

Chi guarda certi occhi, non può restare indifferente.

Il resto non conta.