Visualizzazione post con etichetta dischi. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta dischi. Mostra tutti i post
lunedì 23 settembre 2019
lunedì 19 ottobre 2015
Marah - Kids in Philly
Quando è stata l'ultima volta che un disco vi ha catturato al primo ascolto?
E per primo ascolto intendo 2, massimo 3 minuti dopo averlo fatto partire eh.
Anni fa, dopo che per diverse volte il nome dei Marah mi era capitato all'orecchio, decisi di comprare questo album, il secondo della loro discografia.
Ammetto che buona parte della decisione dipese dall'aver letto che di loro si era appassionato pure Springsteen, ma alla luce dell'approfondimento che ho fatto dopo averli conosciuti, sono convinto che la collaborazione con Bruce non sia affatto tra le cose migliori della loro carriera.
Ma torniamo a Kids in Philly, comprato se non ricordo male a prezzo stracciato su ebay e inserito nel lettore cd.
BOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOM
Onestamente, ad oggi, sono pochi gli album che mi hanno colpito così in fretta
Ten, il quintuplo live di Bruce, forse Southern Harmony.
Non era nemmeno finito il primo pezzo, dopo la sirena del porto di Philadelphia che chiamava tutti a raccolta, che già li amavo, pazzamente.
Kids in Philly è un disco meraviglioso, il loro capolavoro ad oggi (e credo mai più) insuperato, uno degli album che porterei in quella maledetta isola deserta.
Un mix di rock, blues, folk, effetti, voci, tutto o quasi senza soluzione di continuità, nemmeno 40 minuti, come spesso accade ai capolavori, ma di una intensità devastante.
Oggi mi è arrivato il vinile + cd + (ovviamente) t shirt (ovviamente xxl)
Me lo riascolto tutto di fila, per celebrare il punto più alto della loro carriera
Il disco dopo fu uno scivolone, con la complicità di Springsteen, che forse in buona fede rese FLOAT AWAY WITH THE FRIDAY NIGHT GODS un pastrocchio a me insopportabile, poi migliorato anni dopo con una versione più scarna.
Alti e bassi e poi nel 2008 finalmente riuscii a vederli dal vivo, a Pavia, appoggiato al palco, davanti a Serge Bielanko, chitarrista del gruppo e fratello di Dave, cantante dalla voce graffiante e sporca.
Uno show spettacolare, che apprezzai nonostante Dave, per colpa di Edward Abbiati, lo passò indossando la maglia dell'inter.
Puro rock and roll, orecchie che chiedevano pietà, ritmi frenetici e ballate coinvolgenti.
Autografi e foto nel dopo concerto, con i due fratelli disponibilissimi e felici di ricevere i miei complimenti su questo disco e su quello che all'epoca era appena uscito, Angels of Destruction, inferiore a questo ma assolutamente trascinante.
Li ho un po' persi di vista dopo, serge ha preferito dedicarsi alla famiglia e il gruppo ho come l'impressione che dipenda un po' troppo dall'utero della pianista, compagna di dave.
Non che in generale sia un male che si dipenda da un utero, che poi Christine è pure bella nonostante si conci come Venerdì Addams, il problema è che i dischi successivi sono lontani(ssimi) parenti di questo.
Si vocifera di reunion e toru e concerti in italia.
Sarebbe fantastico rivederli assieme.
Intanto iniziate a gustarvi sto album,.
lunedì 2 marzo 2015
Pianochepiove - In viaggio con Alice
Piano, dolcemente, con una delicatezza tutta femminile. Piano che piove, anzi pianochepiove tutto attaccato, piove, i suoni si fanno ovattati, i rumori si smorzano e l'attenzione si concentra sui dettagli, le goccioline che restano appese alle ringhiere, le mezze frasi.
In viaggio con Alice si va in un giorno umido, piovoso, senza confusione, dove tutto sembra smorzato come una candela in procinto di spegnersi.
La pioggia presente nel nome di questo gruppo milanese è un po' il motore che muove, piano, sia chiaro, queste tracce, delicate ed eleganti: “Voglia di pioggia, voglia di neve, voglia di aria e di luce più lieve, voglia di noi” si canta in Come si fa, pezzo agrodolce su amore e rimpianti.
La bella voce di Sabrina spicca e caratterizza il sound dei PCP, mai sopra le righe, molto dolce, si fa accompagnare perfettamente dal suonare pizzicato e non invadente di Mauro, Ruggero e Massimiliano. Un quartetto virtuoso e non autoreferenziale, che nelle canzoni cerca di colpire al cuore con le sue storie semplici, piene di emozioni e ricordi, che la melodia splendidamente retrò di certi pezzi non può che suscitare.
Un disco perfetto da ascoltare in un clima tranquillo ed attento, con le luci soffuse a sottolineare il cantato ed ovviamente con la voglia di condividere la parte più segreta di noi, mentre si diffonde “nell'aria il profumo del tè”, come canta Sabrina in Autunno, stagione perfetta per le atmosfere di questo disco.
Oltre ai pezzi già citati, spiccano “Oceano in bianco e nero”, che propri dalla bicromia del titolo trova la sua bellezza, raccontando un quadretto senza tempo, credibile sia ai giorni nostri che negli anni 50, col suo bellissimo “Nina scrivimi una lettera di carta come un tempo”, così fuori moda da essere appunto universale.
Sempre in tema di viaggi, Milano – Roma potrebbe arrivare da quei programmi musicali degli anni 60, dove fior di cantanti partecipavano in modo del tutto spontaneo, a differenza delle tristi comparsate odierne; un pezzo trascinante, col suo onomatopeico Tu-Tu ed il racconto di una visione del mondo e della vita dal finestrino di un vagone in corsa.
Chiusura a tema, con “I Treni in settembre”, pezzo in cui sembra di riconoscere l'influenza di Lucio Dalla, appena uscito da una cena con Sergio Caputo.
Un disco davvero interessante, a cui avvicinarsi con attenzione, per cogliere le svariate sfumature presenti, per apprezzare un suono ed una formula che pur contenendo diversi rimandi al passato, non danno facilmente punti di riferimento precisi, per lasciarsi scaldare il cuore mentre, sia chiaro, fuori purtroppo piove.
Etichette:
dischi,
musica,
Pianochepiove,
recensioni
mercoledì 28 gennaio 2015
Loris Dalì - Scimpanzè
Nelle trattorie di paese spesso viene trascurato il dettaglio, magari manca un po' di eleganza, la tovaglia è lisa e consunta, ma i piatti, beh i piatti sono sempre e comunque almeno eccezionali.
Piatti gustosi, ben conditi, ricchi di sapori conosciuti a cui aggiungere però un pizzico di novità e sorpresa.
La Trattoria di Loris Dalì ci accoglie così, arredamento spoglio, ma tanto calore ed un sacco di buone idee per cucinarci una cena coi fiocchi.
Scimpanzè ci racconta storie e personaggi talmente surreali da essere, ahimè, reali, veri, tristemente quotidiani. Con sarcasmo ed ironia, con dolcezza e perfino un tocco di romanticismo.
Loris canta, declama e recita, calandosi perfettamente nei personaggi che racconta ed interpreta sia il manager farabutto, l'ubriaco o il barbone, tutti protagonisti delle vite che ci tocca vivere e con cui ci tocca avere a che fare, ogni giorno, in strada, a casa, sul lavoro, nei cosiddetti rapporti sociali.
I quadretti domestici del marito che torna a casa dopo aver bevuto troppo e, probabilmente sempre lo stesso, che spera in una serata un po' diversa con la moglie ci raccontano quelle piccole storie intime e tristi che non è facile rendere interessanti o che forse sono così comuni a tutti noi, da renderle immediatamente riconoscibili e con le quali anche se controvoglia, non possiamo che identificarci.
L'ironia con cui invece affronta temi più generali e "politici" ci aiuta a ridere dei potenti e dei forti, diminuendone così forza e potenza, come fece il bambino davanti all'imperatore in mutande; benvengano quindi le risate e l'amara constatazione delle priorità "curiose" di noi italiani.
Facciamo la rivoluzione, cantando un pezzo dei Modà: ecco una sintesi fantastica di questi nostri giorni spesi davanti ad uno schermo, pronti ad indignarci con un colpo di mouse, ma ben attenti a non approfondire mai nemmeno un poco gli argomenti di cui ci dichiariamo esperti.
Sono diversi i riferimenti che collegano Loris Dalì alla tradizione dei cantautori sarcastici e velenosi italiani, da Rino Gaetano ai più recenti e sopravvalutati dalla pochezza dei concorrenti Mannarino e Brunori.
Bisogna anche sottolineare che quando Dalì si siede al pianoforte e intona "Se dovessi morire adesso" la vena artistica perde ogni ironia e trasforma questa triste ballata in un agrodolce riflessione sulla vita, completata dall'inevitabile seguito "Funerale", che non risparmia considerazioni caustiche sull'ipocrisia di certi momenti e contiene pure un coro da chiesa di tutto rispetto.
In conclusione, Scimpanzè è davvero un bel disco, amaro, divertente, ben sonato e ben cantato, che ci presenta un artista originale e che con qualche attenzione in più ai luoghi comuni popolari e populisti avrà sicuramente ancora parecchio da dire e da cantare.
mercoledì 31 dicembre 2014
il pagellone del 2014
Ecco qua, nessuna top10, troppo lungo scegliere, meglio metterli tutti, i dischi che ho ascoltato nel 2014.
Poi, con calma, magari approfondisco.
|
Cheap
Wine – Beggar Town |
9 |
|
Counting
Crows - Somewhere under wonderland |
9 |
|
Damien
Rice - My favourite faded fantasy |
9 |
|
Lucinda
Williams - Down where the spirit meets the bone:
|
8,5
|
|
Rod
Stewart - Tonight's the night (Live 1976-1998) |
8,5 |
|
Wilko
Johnson & Roger Daltrey – Going Back Home |
8,5 |
|
AA.VV.
- Jersey Boys OST |
8 |
|
Alberto
Bertoli – Bertoli |
8 |
|
Bruce
Springsteen - High Hopes
|
8 |
|
Chris
Cacavas & Edward Abbiati - Me and the Devil |
8 |
|
Crosby,
Stills, Nash & Young – 1974 |
8 |
|
Dana
Fuchs - Songs from the road |
8 |
|
David
Crosby – Croz |
8 |
|
Elvis
Presley - The complete '62 sessions |
8 |
|
Eric
Bibb - Blues people |
8 |
|
Gary
Clark Jr. - Live |
8 |
|
James
Williamson – Re-licked |
8 |
|
Johnny
Winter - Step back |
8 |
|
Kris
Kristofferson - An evening with Kris Kristofferson |
8 |
|
Liguriani
– Standui |
8 |
|
Lowlands
– Love etc. |
8 |
|
Nick
Cave and the Bad Seeds - Live from kcrw |
8 |
|
Paolo
Bonfanti & Martino Coppo – Friend of a Friend |
8 |
|
Pogues
with Joe Strummer – Live in Paris |
8 |
|
Stiv
Cantarelli & The Silent Strangers – Banks of lthe Lea |
8 |
|
Tom
Petty & the Heartbreakers - Hypnotic Eye |
8 |
|
Tom
Petty & the Heartbreakers - Live 2013 |
8 |
|
4REAL
– M.I.L.F. |
7,5 |
|
Blues
Pills - Blues Pills |
7,5 |
|
Daniele
Ronda – La Rivoluzione |
7,5 |
|
Graziano
Romani - Yes I'm Mister NO |
7,5 |
|
Jack
White – Lazaretto |
7,5 |
|
Jackson
Browne - Standing in the breach |
7,5 |
|
John
Mellencamp - Performs Trouble no more (Live at Town Hall) |
7,5 |
|
Jono
Manson - Angels on the other side |
7,5 |
|
La
Rosa Tatuata – Scarpe |
7,5 |
|
Leonard
Cohen - Popular problems
|
7,5 |
|
Little
Angel & the Bonecrashers – J.A.B. |
7,5 |
|
Massimiliano
Larocca - Qualcuno stanotte |
7,5 |
|
Mojo
Makers - Devils Hands |
7,5 |
|
Phil
Cody - Cody sings Zevon |
7,5 |
|
Prince
- Plectrumelectrum |
7,5 |
|
Reverend
Horton Heat - Rev:
|
7,5 |
|
Rudy
Rotta - Beatles vs Rolling Stones |
7,5 |
|
Samuele
Puppo – Road to mountains |
7,5 |
|
The
Londonpride – EP |
7,5 |
|
The
New Basement tapes – Lost on the river |
7,5 |
|
Willie
Nelson and friends - Live at third man records |
7,5 |
|
Aeguana
Way – Cattivi maestri |
7 |
|
Afghan
Whigs - Do to the beast |
7 |
|
Andrew
Duhon - The moorings
|
7 |
|
Benmont
Tench - You should be so lucky |
7 |
|
Blackie
and the rodeo kings - south
|
7 |
|
Bob
Seger - Ride out |
7 |
|
California
Breed - California Breed |
7 |
|
Charlie
Daniels Band - Hits of the south
|
7 |
|
Chris
Robinson Brotherhood - Phosphorescent harvest |
7 |
|
David
Grissom - How it feels to fly |
7 |
|
Davide
Van De Sfroos - Goga e Magoga |
7 |
|
Domenico
Castaldo & Figurelle Orkestar - Storie, Canzoni, Apparizioni |
7 |
|
Eli
Cook - Primitive son |
7 |
|
Eric
Sardinas and the Big Motor |
7 |
|
Hold
Steady - Teeth dreams |
7 |
|
Johnny
Two Bags - Salvation town |
7 |
|
Lee
Bains III And the Glory Fires – Dereconstructed |
7 |
|
Majakovich
- Il primo disco era meglio |
7 |
|
Old
Memphis Kings - Haven't you heard vol.1 |
7 |
|
Pulin
and the little mice – Hard times come again no more |
7 |
|
Rise
Against - The black market |
7 |
|
Rival
Sons - Great western valkyrie |
7 |
|
Stefano
Marelli - Facile O Felice |
7 |
|
Stiff
Little Fingers - No going back |
7 |
|
Tommy
Casto And The Painkillers - The Devil You Know |
7 |
|
Yusuf
– Tell'em I'm gone |
7 |
|
A
modern way to die - Pulse and treatment |
6,5 |
|
Cardosanto
– Pneuma |
6,5 |
|
Chuck
E Weiss - Red Beans and Weiss |
6,5 |
|
Dead
Boquet – As far as I know |
6,5 |
|
Drive-by
truckers - english ocean
|
6,5 |
|
G
Love & Special Sauce – Sugar |
6,5 |
|
Gli
Altri/Uragano – Split EP |
6,5 |
|
Iggy
Pop - Gimme Some Skin |
6,5 |
|
John
Butler Trio - Flesh and blood |
6,5 |
|
Micah
P. Hinson - Micah P. Hinson & the Nothing |
6,5 |
|
Nobraino
- L'ultimo dei Nobraino |
6,5 |
|
Omar
Pedrini - Che ci vado a fare a Londra (Storie dal pianeta blu) |
6,5 |
|
Peter
Buck - I am back to blow your mind once again |
6,5 |
|
Prince
– Art Official Age |
6,5 |
|
Suns
Of Stone - Suns Of Stone
|
6,5 |
|
The
Moon - Waiting for yourself |
6,5 |
|
Zen
Circus - Canzoni contro la natura |
6,5 |
|
Bruce
Springsteen - American Beauty |
6 |
|
carolyne
mas - across the river |
6 |
|
Chat
Noir – Elec3cities |
6 |
|
Elbow
- The Take Off And Landing Of Everything |
6 |
|
Max
Manfredi – Dremong |
6 |
|
Delta
Spirit - Into the wide |
5,5 |
|
Franco
Battiato – Joe Patti's experimental group |
5,5 |
|
Marah
- Mountain Minstrelsy of Pennsylvania |
5,5 |
|
Robert
Plant – Lullaby and the ceaseless road |
5,5 |
|
Eugenio
Finardi – Fibrillante |
5 |
|
John
Mellencamp - Plain Spoken |
5 |
|
Ryan
Adams - Ryan Adams |
5 |
|
U2
- Songs of innocence |
5 |
lunedì 7 ottobre 2013
Daniele Tenca - Una sveglia a tempo di blues
Dopo averlo citato relativamente alla polemica nata ai Glory Days di Rimini sulla correttezza di eseguire pezzi propri a feste del genere, ho ripreso i suoi dischi e mi è venuta voglia di pubblicare sul blog la recensione che feci qualche mese fa del suo ultimo lavoro Wake up nation per il sito il sussidiario.
Nato come genere di protesta da parte della popolazione di colore, il blues ha sempre mantenuto negli anni la sua valenza sociale, legato com'è a doppio filo con le lotte contro la schiavitù.
Blues come espressione di un dolore e di un malessere profondo, che unisce il lamento cantato col suono della chitarra.
Blues come genere decisamente americano, proprio per il legame inscindibile di cui sopra.
Ma chi dice che il blues non possa essere colonna sonora anche di altre lotte, altre battaglie, altri tentativi di rivendicazione?
Non lo pensa di sicuro Daniele Tenca, che pubblica in questi giorni Wake up nation, il suo terzo album in studio, il secondo di blues.
E se l'album di esordio in italiano era un buon compromesso tra rock e tradizione cantautorale italiana, sia Blues for the working class che il recente Wake up nation dimostrano come Daniele e la sua band mastichino perfettamente il linguaggio del Delta, sia nelle musiche che nelle tematiche e soprattutto nello spirito.
Dopo aver riflettuto e cantato della classe operaia (la che? Classe cosa?? ah perchè, esiste ancora?), Daniele si rivolge ora alla propria nazione, cercando di scuoterla da un torpore che ormai la sta distruggendo, lentamente ed inesorabilmente.
Circondato da ottimi musicisti, in pratica il meglio del blues italiano, (Gnola Glielmo, Paolo Bonfanti, Riccardo Maccabruni, Andy J Forest, Cooper Cupertino) Tenca pubblica un disco completo, sferzante, che lancia un grido di allarme ma che di certo non dimostra rassegnazione.
Rabbiosamente ironico è il pezzo iniziale, Dead and gone, dove si riciclano quei luoghi comuni con cui per anni si è parlato alla pancia dei cittadini, cercando di coinvolgerli in una guerra tra poveri che ha avuto il solo risultato di creare una patina di razzismo ed intolleranza sotto la quale l'anima più vera dell'uomo trova appunto la morte e la sepoltura.
A fare da contraltare arriva subito dopo la velenosa Big Daddy, che parla di chi per anni ha comprato piaceri e piacere grazie a soldi sporchi e ad una rete di disonestà prima di tutto intellettuale, che ha chiuso occhi e naso a chi cadeva nella trappola, magari illuso da un programma televisivo o da una squadra di calcio.
What ain't got richiama sia nel titolo che nel testo la canzone di De Andrè e Bubola (quello che non ho), ma stavolta a mancare al protagonista è una serie di cose che una volta forse si potevano chiamare nazione o patria, concetti ora riservati a nostalgici paramilitari, mentre quella fascia di popolazione che dallo stato (nazione, patria) avrebbe più bisogno di un (doveroso) aiuto sente lontana ed anzi fonte di costante imbarazzo; così come il pezzo successivo, The wounds stay with you, che parla di ferite e cicatrici, spinge gli ascoltatori a serrare le file e fare fronte comune contro chi trae vantaggio dal metterci al fondo della catena alimentare. A sottolineare tutto questo una lap steel guitar che urla forte il suo malcontento (l'ottimo Matteo Toni).
È un album sofferto e doloroso, due emozioni forti che permeano tutte le canzoni e condizionano tutti gli aspetti della vita dei protagonisti, anche quelli più romantici.
La fantastica ballata Silver Dress prova a portare un po' di dolcezza ma il desiderio in tempi come questi spesso è frustrazione e rimpianto.
Un disco che partendo da una musica senza tempo come il blues, lo rende attualissimo, cantando testi immediati e profondi, che rispecchiano in modo molto crudo e diretto la realtà odierna.
Ottimo esempio di questo è What did you do?, immaginario dialogo (tra padre e figlio?) con chi non ha avuto il coraggio di schierarsi, se non nascondendosi dietro l'anonimato di internet, dove ognuno può essere un feroce rivoluzionario senza muoversi di un centimetro dalla sua sedia e dalla sua pigrizia. Domande a cui forse tra qualche anno dovremmo rispondere appunto ai nostri figli, ai quali stiamo lasciando un mondo di odio e rovine.
Musica senza tempo che quindi non può prescindere da alcuni padri fondatori, come Bob Dylan, che meglio di chiunque altro ha cantato del malessere e delle ingiustizie e la cui It's all good (da Together through life del 2009) suona perfettamente adeguata alle tematiche dell'album.
La title track è un pezzo incalzante, con chitarra e batteria (Pablo Leoni) che disegnano un ritmo battagliero, tappeto perfetto per l'esortazione di Daniele, che invita la sua gente a guardarsi da imitazioni di Dio a buon mercato e da troppi canali televisivi, mentre il dissenso non è permesso e ci stanno rubando il meglio dalle mani
A chiusura del disco un'altra cover, Society, cantata da Eddie Vedder nel suo meraviglioso album solista Into the wild (colonna sonora del capolavoro di Sean Penn) che viene riproposta per un finale dolceamaro, arricchito da una armonica che arriva dritta dalle sessions di Nebraska.
Sembra quasi che il protagonista scelga di non accettare più le regole di questa società (razza folle) e se ne allontani (come del resto accade nel film), non prima di aver tracciato un altro impietoso ritratto che ne denuncia le brutture, come Daniele ha fatto nel corso di tutto l'album.
Spero che tu non ti senta sola senza di me, dice in chiusura di album, ma sarebbe un peccato che Daniele seguisse alla lettera le vicende del protagonista di Society, la sua nazione ha bisogno di gente che ne canti problemi e contraddizioni, sferzandola e esortandola, come lui sta dimostrando di saper fare così bene.
Iscriviti a:
Post (Atom)