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mercoledì 5 aprile 2023

La fortissima voce sottile di Irene Buselli

 


Irene Buselli mi ha conquistato in un pomeriggio di fine estate, quando aprì da sola con la sua chitarra una manifestazione musicale nel centro storico della mia città, Albenga, organizzata dall'Associazione Culturale Zoo.

Fu la prima di tanti artisti a suonare nel bellissimo centro storico ligure e io che non l'avevo mai sentita nominare rimasi incantato davanti alla sua bellezza e soprattutto alla sua bravura; una voce (non a caso) sottile, un'ironia delicata e una manciata di canzoni fatte con passione ed una leggerezza solo apparente.

Tutte caratteristiche che ho ritrovato seguendola sui social, nei suoi progetti solisti e collettivi, come Canta fino a dieci, insieme virtuoso e talentuoso tutto al femminile con il quale esibirsi in piccoli locali o davanti a monumenti romani in puro stile buskers.

È quindi con enorme piacere che ho appreso dell'uscita del suo singolo e di conseguenza dell'arrivo in un futuro prossimo del suo primo album. Piacere aumentato insieme alla curiosità quando ho letto che al suo fianco in questo lavoro ci saranno FiloQ e Raffaele Rebaudengo, storico membro degli Gnu Quartet, entrambi già in cabina di regia di Maqroll, capolavoro di Federico Sirianni, finalista al Premo Tenco 2022.

L'attesa è stata ampiamente ripagata, perchè Così sottile è un brano meraviglioso, che racconta molto bene la cifra artistica di Irene e la sua capacità come autrice.

Pubblicato da Pioggia Rossa Dischi il 10 marzo, Così sottile riesce in 4 minuti scarsi a raccontare una crescita, una evoluzione, una emancipazione; viene automatico leggere questo brano dal punto di vista femminile, il che lo rende un manifesto della volontà delle donne di non farsi schiacciare, anche se l'importanza del suo messaggio va ben oltre le differenze di genere.






Involontariamente autobiografico, come lo definisce lei che afferma di averlo iniziato a scrivere pensando ad altri e di essersi accorta di aver parlato di sé stessa come mai in passato, il pezzo ha uno sviluppo che coinvolge non solo il testo, ma anche la parte strumentale e soprattutto quella vocale.

Giocato sui vari significati possibili del termine sottile, il singolo inizia con un filo di voce, quasi come se timidamente chiedesse attenzione, al pubblico, ma anche ad un “altro” che è il destinatario delle sue parole.


Dici che sono troppo sottile

Con questi polsi troppo sottili

E questa pelle troppo sottile

E questa voce così sottile

Che non urla mai

E vado troppo per il sottile

Con questa bocca troppo sottile

Faccio pensieri troppo sottili

E ho un umorismo troppo sottile

Che non rido mai

Troppo sottile non lascio solchi

Non lascio traccia dentro di te

Sottile scivolo tra le dita

Come la sabbia, come la vita


Una situazione di quasi invisibilità, probabilmente imposta da altri, dentro la quale la protagonista sembra quasi adagiarsi, rassegnata.



Ma com’è che ci si diventa

Spessi abbastanza da non sentire

Le tue unghie nella mia carne

La mia carne così sottile

Perché io sono troppo sottile

Per farmi spazio tra i tuoi pensieri

Eppure sono spessa abbastanza

Anche stanotte contro il tuo corpo

Nella tua stanza


Dall'invisibilità al dolore, mentre si ipotizza nemmeno in modo troppo velato un abuso, una violenza, mentale e fisica, da parte di chi sottovaluta, sminuisce, svalorizza e si approfitta della presunta debolezza altrui, considerandola alla stregua di un oggetto, un mero possesso; ma lei inizia a realizzare che le cose non vadano bene e quindi prende coscienza ed inizia a reagire.




Dici che sono troppo sottile

E forse è vero, perché mentire

Ma il mio entusiasmo così sottile

E i miei sorrisi così sottili

Parlano di te

Di quel tuo sguardo pronto a sminuire

Ogni mio slancio come infantile

Le tue parole pronte a zittire

Questa mia voce così sottile

Che forse non lo è più

Starti vicino mi ha assottigliata

Sono una lama, sono affilata

E come la mina di una matita

Più che sottile sono appuntita


Ed è così che ci si diventa

Spessi abbastanza da non sentire

Le tue unghie nella mia mente

La mia mente troppo sottile

Perché tu non sei così sottile

Da infilarti nelle mie crepe

E non sei neanche spesso abbastanza

Da trattenermi mentre sottile

Scivolo fuori da questa stanza


La voce di Irene da “sottile” e quasi sussurrata diventa via via più forte, più chiara, spalleggiata dagli strumenti che crescono come la consapevolezza del proprio valore, come la grinta e la voglia di uscire da questa stanza e da questa relazione tossica e velenosa. Questo modo di utilizzare la voce rende perfettamente l'atmosfera della canzone, creando un climax emotivo che coinvolge chi ascolta, al punto che è decisamente impossibile non sostenerla in questo percorso.

Da sottile, inteso come debole, la protagonista diventa appuntita, tagliente, consapevole; pronta a scrivere una storia nuova.


E ora mi guardi senza capire

Tu mi credevi così sottile

Eppure vedi non mi hai spezzata

Né la mia voce né la risata

E adesso penso quanto è sottile

La luce che filtra dalle fessure

Ripenso al buio della tua stanza

Io che volevo essere più spessa

E invece ero e sono abbastanza


Mentre la musica ed il cantato salgono ancora, la protagonista ha anche la forza di guardare in faccia chi la voleva assottigliare e sbattergli in faccia la differenza tra luce e buio, tra riso e sopraffazione e prima di tutto tra essere sottile ed essere debole.


Ero e sono abbastanza: un manifesto di autodeterminazione e consapevolezza in 4 parole, senza il bisogno di urlare, uno slogan cantato con voce sottile ma indelebile.




Irene Buselli ha 26 anni e vive a Genova. Ha sempre sognato di fare la scrittrice e infatti, con granitica coerenza, ha finito per laurearsi in Matematica. Così, forse per redimersi o forse per schizofrenia, mentre di giorno si occupa di intelligenza artificiale, di notte indaga quella umana scrivendo canzoni.

Nel 2019 ha pubblicato il suo primo singolo Dai amore voglio un cane.

Nel 2023 uscirà il suo primo album per Pioggia Rossa Dischi








venerdì 25 settembre 2020

Fantasmi con la chitarra




È uscito ieri pomeriggio il secondo singolo dell'ormai imminente nuovo album di Bruce Springsteen. 

Si chiama Ghosts e aggiunge decisamente intensità emotiva a quella Letter to you a cui si riferisce il titolo del disco (e del precedente brano).

Una canzone e un video che sintetizzano in poco più di 5 minuti una storia, una carriera, una vita.

I fantasmi del titolo sono sicuramente le persone che Bruce ha perso nel corso degli anni, perché soprattutto dal 2000 in avanti, diversi sono stati i lutti che lo hanno colpito e che hanno segnato le sue scelte artistiche.

Ma come sempre, come nel tour del 2012, che celebrava "i grandi assenti" Danny e Clarence con quel minuto di urlo liberatorio da far arrivare più in alto possibile affinché lo sentissero (se noi siamo qui e voi siete qui, anche loro sono qui) la morte è protagonista, ma non vincitrice.

Certo, da diversi anni, l'autore di uno dei più bei dischi sulla voglia di vivere e di raggiungere i propri sogni (si è BORN TO RUN) sull'argomento ci torna spesso, inevitabile, visto appunto le occasioni in cui ci si è scontrato, ma non per questo lo fa in modo triste o meramente elegiaco.

Chi se ne è andato, ha lasciato qualcosa di grande, ha lasciato radici, memoria, strade tracciate da proseguire, ha lasciato giacche di pelle e vecchie chitarre, appuntamenti da rispettare e momenti da far rivivere.

Non piangere perché è finito, sorridi perché è successo, c'era scritto sul biglietto commemorativo di Clarence e sembra che sia questo lo spirito con cui Bruce abbia deciso di onorare la memoria dei suoi cari.

La canzone è nuovamente rivolta a un YOU, che sia George Theiss, chitarrista dei Castiles scomparso 2 anni fa, che sia Big Man o Phantom Danny o Terry o suo padre.

Non importa, ognuno di loro è con Bruce nella canzone e sul palco, sempre.

We are trav'ling in the footsteps
Of those who've gone before

dice quel vecchio gospel che Bruce portò in tour nel 2006, niente di più vero e la carriera del figlio illegittimo di Elvis e Bob è lì a dimostrarcelo.

Sento il suono della tua chitarra, che arriva da un posto mistico e lontano, probabilmente dal paradiso dei musicisti, probabilmente dal profondo del cuore dello stesso Bruce.

Assenza che si fa presenza, vera, concreta, che diventa stimolo e ragione per celebrare, nonostante si parli spesso di morte, la vita stessa.

Sono vivo, ripete più volte nel corso della canzone, vivo e felice di esserlo, perché il protagonista di Western Stars, quello che ogni mattina quasi non credeva alla fortuna di essere sopravvissuto ad un'altra notte, fa parte di Bruce, lo sente aleggiare su di lui come un avvoltoio affamato e allora la reazione è quella di urlare a pieni polmoni che non è ancora tempo.

We are alive, cantava nell'omonimo brano di Wrecking ball, perché siamo ancora, nonostante tutto shoulder to shoulder and heart to heart

Assenza che fa rumore, come stivali sul pavimento di legno, immagine che chiude la prima parte del brano, quella dove i ricordi si risvegliano, si fanno carne e non potendo riportare i fantasmi dal protagonista, portano lui da loro.

Ecco allora che si riunisce la band, che siano i Castiles, gli Steel Mill, la ESB, non importa ora, perché lui è con loro, inforca la chitarra, alza il volume dell'ampli, conta il tempo e si ripete di nuovo la magia, quella della musica, quella del rock che ti salva la vita.

Per chi nella vita si rese conto di non saper fare altro che suonare e stare sul palco, al punto da ammalarsi seriamente una volta sceso, l'esibizione è semplicemente vita, un tutto che ognuno di noi può declinare a piacimento.

Se il testo sembra raccontare in modo specifico le gesta di una rock band, possiamo facilmente farlo nostro, perché ognuno di noi sente che la presenza di qualcuno lontano lo spinge a fare meglio, a fare di più, a vivere un po' anche per quelli che non possono più.

Non faremo prigionieri, si dicono i membri della band per farsi forza e darsi coraggio, non lasciamo nessuno in grado di muovere un solo muscolo, come succede ogni volta che si riaccendono le luci e ci si guarda stravolti dopo un suo show.

Sono vivo, me lo conferma il pulsare del sangue dentro il mio corpo, sono vivo e sebbene sappia che era solo un sogno, averti rivisto mi rende felice (quel rejoice è quasi religioso nel suo significato di riaccendere una fiamma che si stava spegnendo).

Non serve essere musicisti per provare questa sensazione, ve lo possono confermare le mattine in cui mi sono svegliato con gli occhi bagnati e il cuore gonfio di emozione, per aver rivisto mio padre e le mie nonne, certe volte in modo così concreto da sentirli quasi ancora abbracciati a me, con la luce di cui sono composti i loro spiriti che mi accecava.

Il video stesso racconta la sua storia, dai locali dove dovevano montarsi da soli l'impianto agli stadi (SAN SIRO!) pieni di gente in festa, dalle immagini sfocate di ballerini composti, a fans in estasi che suonano batterie immaginarie.

Non è solo celebrazione, ma memoria, come dimostra la scelta di far apparire proprio Danny e Clarence (e il suo enorme sax) mentre il ritornello dice è solo il tuo fantasma che si muove nella notte, spirito pieno di luce.

Bruce non sembra aver paura della morte, non la sfida, ma trasforma il dolore che essa porta con sé in impegno, dedizione, energia e tanto, tanto rispetto per chi ci ha lasciato.

Questo è il messaggio che mi arriva, dalla seconda  lettera che Springsteen ci spedisce: noi che abbiamo ancora in mano la nostra vita, tra i tanti motivi per onorarla al meglio, ricordiamoci anche di tenere accesa la luce che altri ci hanno lasciato in consegna, lasciamoci illuminare da essa e ovunque noi siamo, ricordiamoci sempre to kick into overdrive.

Questo è sicuramente un momento della carriera e della vita di Bruce dove è più portato a fare sintesi, a tirare le fila e rendere più visibile il sentiero per chi volesse percorrerlo. 

Ritorna ancora l'idea del ritorno a casa, della chiusura del cerchio, di chi sa di aver fatto nel corso degli anni "la nostra modesta versione del lavoro di Dio".

E come disse lui stesso al funerale di Clarence:

non saluterò il mio fratello, dirò semplicemente: arrivederci alla prossima vita, di nuovo per strada, dove riprenderemo un’altra volta quel lavoro, e lo finiremo.




venerdì 11 settembre 2020

La lettera di Bruce Springsteen

 


Dopo mesi di voci sempre più insistenti, ieri in contemporanea Bruce ha annunciato l'uscita del suo nuovo album (23 ottobre) e lanciato il primo singolo dello stesso, Letter to You, brano che darà anche il titolo al disco.

Mentre già si è scatenata la solita competizione a chi la fa più lontano, tra assolutisti dal capolavoro facile e scettici per partito preso, in attesa di serate dove trasformarsi nuovamente in fan per salire sul palco, io mi godo questo nuovo capitolo senza volerlo per forza misurare o catalogare, ma cercando di capire cosa possa dirmi nei suo 4 minuti scarsi.

Il pezzo già dal titolo profuma di intimismo e confidenze. Nell'epoca della condivisione con tutti e a tutti i costi, di cui sono sicuramente schiavo, l'idea di scrivere una lettera è così fuori moda da affascinarmi immediatamente. 

In più la copertina del disco è un primo piano di una foto scattata da Danny Clinch in una New York innevata e quasi spettrale.



Lo stesso video in bianco e nero e in presa diretta dallo studio di registrazione mi rimanda al passato, a momenti in cui la musica univa chi la suonava, come sembra confermare la scelta di Bruce di registrare tutto l'album "dal vivo" con la E Street Band in studio.

Sempre a proposito del video, ho notato come compaiano principalmente i membri storici della band, ad esclusione quindi degli innesti più recenti come Soozie Tyrell, Charlie Giordano  (inquadrato fugacemente sullo sfondo) e Jake Clemons, quasi a significare che per l'anteprima del disco, Bruce abbia voluto ripartire dal nucleo storico del suo gruppo storico

Accompagnato da un suono sicuramente riconducibile al marchio di fabbrica E Street, il testo racconta di una persona che si ferma e dedica spazio e tempo alla scrittura di un messaggio per un "you" vago, indefinito e dunque potenzialmente riferito a tutti noi.

Sotto alberi selvatici
Ho tirato via quel filo fastidioso
Mi sono inginocchiato, ho preso la penna
E ho chinato la testa

Togliere un filo, come fosse un sassolino dalla scarpa o un peso dallo stomaco, Bruce si decide a farlo e sceglie una ambientazione carica di solitudine, rappresentata da quei "mongrel trees" che vedo più selvatici (quasi desertici) che bastardi.

Lo svolgimento della lettera è molto semplice, lineare e sincero, dentro Bruce vuole metterci, semplicemente, tutto: il bene ed l male, il buio e la luce, i tempi positivi e quelli negativi; nessuna bugia, nessun filtro

A prescindere da quando sia stata scritta, la canzone sembra rivolta ad una persona del 2020, sembra voler raggiungere qualcuno in questo periodo storico così assurdo, di isolamento e distanze e vuole farlo con un messaggio diretto, privato e quindi personale ed intimo.

Nelle lunghe giornate della primavera scorsa, quanto avrei voluto ricevere messaggi del genere, mentre le ore scorrevano tutte uguali, senza farci capire se e quando qualcosa sarebbe cambiato.

Come al solito, di nuovo, Bruce si rivolge a tutti ma sembra farlo ad ognuno di noi singolarmente.

Cose che ho trovato
Attraverso i tempi difficili e i buoni.
Le ho scritte tutte con inchiostro e sangue
Scavate nel profondo della mia anima
E firmate col mio nome vero
E l’ho inviate nella mia lettera a te.  

Sottolineando con forza quanto di suo ci sia dentro le righe di questa lettera, Bruce mi fa immaginare che stia parlando del suo percorso artistico degli ultimi anni, la biografia dove si è messo a nudo sfuggendo alle facili (auto) celebrazioni, lo spettacolo di Broadway dove la sua nudità è emersa ancora più evidente, come le lacrime di chiunque lo abbia ascoltato raccontare del padre o di Clarence.

Un brano dunque che sembra voler "tirare le fila" di questa esperienza, riportandola nei binari di un rock classico, suo abituale vestito, dopo aver fatto lo scrittore, l'attore teatrale e dopo quella sinfonia orchestrale di riflessioni e malinconia che è stato Western Stars.

Manca più di un mese all'uscita del disco, che conterrà anche brani risalenti a quasi 50 anni fa e l'impazienza inizia a farsi sentire, però sono tranquillo perché come dice lui stesso, so che le sue canzoni sono state scritte "in ink and blood" e tanto mi basta.

P.S. oggi è l'11 settembre e ci sono molte persone che si aspettano un messaggio di vicinanza, forse dopo The Rising Bruce non ha più dimenticato quello che gli urlò il fan mentre era in macchina: WE NEED YOU.

(traduzione a cura di Pink Cadillac)



mercoledì 1 luglio 2020

Blood Brothers



Onestamente non credo a segni o messaggi del fato, ma stanotte ho sognato che il mio migliore amico si portava a letto la mia fidanzata.

Ohibò, ci sono modi migliori per svegliarsi eh, tra l'altro la scena era ambientata più di 20 anni fa, lei era la mia fidanzata di allora, lui è tuttora un mio amico anche se ci vediamo molto poco.

Sempre non credendo a quanto sopra, arrivato a casa dal lavoro ho incontrato sotto casa mia l'unica persona che nella mia vita abbia avuto un ruolo quasi paterno; abbiamo chiacchierato 5 minuti, le cose non gli vanno affatto bene, ma il piacere di rivedersi è stato grande e reciproco.

20 anni fa oggi, al termine del Reunion Tour con la riformata E Street Band, Bruce Springsteen si esibiva per l'ultima sera al Madison Square Garden, dopo una decina di concerti consecutivi.

Del concerto del 1 luglio 2000 è anche uscito il bootleg ufficiale.

L'ultima canzone di quel concerto e quindi di quel tour fu Blood Brothers, inedito mai pubblicato ufficialmente fino al 1995 e ovviamente portatore di un grande messaggio simbolico, in un'occasione simile.

Oggi, per l'ennesima volta, ho sentito nelle note e nelle parole di Bruce la mia stessa vita, le mie emozioni, il mio percorso.

Ci sentivamo in cima al mondo fino all'ultimo
momento
Ma poi le amarezze del mondo arrivarono
all'improvviso, ed eravamo donne e uomini

Ora ci sono così tanti ricordi che svaniscono nel
tempo e nella memoria
Noi abbiamo le nostre strade da percorrere e
possibilità che dobbiamo prendere al volo

Stavamo fianco a fianco e ognuno lottava per
l'altro
Ci dicevamo che fino alla morte saremmo stati
fratelli di sangue

Ecco quindi che questa canzone, oggi, mi riporta indietro, alle persone con cui ho condiviso tanta parte della mia vita e che così tanto hanno contato per me; ecco quindi che provo ancora quella sensazione di essere invincibile, un ragazzo pieno di sogni e speranze (hope and dreams canterà Bruce proprio in questo tour) convinto di avere il mondo in mano, fino al momento in cui la realtà mi si presentò davanti, qualche addio, tante perdite, lutti e lacrime ma quelle battaglie le sento ancora mie, quei passi fatti assieme fanno ancora parte del mio sentiero

Ora la durezza di questo mondo lentamente fa a
pezzi i tuoi sogni
Trasformando in sciocchezze le promesse che ci
facciamo

E quello che una volta sembrava bianco o nero...
ora sfuma in così tante tonalità di grigio
Perdiamo noi stessi nel lavoro da fare e nei conti
da pagare

E' solo una corsa, una corsa, una corsa, senza
nessuno che ti protegga
Con nessuno che corra al tuo fianco, mio fratello
di sangue 

Bianco o nero, certo, l'assolutismo giovanile, quell'estremismo del cuore che rivedo già in mia figlia, mentre tutto attorno a me le cose si sono trasformate in tantissimi grigi diversi. 

Lavoro da fare, bollette da pagare, la vita che va avanti e se ne frega dei tuoi sogni. 

Nelle scorse settimane dovevo fare una telefonata, volevo farla, volevo dimostrare a quella persona che anche da lontano ero vicino a lui, al suo dolore, volevo sapere come stava, ritrovare quella sensazione di poter dire tutto ed essere capito

Ho dovuto trovarmela sotto casa, quella persona, per potergli parlare, lavoro da fare, bollette da pagare, mille cazzate con cui perdere tempo, ma a volte la vita ti regala qualcosa e ti aiuta.

Bruce tornerà su questo concetto proprio nel suo recente Western Stars, nella canzone che chiude il disco, Moonlight Motel e fa calare una cappa drammatica sui personaggi delle sue canzoni.

Qui invece la canzone racconterà un finale diverso, ci saranno altre corse, altre battaglie, altri passi da fare e così è stato per me e così penso ancora sarà.

Attraverso le cose sepolte dal passato... hanno
trovato le loro tracce
Sempre muovendosi avanti e mai guardando
indietro
Ora non so come mi sento, non so come mi sento
stanotte.
come se fossi finito sotto la ruota, come se avessi
perso o acquistato la vista.

Non so ancora perché, non so perché ti ho
chiamato o se qualcosa di tutto questo abbia
ancora importanza dopo tutto
Ma le stelle stanno splendendo come un mistero
svelato
Continuerò il mio viaggio attraverso l'oscurità
con te nel mio cuore
Mio fratello di sangue

La prima versione di questo brano si chiudeva così, in modo dolce amaro, con la continua ricerca di senso a tutto quello attraverso il quale si è passati, con la speranza che questo mistero svelato rafforzi dentro di noi la presenza delle persone care.

Quante volte abbiamo guardato indietro, sperando di vedere quello che eravamo sicuri di aver vissuto, ma rendendoci conto di non aver vissuto affatto, per nulla?

Ma quella sera a New York, le cose andarono diversamente.

Mentre la musica sfuma, Bruce chiama vicino a sé tutti i musicisti, tutta La Banda, tranne Max, Roy e Danny, che reggono il suono.

Si danno la mano, si mettono in fila e inizia la nuova conclusione, di una storia che non si è ancora conclusa.

Ora sono solo su questa strada, solo su questa strada stanotte
chiudo gli occhi e sento così tanti amici intorno a me
nelle prime luci della sera

e le miglia che abbiamo fatto, le battaglie vinte e perse
sono così tante strade percorse, così tanti fiumi attraversati

e chiedo a Dio la forza e la fiducia reciproca
perché è una notte buona per una corsa, fino a questo fiume
e dall'altra parte
miei fratelli di sangue

Sono 20 anni che è successo tutto questo, le lacrime di Bruce ricacciate in gola a forza, quel "let's go" con cui chiama la ripresa della musica e quel modo di attaccarsi all'armonica per scacciare via quel magone, unito alla consapevolezza di aver creato un momento magico, di quelli che solo la Musica può creare.

20 anni dicevo, e da almeno 15 il video di quella canzone è disponibile; non c'è volta che io arrivi al let's go senza singhiozzare come un vitellino, non ce la faccio.

Non è solo la tua band preferita che sta facendo un brano emozionante, è qualcosa che ti scruta dentro, ti fa passare davanti agli occhi amori, amicizie, esperienze, delusioni, scazzi, lacrime e ti devasta l'anima.

Andiamo, let's go, dice, andiamo, e capisci che la strada continua, che ci sono ancora vincoli da rinforzare, telefonate da fare, legami da riallacciare, perchè quello che si è vissuto assieme a certi fratelli, conta ed è prezioso come il sangue che abbiamo fatto scorrere nelle nostre vene in tutti questi anni.

Ho da sempre dei segnali ben precisi che mi fanno capire quando ho bisogno che Bruce venga di nuovo a stazionare pesantemente nella mia vita e di solito si manifestano con momenti di commozione fortissima, in situazioni che non sono commoventi.

Una volta lo avevo capito piangendo a dirotto durante "The E Street Shuffle", oggi, riascoltando il concerto del 01\07\2000 mi è successo durante Light of Day, maratona rock di un quarto d'ora, durante la quale è impossibile stare fermi.

Ci vedremo ancora, dice Bruce ala fine di quel tour, per me in questi 20 anni non se ne è mai andato.



lunedì 15 giugno 2020

Noma - Il Manichino



Greta Dressino in arte Noma, talentuosa interprete di Finale Ligure, ha pubblicato pochi giorni fa il suo nuovo brano “Il Manichino”.

Noma, sostenuta da un team di autori e musicisti davvero valido, tra cui ricordiamo Gloria Bardi, Luca Felice e Massimo Trigona, sta portando avanti due progetti paralleli, che spero possano sfociare presto in un album, perché la qualità dei vari brani è sempre alta, lei dal vivo ha carisma e voce e soprattutto fascino.


Dopo Modì (dove la protagonista è l'amante di Modigliani, Jeanne Hébuterne) e le “porte scorrevoli” Noi torneremo presto (dedicato alle vittime del Ponte Morandi) e Parole di sabbia (per una donna persa nelle nebbie dell'alzheimer) sempre in quest'ultimo filone si va dunque a collocare “Il Manichino”, brano dall'andamento swing, scanzonato ma fino a un certo punto.



A parlare è proprio il fantoccio sistemato nella vetrina di un negozio di moda femminile, che racconta dal suo limitato orizzonte quello che le accade intorno.

A interagire, suo malgrado, con lei, uno spaccato di umanità non così immaginaria, l'uomo che si innamora di un involucro, bello, ma vuoto, la ragazza che sublima contro di lei le proprie paure e insicurezze, l'anziana che forse è talmente abituata a parlare da sola da apprezzare perfino una conversazione del genere.

Tutti accomunati da una certa mancanza di senso di realtà e soprattutto dalla solitudine, che percepiamo in ognuno dei loro atteggiamenti bizzarri.

Nella seconda parte del brano però, come sottolinea la musica che si fa più calda, con i bassi in evidenza, davanti alla vetrina succedono due cose opposte: un'aggressione ad una donna ed il passaggio di una ragazza indifferente al nostro manichino.

Se nel primo fatto, l'aggressore vede al di là del vetro specchiarsi l'omertà della società odierna, specialmente quando si parla di violenza sulle donne, guardando il manichino con complicità perché sa che gli garantirà il silenzio, la ragazzina che passa è forse simbolo di una generazione nuova, che non si ferma alle apparenze per quanto eleganti delle vetrine, ma guarda avanti “nella fretta della gioventù”.

Osservatrice suo malgrado, la bambola in vetrina rappresenta anch'essa uno spaccato di umanità, che ritiene che il mondo esista solo fino a quando sia visibile dal vetro.

Brano come detto prima dall'andamento scanzonato, che nasconde però uno spaccato di società profondo, attuale e soprattutto molto realistico.




mercoledì 9 ottobre 2019

Imagine ha rotto il cazzo!


Visto che oggi ricorre il compleanno di John Lennon, ho deciso che i tempi fossero maturi per affrontare questo problema.

IMAGINE HA ROTTO IL CAZZO!

ma non tanto Imagine in quanto canzone, no, ma soprattutto, definitivamente, implacabilmente, inesorabilmente, inequivocabilmente come santino, come canto da intonare tenendosi per mano, socchiudendo gli occhi, magari indossando buffi cappelli sudamericani e ondeggiando tipo albero di Natale della Coca Cola.

Imagine non è QUEL tipo di canzone, CAZZO! MA BASTA!

Basta cantarla alle veglie di Natale, agli spettacoli scolastici, ai saggi di fine anno!

Imagine è una canzone pacifista, certo, ma soprattutto a metà strada tra anarchia e comunismo e Gianni Morandi l'ha cantata davanti al Papa!! Quel pover'uomo di Woytila già non era più tanto in bolla, ma dopo sta botta non si è più ripreso!


Non è questione di bello o brutto eh, per carità, Lennon ha fatto un capolavoro e la sua versione al pianoforte, immerso nel bianco ovattato sicuramente ha contribuito al fraintendimento generale, ma è ora che qualcuno lo dica, questa NON è una preghiera o un rito hippie, è un atto di accusa fortissimo e a suo modo violento contro chi, a detta del suo autore, impedisce il raggiungimento della pace.

Immaginate non ci sia nessun paradiso
È facile se ci provate
Nessun inferno sotto di noi
Sopra di noi solo il cielo

NESSUN PARADISO!! Ehi, pss, GIANNIMORANDI, hai appena cantato davanti al Boss del Cristianesimo che non dovrebbe esserci il Paradiso e di conseguenza nemmeno l'inferno e anche per colpa tua decine di bimbetti ignari lo hanno cantato davanti a mamme, papà, nonni, zii, tutti commossi e trasudanti amore, che non sanno una parola di inglese e pensavano che i loro pargoletti stessero cantando Dario Baldan Bembo in inglese!

Immaginate non si siano paesi
Non è difficile farlo
Niente per cui uccidere o morire
E anche nessuna religione

Nessun paese!!! Nessun governo quindi, nessuna legge!!! Si chiama anarchia e merita rispetto, ma porca la vostra puttana, siete sempre convinti che all'oratorio da Don Caminetto non si poteva scegliere altro per la sera del 24 dicembre? No, perchè dice pure NESSUNA RELIGIONE eh, NO RELIGION TOO, questo era facile da capire anche se non siete abbonati a Speak Up!

Immaginate non ci siano proprietà
Mi domando se ci riuscite
Nessun necessità di avidità o fame
Una fratellanza tra gli uomini

E dopo l'anarchia e l'ateismo, cosa manca per la perfetta canzone di Natale? IL COMUNISMO!! nessuna proprietà, via, tutto statale, altro che mercati, borse, nessun regalo di Natale, via così!.

John Lennon qualche guaio con la giustizia americana lo ha passato per le sue idee, tra cui appunto quelle di cui canta nell'inno di tutti i chierichetti, non si poteva approfondire un po' il discorso?


È giunto il momento di svelare questo terribile segreto, non solo John Lennon aveva ragione quando disse che i Beatles erano (all'epoca) più famosi di Gesù (famosi eh, non più bravi, magari più intonati, però famosi non vuol dire migliori, ma tant'è), ma soprattutto non scrisse Imagine pensando ad una Messa Cantata!

Quindi ora facciamo un bel respiro e togliamoci sto peso:

IMAGINE HA ROTTO IL CAZZO!

Ora che lo avete detto, magari urlato, godetevi la canzone per quello che dice, che son cose importanti e comunque SMETTETELA DI ONDEGGIARE!!!



martedì 10 luglio 2018

L'affascinante Notte dei Persuaders



The Persuaders ritornano con una bellissima canzone, Notte, accompagnata da un video suggestivo girato negli incantevoli caruggi di Borgio Verezzi.

Un brano scuro, con una cadenza quasi ipnotica, che avvolge l'ascoltatore come le ombre serali fanno con i ciotoli dei vicoli, prendendone possesso, piano piano ma inesorabilmente.

Un brano dove la notte amplifica i silenzi e di conseguenza esalta ogni minimo rumore, come i passi sul selciato deserto, che rappresentano i battiti di un cuore che pulsa e che al buio, quasi di nascosto, riesce a trovare sfogo al suo incedere, al ritmo che sale e che diventa ossessione ed irrinunciabile voglia di vita, quella vera, senza maschere, fatta di peccato e carne, di passioni e sentimento.

La ricerca di Annie, affascinante protagonista del video, mentre percorre strade illuminate solo da fiochi lampioni è la ricerca di ognuno di noi, la ricerca di qualcuno o qualcosa che come noi non sappia nè voglia fermare la sete che prova da sempre.

Al suo fianco come sempre Simone con il basso e la batteria crea l'atmosfera ideale per la voce affannosa di un'anima inquieta.

Brano ammaliante e dannatamente sincero, che scava nell'animo dei due musicisti, perennemente in ricerca di nuove chiavi per aprire le porte delle nostre emozioni.

Verso fine canzone, Annie è quasi in primo piano e nella sua bellezza straniera e vibrante, mette a nudo sulle braccia le sue vene, proprio quelle dove da sempre scorre insieme al sangue una irrefrenabile spinta al raggiungimento dei sogni, anche quelli più inconfessabili.

Che al termine della Notte, l'alba vi trovi felici, amici miei.

mercoledì 31 gennaio 2018

Marinella Marinelli, in De Andrè



Va bene ragazzi, vi svelo un segreto.

Ieri sera sono andato a vedere Fabrizio De André - Principe Libero e inoltre sono in contatto con la casa cinematografica, che mi ha spiegato perché è stato scelto proprio luca marinelli.

Luca aveva una vecchia zia che ispirò a de andrè una sua celebre canzone, poi modificata per via della censura democristiana.

Ora finalmente si è riconosciuta la fondamentale importanza della cadenza romanesca nella carriera di de andrè e il ruolo di marinella marinelli nella sua vita.

Ecco in esclusiva il VERO testo daaa canzone de marinè

questa è marinella a'bborgatara
che cucinò na sera a carbonara
ma er coco che je vide mette a panna
ner culo la frustò con una canna

Quella cor culo pieno deddolore
je disse "coco mio sei senza core"
ed aprofitando npò der temporale
de frodo se magnò tutto er guanciale

Er coco la guardò scandalizzato
"tutto er guanciale mio te sei magnato?"
e lei già sollevata da sta pena
je disse "nun se parla abbbocca piena!"

er piatto finì presto e l'innamorata
se sbafò tre piatti de pajata
e dopo 'npiatto de' carciofi fritti
insieme se ascoltarono venditti

"a marinè ma quanto magni co' stabbocca?
te sei fatta fori sette sartimbocca
de maritozzi almeno n'artro paio
mejo de totti è proprio er tù cucchiaio"

a marinè sei bella più der cuppolone
ar coco faje fà st'indigggestione
lui te sposò dopo 'na settimana
per dote je portasti l'ammatrisciaaaaaaaaana

lui te sposò dopo 'na settimana
per dote je portasti l'ammatrisciaaaaaaaaana

mercoledì 29 novembre 2017

Long Time Comin' - Di prevendite, dediche, sms e gravidanze



Primavera 2005.
La famiglia Calandriello attende il primo figlio.

Mia moglie sta bene, io sono agitato, il tutto avvolto in quell'ovatta dentro la quale le coppie vivono l'attesa per il\la primogenita.

All'improvviso, dal nulla, Springsteen pubblica Devils and Dust e la tranquilla ovattata serena armonia familiare viene messa a dura prova.

Tre date, Bologna, Roma e Milano.

Prezzi alti per un tour acustico con ambizioni "teatrali" ma suonato in palazzetti tipo il palamalaguti.

Sale impetuosa l'indignazione del popolo springsteeniano, tra cui il sottoscritto: è ora di smetterla!!!!

Alla fne però, sto concerto lo voglio vedere eccome, quindi nella nostra ovattata cucina nel paesello, io e mia moglie decidiamo di andare IN TRE a Bologna, che è sabato, così dormiamo lì e torniamo con calma, che poi è un concerto da star seduti e non si suda e così la sposa e la nascitura non si affaticano.

La prevendita parte di lunedì ed il cala prende ferie, non si capisce bene perchè, dato che al paesello "ancun grassie" se arriva la 56k e poi non abbiamo la carta di credito, però oh, va bene, mi piazzerò davanti al pc a tessere relazioni nel meraviglioso mondo springsteeniano (leggasi: elemosinerò biglietti).

La sposa esce per andare a lavorare che son manco le 8 ed il Cala è già in postazione, salcazzo a far cosa, che ticketone apre alle 10, ma tant'è.

Ovviamente il tentativo di acquisto on line non va a buon fine, però tra amici, brada, amici degli amici, brada dei brada, i due biglietti per Bologna saltano fuori, allè.

Ora, la mattinata era conclusa, non avevo bisogno di altro, potevo staccare il computer e rilassarmi.

Ma.

Ma appena prima di schiacciare DISCONNETTI il buon beppe da roma mi chiama per dirmi che oh, ho preso dei biglietti per Roma spettacolari, li vuoi?

E Cazzo.

manco faccio in tempo ad azionare il neurone che mi chiama gian da genova e mi fa oh cala qui in coda per i biglietti per Milano non c'è un cazzo di nessuno, perchè non vieni?

E Cazzo

ma torniamo all'ovatta, ai campanellini ed ai petali di rosa che accompagnavano la mia sposa ogni volta che, portando seco la nostra primogenita, la vedevo entrare in casa: come fare a combinare ovatta, petali e campanellini con 3 date in 5 giorni, specialmente dopo la sfuriata contro il caro biglietti?

Voi ricordate quale sia il messaggio più bello che avete mai ricevuto?
E quello che avete mai mandato?

Ecco, nel mio personalissimo cartellino (cit) dei messaggi inviati, questo è in assoluto il migliore for ever and ever.

Perchè praticamente già con un piede fuori dalla porta per andare a prendere la macchina e spararmi a Genova - via fieschi - ricordi, perchè non appena finito di parlare con beppe da roma per dirgli TIENIMIIBBIGLIETTIIIIII e spararmi a Genova - via fieschi - ricordi per prendere anche quelli di milano (Genova - via fieschi - ricordi dove mi presentai in tuta con sotto il pigiama, sia detto), io dovevo dire la verità a mia moglie.

Lo feci

Giuro.

Le mandai un messaggio dove le raccontavo la verità, senza timore.

La verità e poi anche notizie importanti per il nostro tran tran familiare, perchè la musica è importante, ma ci sono cose che contano di più e poi noi siamo persone concrete, con la testa sulle spalle e con i piedi ben piantati per terra.

"Bologna presi, ho preso anche roma ed ora vado a genova a prendere quelli per milano. LAVATRICE PARTITA"

Bologna 4 giugno 2005, anzi casalecchio di reno

Io e la sposa, recante seco la nostra primogenita, siamo al concerto di Bruce.

Per presentare la canzone successiva, Bruce fa una dedica ai genitori, "in bocca al lupo con i vostri figli", io stringo la mano di mia moglie e per un secondo, un secondo solo, penso che Bruce stia per dedicare A NOI DUE QUASI TRE la canzone.

Non succede, ovviamente, ma è un secondo bellissimo.

Parte Long Time Comin'

Resta solo la scintilla di un fuoco da campo a bruciare 
Due ragazzi in un sacco a pelo lì vicino 
Mi insinuo sotto alla tua maglietta, stendo le mani sul tuo ventre 
e sento qualcun altro che scalcia 
Stavolta non manderò tutto a puttane 


lunedì 27 novembre 2017

Al Ballo del Bataclan - Zachary Richard




Grazie al consiglio dell'amico ed ottimo suggeritore Luca Rovini, mi sono imbattuto ieri sera nel nuovo album di Zachary Richard.
Un bel disco, ricco e variegato, che ho ascoltato con piacere.
Ma tra le canzoni, una mi ha inchiodato alla sedia e si intitola "Au bal du bataclan" ed è dedicata come si capisce, alla strage del 13 novembre 2015.
Una ballata, romantica e malinconica, di quella malinconia romantica di cui sono imbevute, tanto per sparare alto anzi altissimo, diverse canzoni di Leonard Cohen
Una storia d'amore dentro a quel massacro, una storia piccola dentro ad un dramma enorme, una vita spezzata che ancora chiede cosa ne sarebbe stata di lei se quell'incontro non fosse mai avvenuto.
Ne ho azzardato una traduzione, di certo non precisa, ma che penso lasci intendere la bellezza del testo
Ci siamo incontrati, è stato un caso
In questo cabaret sul viale.
Abbiamo ballato come due pianeti,
intorno allo stesso sole.
Il sole di mezzanotte, che splende sui nostri desideri.

Stavo cercando le parole che usano gli uccelli.
Mi hai detto che mi amavi.
Te l'ho detto anch'io.
Sulla pista da ballo in mezzo alla folla ammassata
Per la prima volta ci siamo baciati.

Eravamo in piedi, non potevamo sentire nessuno.
Quando improvvisamente esplosero i colpi.
La vita è così fragile e l'amore non viene spesso.
L'abbiamo trovato la sera in cui abbiamo ballato al Bataclan.

Ti ho dato la mia mano. Siamo fuggiti.
Per avanzare nella notte, cammina per dimenticare.
Abbiamo ripetuto un centinaio di volte, "Stai bene? "
Ci siamo avvicinati ad ogni passo.

Mi chiedo quale sarebbe la mia vita
se non me ne fossi andato,
se per caso non ci fossimo incontrati
La vita è così fragile e l'amore non viene spesso.
L'abbiamo trovato la sera in cui abbiamo ballato al Bataclan.

martedì 19 settembre 2017

You're the best thing about me - il nuovo singolo degli u2



la nuova canzone degli u2 non è brutta.
la nuova canzone degli u2 è oltre il bello ed il brutto.

non è brutta davvero, sono altri i pezzi brutti, c'è il basso in evidenza, finalmente la batteria, edge si sente, la voce di bono sentita a roma mi ha rincuorato.

la nuova canzone degli u2 è stanca, stanca come loro, un compitino, spento, insipido.

se blackout richiamava a gran voce i fasti di achtung baby e almeno per questo ogni tanto graffiava, anche solo per quegli stop and go in ogni strofa, questa davvero è sconfortante.

telefonatissima, strofa - ritornello - bridge, noiosa, prevedibile

assomiglia davvero ad un singolo dei coldplay, proprio loro che per anni, in primis chris martin sul palco, li hanno scimmiottati anche volgarmente, ora sembrano essere dei punti riferimento

che amarezza, anche per chi come me è serenamente consapevole che the unforgettable fire, ma anche zooropa, non torneranno più.

io accetto i dischi brutti, ci mancherebbe
sono quelli fatti tanto per fare che mi offendono, offendono il mio essere loro fan

è comprensibile che il fuoco indimenticabile non arda più, ma non c'è traccia del benchè minimo calore qui.

è una triste ala che scende sulla fascia e nemmeno viene marcata dai difensori avversari, che già sanno dove crosserà il pallone.
di livio a fine carriera, fuori forma.

dopo 40 anni di matrimonio non è lecito aspettarsi che una coppia faccia l'amore con l'ardore della prima notte di nozze, ma in 40 anni si è sviluppata una complicità tale per cui anche se meno scoppiettante, il sesso resta bello

ecco, you're the best thing about me è un missionario (nel senso di kamasutra, non nel senso di religioso) fatto con lei che guarda il soffitto pensando alla lista della spesa, mentre lui cerca di ricordarsi se l'indomani deve cambiarsi la biancheria o non è ancora il giorno giusto.

lunedì 7 agosto 2017

Dal Premio Nobel agli emuli di Fedez, sull'importanza delle parole nella musica




Nel momento storico in cui, FINALMENTE, la musica d'autore viene riconosciuta come letteratura ed insignita del Premio Nobel grazie a Bob Dylan, se ci guardiamo attorno, nel nostro piccolo orticello italiano, rischiamo che la tristezza poi ci avvolga come miele, citando uno che in quanto a letteratura non scherza affatto.

Nel momento in cui si riconosce che la parola in musica possa anzi debba essere considerata letteratura, quindi nella sua forma più alta di espressione, io resto basito, tra le altre cose, anche per una tendenza che sta tragicamente prendendo piede.

Una volta, erano i testi delle canzoni a dettare il linguaggio dei giovani.
Giusto per non usare iperboli eccessive, lo stesso Premio Nobel Bob Dylan ha contribuito a rendere la lingua inglese-americana quella che conosciamo ora, oltre a modificare il movimento dell'asse terrestre, ma questa è un'altra storia.

Oggi invece accade il contrario, sono i modi di dire dei ragazzi a suggerire testi e titoli ai cantanti.
Oggi è il contrario, sono le parole di uso comune ad influenzare la musica e non la musica a creare un linguaggio di uso comune, nuovo e in certi sensi rivoluzionario.

La conseguenza diretta di tutto ciò è che se gli artisti influenzano i ragazzi, i ragazzi possono respirare arte e magari provare a farne, ma se i ragazzi ascoltano gli artisti dire quello che dicono loro e che vogliono sentirsi dire, per un infantile senso di appartenenza, privo di stimoli, ma semplicemente basato sulla pedissequa ripetizione, è l'arte a soffrirne di più.

Che stimoli artistici potranno mai avere quelli che ritrovano i loro stessi modi di dire nelle canzoni più in voga?

E lo so che questo scambio c'è sempre stato, ma permettetemi di differenziare il periodo in cui questo scambio avveniva con una tensione verso "il bello" e il periodo odierno, dove si cerca ovunque una risposta facile, scontata, banale e senza un briciolo di profondità.

Esempi: 
il primo, quello che mi ha colpito di più, perchè di più ammiro l'artista rispetto ad altri, è il nuovo disco di omar pedrini: COME SE NON CI FOSSE UN DOMANI.

Ma che titolo è?
Ma scrivi canzoni o post sui social network?

Scendendo di livello segnalo un gruppo dal nome CHIAMARSI BOMBER e la loro hit COME BOBO

Temo esista da qualche parte un brano o un gruppo chiamato Mai Una Gioia o, forse peggio ancora, TANTA ROBA, ma non me la sento di verificare

Per non parlare della feccia dell'hip hop tricolore (genere che meriterebbe ben altri paladini e ben altro rispetto) e del loro VORREI MA NON POSTO o della durissima satira politica di COMUNISTI COL ROLEX.

Ma per favore.

Senza scomodare Dylan, Cohen, Guccini, De Andrè, guardate Paolo Villaggio, appena mancato.

Provate a pensare a quanto il suo personaggio Fantozzi, abusato, rovinato dal suo stesso autore nella continua riproposizione di una maschera che alla fine era una triste macchietta, ma provate a pensare a quanto il Ragioniere abbia inciso nel vocabolario di certe situazioni, nella grammatica di certi ruoli, di certi discorsi, dalla declinazione della sfiga alla precisa analisi dei rapporti sociali e lavorativi tra impari.

Oggi invece i testi vanno a toccare corde ben precise, telecomandati da un'analisi preventiva che antepone la visibilità "emotiva" ad una profondità di messaggio, col risultato che appena pronta la prossima "dose", quella precedente venga sostituita e dimenticata.

Qualche giorno fa ho letto la tracklist della compilation "Festivalbar 1997", all'epoca considerata con lo stesso rispetto che un israeliano può nutrire verso il Mein Kampf o un parlamentare di Fratelli d'Italia.

Belin, brutte ed odiate che fossero, quelle canzoni, così volgarmente POP, me le ricordavo se non tutte almeno per il 75%, perchè anche in ambito POP allora c'era quel minimo di qualità e spessore. (e stiamo parlando di fine anni 90, non del 1968)

Quelle canzoni così brutte ed odiate, oggi mi sembrano scritte dal Dio del Rock, tanta è la distanza dal livello attuale.

Credo che si debba riscoprire ed in fretta, l'importanza e la bellezza della parola, della parola fatta musica, prima di finire, noi connazionali di Dante Alighieri, seppelliti vivi da un'orda di rapper stonati, con la zeppola ed il vocabolario esteso come l'elenco telefonico di mendatica.

E comunque, lui lo aveva detto anni fa:

adesso dovrei fare le canzoni
con i dosaggi esatti degli esperti
magari poi vestirmi come un fesso
per fare il deficiente nei concerti