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mercoledì 20 giugno 2018

Una montagna troppo alta da scalare (Ciao, Don)



(Foto di Paolo Tavaroli)

La prima cosa che mi viene in mente pensando a Don Sappa è questa strofa di un pezzo di Venditti.

È una frase che ho pensato spesso riferita a mio padre, ma anche a lui, il primo parroco del Sacro Cuore che conobbi, bambino, quando iniziai a frequentare la parrocchia davanti a casa.

Un omone burbero di una bontà infinita, ma alto quasi due metri e con due mani grandi come badili.

Ragazzetto poi, da assiduo frequentatore dei due campi da calcio dell’oratorio, ricordo il terrore che ci assaliva quando lo vedevamo uscire da casa sua, di fianco al campo piccolo, temendo che stesse venendo a prendere qualcuno di noi colpevole di qualche improperio di troppo.

Una montagna, ma di bontà, cultura e testimonianza, anche se lo capii dopo, più adulto, quando non era più la spauracchio dei bestemmiatori, ma un punto di riferimento saldo come una roccia, come una montagna, appunto.

Abbiamo avuto diversi momenti di condivisione, esclusiva, io e lui e le sue parole mi colpivano al cuore ed al cervello, mi davano le coordinate esatte per camminare sulla strada che mi indicava e soprattutto me ne dava motivazione e stimolo.

Senza dimenticare quella caratteristica che me lo ha reso carissimo e meraviglioso, essere uno juventino sfegatato.

Di Don Sappa, oggi che è tornato alla casa del Padre, voglio ricordare anche e soprattutto episodi indimenticabili legati alla nostra comune passione calcistica.

Ad inizio anni 80, mentre in serie A lo scontro al vertice era tra juve e roma, noi ragazzini passavamo le domeniche pomeriggio al campetto a giocare a calcio; eravamo tanti, quindi si giocava a turno e chi stava fuori ascoltava "Tutto il calcio minuto per minuto".

La domenica di roma – juventus di non so bene che anno, però, la partita alla radio era più importante di quella tra di noi, quindi eravamo tutti attorno all'apparecchio.

Ad un certo punto arrivò il Don; scese il silenzio, lasciammo parlare ciotti ed ameri.
“Juve in attacco, palla a platini, cross, caricola, caricola, porta vuota!!!! FUORI!!!”

Il gelo. 

Buona parte di noi si morse la lingua, altri pregarono di trattenere l’imprecazione che sentivano arrivare dalle viscere e salire su fino in gola.

Finchè il Don dopo 3 secondi di totale silenzio e apnea collettiva, esclamò “CARICOLA!!! FIGLIO DI PUTTANA!” Boato che manco ai gol, altro che scudetto, quella era una liberazione, una rivelazione!!  

La sera della finale di champions del 1996 andai a vederla da amici; scesi ad aspettarli e vidi il Don davanti all'ingresso dell’oratorio; andai a salutarlo per due parole di conforto vista la tensione, mi accorsi che era pallido. 
Don, tutto bene? No, per la tensione ho sentito che il cuore mi stava dando dei problemi, così per tranquillizzarmi mi son fatto un whiskyino.

Andò come andò, stranamente, e tutti noi che eravamo a vedere la partita, prima dei caroselli per strada, decidemmo all'unanimità di andare da lui. 

Era di nuovo davanti all'ingresso, con un sorriso felice. Gli saltammo addosso in 4, tutti più o meno della mia stazza; lui ci abbracciò tutti e 4 e ci sollevò, mormorando solo “che bello.. che bello..”.

Il Don si ritirò e per molti anni non lo vidi più, fino a quando nel paese di mia moglie dedicarono una piazza al parroco storico, che arrivò proprio dal sacro cuore di albenga, dopo essere stato il suo vice. Malfermo sulle gambe, ma sempre la montagna di bontà e Fede che ricordavo, felice di rincontrare i suoi parrocchiani, mi riconobbe immediatamente e mi abbracciò con la stessa forza di quella sera di festeggiamenti.

Don Sappa, una bussola per noi che cercavamo di dare un senso alla nostra vita ed a quelle parole che ascoltavamo spesso senza coglierne a pieno il significato.

L’ho rivisto per l’ultima volta quando al Sacro Cuore si festeggiarono i 100 anni del mio gruppo scout.

Celebrò la Messa quasi sempre seduto e fece l’omelia. Anzi, non fu un’omelia, fu il suo saluto, finale. 

Un uomo sereno ed in pace, che ringraziava Dio per quello che aveva avuto e si approntava a percorrere il suo ultimo tratto di strada; una serenità, una gioia che mi lasciarono sbigottito. Un uomo anziano e del tutto consapevole che il suo tempo stava finendo, ma che più che di questo, si preoccupava di ringraziare il Signore per il tempo che aveva vissuto.

Ho parlato di lui nell'oratorio vicino a casa nostra, mentre molti bambini riempivano il campetto di felicità e voglia di giocare, proprio come facevo io le domeniche di 35 anni fa mentre il Don guardava soddisfatto, lui che rese quel posto la migliore interpretazione del “lasciate che i bambini vengano a me” così cara a Nostro Signore. Gli sarebbe piaciuto questo posto.

Ora che ha ritrovato il suo caro amico Giacumìn, chissà che partite che organizzeranno per i bambini in paradiso.

Ciao Don, forza juve


mercoledì 2 maggio 2018

Ciao, buona domenica, ci vediamo sabato prossimo


vent'anni fa oggi, mentre ero a portare i miei ragazzi degli scout in route, ricevemmo la telefonata che non avremmo mai voluto ricevere, ma che sapevamo stesse per arrivare.

Vent'anni fa se ne andò il mio amico Pippo.
Pippo, non "il padre del capitano", non solo.

Perchè se nella nostra compagnia siamo in tanti, troppi, ad aver perso il papà per motivi fottutamente simili tra loro, Pippo era per me qualcosa di più.

Pippo magari non era un amico in senso stretto, ma l'affetto ed il bene che gli volevo andava ben oltre l'essere papà di un mio amico.
Pippo, capitano dei gialli ed organizzatore ufficiale della partita del sabato e delle settimane bianche.
Pippo, juventino, scherzoso, casinista, una persona di una bontà e di una simpatia rare, sempre pronto a dare una mano a noi ragazzi scout.

Pippo che quando a 17 anni andammo tutti a vedere un concerto a Genova doveva venirci a prendere e dopo 1 ora ancora non si vedeva, così il capitano chiamò casa e gli rispose lui, oh belin! Si era rotta la macchina e stava arrivando sua moglie.

Pippo che riuscì nell'impresa di convincere mio papà a farmi andare allo stadio a vedere la juventus, la mia prima partita della juventus!!! Aprile 1990, stadio comunale, curva maratona, juve - colonia 3-2.

Pippo che viene a prendere suo figlio, il Conte e me all'aeroporto dopo la vacanza a Londra e riceve in regalo una cornamusa; Pippo che prova a suonarla con sua figlia di pochi mesi che dorme e quando la cornamusa inizia a suonare impazzita non riesce a fermarla tra le nostre risate e la disperazione di sua moglie. 

Pippo, soprattutto calciatore infaticabile per i gialli, i nostri rivali, nostri di noi dei rossi eh, quelli del mio libro Scusa, Ameri che proprio a lui è dedicato e proprio con il titolo di questo post inizia.

Sono passati 20 anni Pippo, da quando te ne sei andato, da quando tuo figlio ci chiese di non interrompere la nostra route, da quella corsa il giorno dopo per venirti a salutare, da quella notte passata a vegliare di fianco a te ed al tuo cane che stava lì fermo, distrutto dal dolore come tutta la tua famiglia.
Sono passati 20 anni da quel funerale così partecipato, da quell'omelia scritta da tuo figlio, da quelle lacrime che non volevano smettere di scendere.

Siamo cresciuti Pippo, siamo uomini, padri, madri, zii, abbiamo pianto altre perdite e festeggiato matrimoni e nascite, chissà quanto saresti stato contento nelle giornate di festa, insieme ai tuoi amici del MASCI,

Ma oggi, come 20 anni fa, ricordo con precisione il momento in cui mi vennero a chiamare perchè mia madre mi cercava al telefono e sapevo che c'era solo un motivo perchè mi chiamasse durante una attività scout.

Ricordo tutte le tue prese in giro negli spogliatoi, tutte le volte che facevo una bella parata e per te era sempre "che culo!", tranne quella volta che giocammo assieme, forse l'unica e allora mi facesti un sacco di complimenti.

La bella persona che eri è dentro i tuoi figli, che ti assomigliano non solo nei lineamenti.

Chissà se hai visto mio papà lassù, magari vi siete fatti anche un giro a cavallo, come ai tempi della Camargue.
Magari siete tutti assieme, voi che ci mancate così tanto, Antonio, Ermanno, Walter.
Tutti a guardare sti figli maschi casinari e incerti che qualcosa di buono stanno facendo.

Ed allora stappo una bottiglia di vino, come fosse una del tuo, Pippo e brindo a te ed ai 20 anni che hai passato ad accompagnare da là i tuoi cari.

E come ci dicevi sempre dopo la partita, uscendo dallo spogliatoio, ti saluto così:
Ciao, buona domenica, ci vediamo sabato prossimo.

mercoledì 28 giugno 2017

Valentina ha gli occhi grandi




Valentina ha gli occhi grandi
col suo zainetto da bambina
cammina sempre a testa alta
e vuol sapere tutti i perchè

Valentina ha gli occhi grandi
è una ragazza già cresciuta
fa domande mai banali
ed ha le idee sempre chiare 

Valentina ha gli occhi grandi
e coi bambini è favolosa
ogni suo atto, ogni sua azione
è un gesto di amore e di dedizione

Valentina ha gli occhi grandi
e li spalanca senza parlare
prova a fermare quella domanda banale
che le riempie di nuovo il cuore di dolore

Valentina ha gli occhi grandi
e se ne è andata mentre dormiva
quasi a non voler disturbare
lasciandoci soli e senza spiegazioni

Gli occhi grandi di Valentina
sono un ricordo che non andrà via
La morte non cancella un cuore così bello
Lo mette su uno scaffale appena un po' più in alto

mercoledì 5 novembre 2014

Albenga, l'alluvione del 5 novembre 1994


Era sabato, lo ricordo bene, era un sabato di novembre ed allora, 20 anni fa, era normale che i sabati di novembre, che i giorni di novembre, fossero piovosi.
Il 5 novembre 1994 era un sabato e come tutti i sabati avevamo fatto riunione con i Lupetti, in quella sede SOTTO la strada, nello scantinato, una sede che ospitava uno dei Branchi di Lupetti più vecchi d'Italia e che resisteva da molti anni.
A causa della pioggia, che cadeva da almeno un paio di giorni, saltò la partita del sabato, la madre di tutte le partite, quella da cui, trascinandoci fino quasi ai giorni nostri, mi è stato possibile realizzare il sogno di scrivere un libro.
Tutti a casa quindi, che dove vuoi andare con st'acqua? La mia fidanzata era via per l'università, niente calcio, sabato sera casalingo, all'epoca niente internet, si andrà a letto presto.
Poi la normale pioggia di novembre inizia a diventare troppa pure per essere pioggia di novembre, i soliti tombini che si intasano, sotto casa mia il solito lago.
Ma quella volta andò diversamente, perché il “solito” lasciò il posto all'eccezionale, all'imprevedibile. Verso sera, quando ormai era buio, saltò la luce e dalla finestra vedevamo la strada scomparire e farsi fiume ed il fiume che pian piano saliva. Il Centa uscì, all'altezza dello stadio, la strada di casa mia scomparve del tutto, mentre noi a casa eravamo più incuriositi che spaventati, perché ancora non era chiaro cosa stava succedendo, e l'unica cosa che ci preoccupava era sapere come avrebbe fatto mio padre a tornare indietro dal lavoro.
Poi ricordo quel rumore, un lungo, interminabile scroscio, di acqua che entra, si impadronisce di cose, oggetti, muri, ricordi. Affacciato alla finestra non capisco da dove provenga, lo intuisco solamente, in ritardo: la sede dei Lupetti, completamente allagata, sotto quasi due metri d'acqua.
Sabato 5 novembre 1994 non capii subito cosa era successo alla mia città, perché era buio, perché tutto sommato una volta che mio padre era rientrato sembrava che la situazione fosse calma e soprattutto sotto controllo.
Lo shock, fortissimo, arrivò domenica, col chiaro.
Affacciarmi e vedere quella interminabile colata di fango mi fece realizzare di colpo cosa era successo; la desolazione delle strade, l'aria spettrale, il vento che rendeva il tutto ancora più funereo, il ponte pericolante: albenga era stata colpita, duramente ed io accusavo fortissima la botta.
Alcuni giorni dopo i gruppi scout di albenga parteciparono alle operazioni di pulizia e sgombero ed io capitai nella zona delle serre: interi magazzini ricoperti di fango, melma, merda.
E quell'odore, acido, pungente, che ti si pianta nel naso e nella testa e non va più via, che restò lì per giorni, mentre negli occhi avevo ben impresse le cose, i ricordi, le vite che quel maledetto sabato di novembre aveva rovinato per sempre.
A 22 anni, stupido ed immaturo, realizzo forse per la prima volta il bene che voglio al posto dove ho passato tutta la mia vita, lo capisco girando per le strade e guardando quelle cataste altissime di cose buttate vicino ai cassonetti, lo capisco nel colore delle mie scarpe ogni volta che esco a piedi, lo sento distintamente nello sbigottimento della gente che ancora deve riprendersi dallo shock. Percepisco la gravità dell'accaduto e lo riesco a codificare negli occhi atterriti della mia fidanzata il weekend successivo, quando torna dall'università e nel breve tratto dalla stazione a casa sua si rende conto della situazione e resta di sasso.
Mi scopro innamorato di albenga, di una albenga ferita e sofferente.
Un amore che non mi ha lasciato nemmeno dopo essermi trasferito, dopo che la mia famiglia ha lasciato la casa dove sono cresciuto.
Quel weekend di 20 anni fa mi ha fatto scoprire il mio amore per la mia città, mi ha fatto sentire parte di una comunità, ma ha messo a nudo anche le mie debolezze, mi ha fatto fare i conti con quella che ritenevo essere una corretta scala di valori e di priorità.
Quando il mese scorso sono andato a dare una mano a genova, ho sentito di nuovo quell'odore e tutte queste sensazioni si sono rifatte vive.
20 anni fa, dentro quel fango, probabilmente sono diventato un po' più uomo.

martedì 2 settembre 2014

Diario dall'occitania

(appunti semiseri di una bellissima settimana in montagna)



Giorno 1.
Appena arrivati all'agriturismo siamo andati a fare un giro a Valdieri e sono andato a cercare la grande casa dove facemmo le vacanze di branco con i lupetti nel 2001. É tristemente diroccata ed in vendita ma dopo pochi istanti passati a guardarla da fuori ho risentito le voci e le risate dei bambini di 13 anni fa, ora ragazzi e uomini che oggi avrei voluto abbracciare e a cui avrei voluto chiedere come era stato il loro sentiero in questi anni.
A cena abbiamo assunto il fabbisogno calorico dell'intero burkina faso. 

Di secondo c'era il bollito. Non scherzo se dico che da bambino per dieci anni CONSECUTIVI ogni domenica da ottobre ad aprile a cena a casa mia si mangiava bollito. Con l'insalata. E mentre lo mangiavamo guardavamo Domenica Sprint. Viva vivaaaaa il goleador!!!
Meno male che hanno una ottima grappa.



Giorno 2. Tradizionale gita al rifugio. Tradizionale nel senso che ne facciamo una all'anno e quindi non é che siamo proprio allenati. Quindi il sentiero di oggi mi ha ricordato un po' la Salitella De Amicis della Coppa Cobram ma tant'è.

A metà sentiero l'apparizione della Beata Vergine con in mano un pentolone di polenta con su inciso In Hoc Signo Vinces mi ha dato la carica per arrivare al traguardo.

Nella classica pennica pomeridiana però il dramma. Sono stato svegliato dal vociare di bambini che gridavano LORSO LORSO GUARDATE C'É LORSO!!!! 
Sono balzato in piedi pronto a difendere a mani nude la mia famiglia ma ho rapidamente capito l'equivoco: i bambini mi indicavano sbalorditi. 
Devo fare qualcosa per il russare. 
Giornata positiva soprattutto per il bilancio delle calorie: ne avrò consumate 500 ma la cofana di polenta e sarciccia da sola sfiorava le 3000, senza contare che ho finito anche quelle delle bambine. 
Ai formaggi



Giorno 3. Oggi gita all'alpeggio. Dopo temporalone notturno siamo partiti di buona lena e di gamba facile ed insieme alla guida irene abbiamo raggiunto il Gias della Vagliotta per conoscere i pastori. Tutto bellissimo ed autentico anche se alcune cose mi hanno dato da pensare:
Le pecore recavano sul fianco sinistro un codice a barre.
Bene il pastore bene il giovane pastorello benissimo la giovane pastorella ma mancava la ragazza disabile in via di miracolosa guarigione.
Le caprette sono maleducatissime: nemmeno una che ci abbia salutato.
Comunque ho delle idee vincenti per questo alpeggio state a sentire:
Prima di tutto cablami la zona dai. Che sei li che degusti una toma squisita e non puoi pubblicarne la foto sui principali social network.
Poi i cavalli, ok la natura e lo stato brado ma se al posto degli zoccoli gli uscissimo delle Nike? Quelle fosforescenti che piacciono tanto ai calciatori che ci mettono le stringhe contro l'omofobia e viene su un colpo d'occhio tipo Paradiso dei trans.
Il bosco: bellissimo davvero. 

Però in un punto qualunque dovremmo cagarci uno scuolabus della scuola elementare Gustavo Thoeni di Entracque, che qualche hipster ci si va a stabilire nutrendosi di muschi, licheni, rayban e barrette mars. Aspettiamo che ci scappi il morto poi filmone, regia Adriano Sforzi colonna sonora acustica di Davide Geddo.
Poi non dite che non vi avevo coinvolto



Giorno 4. Mattinata di totale relax causa completa rigidità degli arti inferiori. Praticamente avevo la mobilità e la grazia di un rolando bianchi fuori forma. 
Pomeriggio dedicato al museo della segale di s.anna di valdieri con approfondimenti e video d'epoca. 
Siamo vicini alla terra di nuto revelli e la lezione che i contadini hanno lasciato in eredità é forte come il tributo che questi paesi hanno pagato per guerre decise da uno stato che li ha poi abbandonati. 
La dignità di questa gente é una pietra d'angolo da cui potrebbe partire una rinascita morale se solo l'italia non fosse una nazione morta e sepolta



Giorno 5. Giornata dedicata ai lupi con visita al Centro Faunistico Uomini e Lupi di Entracque. Due diversi ambienti che spiegano "a portata di bambini" il rapporto del lupo con l'uomo e con la natura. Il cantastorie Prezzemolo ci ha raccontato miti e leggende sul lupo mentre la fotografa Caterina ci ha portato sulle sue tracce tra monti e boschi, fino ad una torretta di osservazione che non ha purtroppo portato risultati. 
Il tutto con grande contributo tecnologico, video, suoni, percorsi multimediali a dimostrazione che il progresso ha pure aspetti positivi e non si ferma alla moviola di pistocchi ed allo streaming in commissione giustizia. 
Molto bella la storia del lupo ligabue che dopo essere stato investito e curato é stato monitorato con un collare gps e dall'emilia si é spostato fino al piemonte. 
Caratteristiche principali di questo lupo erano quelle di ululare credendosi un lupo americano ma con molta meno voce e con un ritmo monocorde e di provare ad abbindolare i lupi più giovani con discorsi qualunquisti e paraculo. 
Almeno così mi sembra di aver capito



Giorno 6. Terza gita!!! Volevamo raggiungere questo rifugio che non sembrava lontano quindi ci siamo informati. 
Tramite un autoctono tassista di nome Tony O'schiattamuort' siamo venuti a conoscenza di una gita parrocchiale che prevedeva apertura di strade e percorsi facilitati. 
Praticamente ci siamo imbucati mescolandoci tra le altre auto. 
Sulle note di "Il tuo popolo in cammino" abbiamo percorso la strada privatissima salutando festanti le altre macchine. Con solo mezzoretta di cammino abbiamo raggiunto la meta e celebrato la Santa Messa, che a 2000 metri e con canti alpini ha un fascino particolare. Polentata totale a pranzo nel rifugio dove era appena passato l'amico Andrea Gaminara e pomeriggio con balli e canti tradizionali conclusi dall'accoppiata Quel mazzolin di fiori e Vecchio Scarpone. 
Altro che Thunder Road


Giorno 7. Decidendo al volo stuzzicati dall'amica Laura abbiamo realizzato un nostro piccolo sogno e siamo andati nel luogo dove si sono formate le prime bande partigiane. 
Nel rifugio appena restaurato sono presenti diversi locali che ospitano in questi giorni una mostra fotografica sui deportati di questa terra a mauthausen ed una edizione ristretta dell'omaggio a nuto revelli vista a genova (ma qui nelle zone raccontate e fotografate il gusto é proprio speciale). 
Il silenzio che ci avvolgeva sembrava riportare a galla quei giorni di 70 anni fa quando duccio galimberti e i suoi compagni organizzavano la Resistenza proprio incontrandosi in questi boschi, attraverso i quali molti rifugiati ed ebrei trovarono una via di fuga dalla guerra e dall'Orrore. 
In una sala un filmato-intervista a due sopravvisuti ai campi di sterminio mi lasciava inchiodato alla sedia. 
Forse é vero che la storia non ci insegna nulla, ma io che la mia famiglia sia stata qua sono davvero contento





Giorno 8. Abbiamo deciso di prenotare fino ad oggi perché a s.anna di valdieri oggi si concludeva la festa della segale, cereale su cui si basa buona parte dell'econonomia locale. Fiera per la via, prodotti tipici, assaggini sparsi e ovviamente polenta. 
Una piccola comunità che si ritrova e fa festa assieme, con rievocazione storica e dimostrazione pratica della battitura appunto della segale. 
Si é chiusa così questa bellissima vacanza ma l'immagine che ho negli occhi é quella di mia figlia virginia che arrivati dai nonni corre a salutare Ciro (Tevez Trentadue Sul Campo Inter Merda) e sto fetient' che le mette le zampe attorno al collo per abbracciarla.

Fine del diario.








giovedì 17 aprile 2014

Ciao Don Rinaldo



Quando ero un bambino timido, scontroso e non particolarmente dotato a giocare a calcio, il mio rifugio era il sacro cuore, era il campetto, erano gli scout.
Quando penso a quel periodo, ai miei primi anni in parrocchia, all'inizio del mio cammino per diventare adulto, don rinaldo torna sempre, come persona vicina, cara, amichevole, più “avvicinabile” di don sappa, orso buono ma comunque capace di incutere timore col suo vocione ed i suoi urlacci quando qualche grande sgarrava nel linguaggio e nel comportamento.
Quando rinaldo venne trasferito a leca, toccò a me fare il chierichetto alla sua ultima messa al sacro cuore, momento di cui ricordo la mia emozione, il suo abbraccio al segno di pace e le lacrime di tanti, forse tutti i presenti.
Nel corso degli anni i contatti con lui si sono fatti via via più radi, ma il piacere del rivederlo era sempre tanto, come lo stupore nell'accorgermi che si ricordava ancora di me e della mia famiglia.
Ho avuto la fortuna di seguire per un certo tratto il cammino scout di sua nipote, a cui sono ancora oggi legato da affetto quasi paterno, ho conosciuto i suoi fratelli, ho avuto modo di toccare con mano il fantastico talento di livio ai fornelli, ho avuto modo di apprezzare la bontà d'animo di angelo, anche lui tragicamente scomparso.
La famiglia bertonasco mi ha sempre donato una forte fortissima testimonianza di Fede, anche e soprattutto nei momenti più duri.
Solo domenica scorsa ho condiviso con livio il piacere di tornare per un pomeriggio a far parte dell'albenga 1 ed ho visto i suoi occhi brillare mentre preparava il suo racconto del mitico albero, con foto in bianco e nero dove c'era anche rinaldo.
Nella certezza che anche questa prova verrà affrontata dalla sua famiglia con la forza della loro Fede, oggi piango il mio primo “amico-prete”, che con un sorriso ed una battuta mi ha sempre fatto sentire accolto.
E come il chierichetto di quella tua ultima messa al sacro cuore, oggi vorrei abbracciarti, perché, più creciuto e più consapevole, molto più di quel giorno, mi sento terribilmente più solo.

domenica 19 gennaio 2014

Don Pino ed il filo rosso tra Albenga e Tovo

Sabato 8 giugno scorso ho percorso il tragitto tra tovo san giacomo ed albenga, per due motivi di grande felicità ed importanza, per me e soprattutto per la comunità parrocchiale e cittadina di tovo.
Un filo rosso da sempre unisce tovo e la mia parrocchia di albenga, il sacro cuore.
Un filo rappresentato dalla vita e dalla memoria di don pino, che da vice parroco al sacro cuore, si spostò a tovo 30 e passa anni fa portando con sè e trapiantandola a tovo l'esperienza dello scoutismo.

Sabato 8 giugno 2013 ha rappresentato una data nella quale questo filo rosso si è rinforzato ulteriormente.
A tovo infatti la piazza del comune e della chiesa è stata intitolata proprio a don pino zunino, mancato alcuni anni fa ma mai dimenticato nè ad albenga che tantomeno a tovo, come del resto nelle altre parrocchie dove è stato, come loano dove ha finito i suoi giorni lottando come un leone contro una malattia incurabile.

Sabato 8 giugno tutti i figli di don pino, tutte le persone che con lui sono cresciute e da lui sono state educate alla luce del vangelo, si sono ritrovati in piazza don pino a tovo, per scoprire la targa commemorativa, partecipare alla santa messa e festeggiare assieme con una cena di solidarietà.

Ma sabato 8 giugno manco a farlo apposta è stato anche il giorno in cui una ragazza che conosco da quando era bambina ed ero suo capo scout si è sposata, chiaramente al sacro cuore e quindi ecco che anche io, come molti parrocchiani del sacro cuore, quel giorno ho percorso la strada che ha percorso don pino tanti anni fa, da parrocchia a parrocchia. Quel percorso che io ho fatto moltissime volte per andare dalla mia fidanzata, fino al giorno in cui l'ho fatto per sposarla.

E se posso permettermi, è stato bello rendermi conto di come io e la mia vita siamo così legati a questo filo rosso tra albenga e tovo; perchè grazie allo scoutismo così amato da don pino ho conosciuto mia moglie e sono andato a stare proprio a tovo; perchè quel giorno a tovo c'era tanta gente di albenga come solo forse in pochissime occasioni tra cui l'arrivo di don pino a tovo accompagnato dai suoi ragazzi del sacro cuore ovviamente. Ed il mio matrimonio.

E il matrimonio di laura al mattino non ha fatto altro che risvegliare in me l'amore per albenga e per la mia parrocchia, dove sono cresciuto e bene o male sono diventato uomo.

Da pochi giorni finalmente è stato reso disponibile online il bellissimo video che guardammo quella sera, "un prete di mare tra gente di terra", un ricordo affettuoso e delicato di questo prete, di questo educatore, di questo uomo che così tanto bene ha fatto ed ha voluto, ricambiato, ai suoi ragazzi.

Nel rivederlo, pur non essendo io coinvolto direttamente, rivedo la mia vita, la mia strada, il mio percorso.
Ed ovviamente, quel lungo filo rosso.

Buona visione.

venerdì 12 aprile 2013

Scoutismo e Scelta Politica





















Quando andrea mi ha proposto di andare alla riunione di comunità capi del gruppo tovo – loano a parlare di cittadinanza attiva e di scelta politica, dopo aver accettato ovviamente con gioia ed orgoglio, mi sono accorto che, in tutti questi anni di lavoro, le due parole “cittadinanza attiva” mi hanno sempre smosso ben poco, non certo per quello che sottointendono, ma proprio per una semplice e banale questione di scelta dei termini.
Sarà, forse, perché a me 'ste due parole insieme ricordano una pubblicità di yogurt, una cosa tipo “grazie al bifidus essendis ed ai suoi principi di cittadinanza attiva, ho ritrovato la mia regolarità intestinale”, detta dalla marcuzzi di turno.
Sarà, più seriamente, perché il concetto, il valore della cittadinanza attiva, per noi scout è fortemente radicato nella nostra associazione, ma con termini diversi.
Si, perché a noi scout, si sa, piace dare nomi nuovi alle cose, quindi cittadinanza attiva, in associazione, si chiama e si vive in diversi modi.
Ad esempio, nei lupetti, ci viene insegnato a fare DEL NOSTRO MEGLIO.
Ad esempio, noi scout conosciamo bene il motto estote parati, cioè ESSERE PRONTI.
Ad esempio, nella branca r\s la parola più ricorrente è SERVIZIO
DEL NOSTRO MEGLIO per ESSERE PRONTI a SERVIRE
non è già questo un fantastico sinonimo di cittadinanza attiva?
Il motivo per cui sono stato chiamato a dare la mia testimonianza rispetto a questi argomenti, dipende in primo luogo dal mio lavoro, credo; io faccio l'assistente sociale e questo spesso è di per sé un passaporto di cittadino attivo, che spesso viene assegnato con superficialità.
Io non mi sono mai ritenuto migliore di chi fa lavori diversi dal mio, in nessun campo, tantomeno in quello della chiarezza delle scelte Politiche. 
Ed inoltre, la mia scelta di 20 anni fa rispetto agli studi da compiere è si molto legata al mio cammino scout, ma non (solo) nel modo romantico che si può pensare; reduce da una fallimentare esperienza universitaria in una facoltà di economia, mi ero reso conto che tra le poche cose che mi funzionavano nella vita, una, se non la prima, era il mio essere scout, per cui mi avvicinai con interesse alla scuola di servizio sociale. Di questo abbinamento si accorse anche mio papà, che, molto deluso dal mio fallimento, mi ammonì, dicendo che non potevo pensare di fare lo scout di lavoro.
Oggi, 20 anni dopo, ancora lo ringrazio per quelle parole amare, che mi colpirono come uno schiaffo e mi diedero allora la forza per dimostrargli il contrario, mentre oggi mi suonano come molto vere e mi aiutano a distinguere professionalità e valori scout.
Altrettanto vero è però il fatto che il cammino scout porti naturalmente, durante il processo di maturazione che dal branco porta alla partenza, ad una scelta Politica e di cittadinanza, per la quale vengono costantemente dati riferimenti, richiami e strumenti.
La scelta politica che matura all'interno dell'associazione, non è ovviamente una scelta PARTITICA. 
Papa Paolo VI parlava della Politica (se capite il senso della maiuscola) come “la forma più alta della Carità”; altrettanto chiaro fu Baden Powell, che da sempre ha incitato i suoi scout a “lasciare il mondo migliore di come lo abbiamo trovato”.
Non è Politica questa? Carità, intesa come virtù teologale e non semplice beneficenza, miglioramento, servizio al prossimo.
Il cammino associativo innesta questi valori nei ragazzi, già dalla branca l\c. Il branco è un primo esempio di società civile, con le sue regole, i suoi valori e le sue gerarchie. Nel branco è importante il branco, nessuno escluso, dai cuccioli ammessi da poco, ai vecchi capi che faticano a procacciarsi il cibo. Questo è una prima lezione di quella che la giurisprudenza italiana chiama sussidiarietà orizzontale e che spesso viene richiamata proprio come fondamento sia dei servizi sociali che della cittadinanza attiva.
La Politica (maiuscola) è quella che caratterizza la nostra vita e le nostre scelte, sarebbe gravissimo limitarla al mero esercizio di un (inviolabile) diritto nel periodo elettorale. La Politica è qualcosa che parte da ciascuno di noi.
Trovo particolarmente stucchevole, proprio alla luce di quello che ho detto ora, il presunto raggiungimento di un traguardo forse nemmeno così importante quale il far fare politica in parlamento alla gente comune; prima di tutto perché il senso che do io al fare Politica non prevede necessariamente una elezione o un seggio o un qualsiasi riconoscimento di potere, bensì la consapevolezza dell'importanza di ogni nostro singolo gesto, a prescindere dal mio ruolo nella società. 
La politica che si fa in parlamento (se è chiara la p minuscola in entrambi i casi) non è un traguardo da raggiungere, né un premio, né tantomeno un diritto che tutti dobbiamo esercitare.
La politica partitica dovrebbe basarsi su una preparazione della materia e soprattutto, su una vocazione ben chiara e limpida.
Il fatto che la presenza di persone oneste e completamente inesperte sia vista come un trionfo “della gente comune” denota un forte scollamento della politica dalla cittadinanza, una grave crisi morale di chi occupa da anni questi posti, ma favorisce l'ulteriore abbassamento del livello qualitativo della politica stessa.

Non credo ci serva gente normale in parlamento, bensì che la gente normale inizi a dare il buon esempio sempre, a prescindere dalla visibilità.
L'assunzione di responsabilità a cui ognuno di noi è chiamato è la prima e basilare scelta Politica che dobbiamo fare, ogni giorno.
Il fatto che io come assistente sociale abbia la possibilità di mettere in pratica quotidianamente determinati valori e principi che stanno alla base di molti discorsi sulla Politica, non mi rende, come detto, migliore di altri, bensì più fortunato.
La fortuna sta nel fatto che il mio percorso di scelta nell'ambito dove lavoro è codificato in maniera chiara mentre chi opera in ambienti e contesti del tutto diversi fatica maggiormente a crearsi tali codici e paletti di riferimento.
Ho anche però meno possibilità di svicolare da certe scelte e meno tane in cui nascondermi.
A costo di essere banale, credo fortemente nello strettissimo rapporto tra gli eletti e gli elettori. Credo che le rappresentanze politiche di un popolo siano un specchio fedele, fedelissimo delle qualità del popolo stesso.
Pertanto, la nostra scelta Politica, per quanto possa sembrare ininfluente, non può che diventare la base e le fondamenta di una nuova costruzione, morale e valoriale, dove ognuno possa dare il suo contributo facendo del proprio meglio, dove ognuno possa offrire le proprie doti essendo pronto a servire chi ne ha bisogno.
Le realtà del nostro territorio, in special modo a tovo san giacomo, rendono questa strada non dico obbligata, ma di sicuro assolutamente consigliabile.
Lo stile di vita e la mentalità contadina che ancora oggi hanno una forte influenza nella valle, combinata con i valori di cui sopra, può aprire la strada ad un nuovo significato di Comunità e di Politica. Il contadino che ha solo galline ed uova ed il contadino che coltiva solo patate possono ignorarsi e sopravvivere, ma interagendo possono, semplificando brutalmente, scoprire la soddisfazione di una buona frittata di patate.
La mia vita è stata condizionata dall'onnipresente spirito di condivisione che respiro ogni volta che torno in questi posti.
Questa è la scelta Politica a cui tutti noi siamo chiamati a dare risposta, capire in che modo il vivere in un luogo possa determinare i nostri atteggiamenti verso quel luogo ed i nostri vicini,  a partire da casa nostra.
Per quanto, mille volte, in maniera spesso esagerata, mi senta dire quanto il mio lavoro dimostri la chiarezza dei miei valori e delle mie scelte, sono assolutamente convinto che la scelta Politica più importante io la verifico alla sera quando metto a dormire le mie figlie e grazie alle mie azioni posso o meno guardarle negli occhi senza vergognarmi.
E cerco sempre di tenere presente i punti cardinali che lo scoutismo mi ha lasciato.
Al giorno d'oggi ha senso fare del nostro meglio? Sembrerebbe di no, anzi; al giorno d'oggi la competizione non è a chi salta più in alto, bensì il dimostrare che l'avversario scende più in basso di noi. L'asticella morale che una società civile dovrebbe tendere ad alzare costantemente, oggi viene lentamente ed inesorabilmente abbassata, al grido di “io ho fatto questo, PERÒ lui ha fatto peggio!!”. È questo ciò che intendevamo quando ai nostri lupetti davamo le prede per la loro progressione personale?
Lo scoutismo ci invita a uscire da questa logica perversa e a testimoniare con determinazione la nostra tensione verso l'alto, con la stessa forza con la quale il mio lavoro cerca di far tendere l'utenza all'autodeterminazione ed al pieno raggiungimento di sé.
Come il cucciolo cresce e diventa ragazzo ed infine uomo, ognuno di noi ha le capacità di percorrere il proprio percorso di maturazione che lo renda, infine, in grado di guidare la propria canoa e di scegliere sempre la strada giusta, come ci ricorda la forcola della partenza.
Pertanto riempiamo il nostro zaino e mettiamoci in cammino, che come diceva il mio capo clan, è tardi da pazzi! 



venerdì 22 febbraio 2013

La Giornata del Pensiero



Oggi è il Thinking Day, Giornata del Pensiero, ricorrenza in cui tutti noi scout riflettiamo sul senso del nostro far parte di questa Associazione (parlo al presente perchè sebbene non censito, io SONO scout ancora oggi) e su argomenti correlati a come portare il messaggio Scout nelle nostre realtà quotidiane (quest'anno si parla della salute dei bambini e delle loro mamme). Sono stato in Associazione più di 20 anni e una cosa che sicuramente mi è rimasta di questi anni è la scelta politica; scelta non partitica, bensì di presenza e testimonianza del nostro essere Scout e Cattolici. Ho avuto la fortuna di avere ottimi testimoni che mi hanno guidato negli anni della mia formazione ed ho trovato naturale una volta appurato che non sarei mai stato un grande economista, intraprendere un percorso di studi che presentasse nel nome la parola SERVIZIO. Ho quindi da subito, con i miei limiti ed i miei difetti, dato ai miei studi ed al mio attuale lavoro una forte, fortissima valenza politica, anzi Politica, in senso alto, col significato che a questo termine ha dato Paolo VI, ossia "la forma più alta di Carità". In questi anni ho capito sempre più chiaramente come la Politica sia quella che si fa tutti i giorni, sul lavoro, con le nostre scelte, a casa, con i nostri cari, nel porsi in determinati modi nei confronti del mondo e verso il prossimo. Ho cercato di misurarmi con questo, facendo un lavoro che, non per miei meriti, mi offre costanti spunti di riflessione e di pensiero proprio in questo senso. Altro sono i giochetti sporchi di partito, le caste, i favoritismi, la corruzione, perchè fare Politica è un compito che ognuno di noi ha 24 ore al giorno, 365 giorni all'anno, non solo dentro una cabina elettorale. Stasera si chiude (spero) la campagna elettorale più squallida che io ricordi; un po' di silenzio, grazie a Dio. Mai e poi mai ho legato la mia scelta Politica ad un simbolo, ad un partito, ad una ideologia; niente e nessuno in questo senso mi rappresenta in pieno, mi rappresenta meglio di quel giglio e del mio fazzolettone che per anni ho indossato cercando di trasmettere ai miei ragazzi lo stesso amore e la stessa passione che altri hanno testimoniato a me. E oggi posso dire con certezza che nessun partito, movimento, lista potrà mai davvero rappresentare un cambiamento ed un miglioramento se questi non partono prima di tutto dalle nostre scelte quotidiane. Quindi la mia riflessione di oggi, nella Giornata del Pensiero, è che spero e prego ogni giorno di avere la forza, la capacità e la coerenza di testimoniare ciò in cui credo, sempre, comunque e dovunque. E che noi siamo infinitamente più importanti e più preziosi di qualunque slogan, promessa o poltrona. Se ognuno di noi lo avesse ben chiaro in testa, probabilmente certi posti sarebbero meglio frequentati. Perchè alla fine, il nostro compito di Scout è lasciare il mondo migliore di come lo abbiamo trovato.