giovedì 22 aprile 2010

senti maaaaaaaaaaaaaaaaaa???????????

dice: tu quando hai deciso cosa fare da grande??

A me sarebbe piaciuto fare il giornalista, da bambino adoravo scrivere o immaginarmi articoli di giornale scritti da me, ovviamente quasi sempre di sport.
Poi finito il liceo, senza alcuna ragione apparente (maturità passata col minimo dopo 5 anni terribili) mi sono imbarcato in una cosa tipo "scienze economiche e bancarie" a siena.
Primo esame dato: inglese - 28
TRIONFO!!! Ero già praticamente direttore di banca
poi ovviamente un disastro, non sono andato avanti di un millimetro, economia, diritto ahhhhhhhhhhhhhhhhhhh!!!
In quel periodo c'era una cosa sola nella mia vita che funzionava e mi dava soddisfazione: il mio essere capo-scout, così mentre guardavo opuscoli per cercare altre vie, mi cadde l'occhio sulla scuola per assistenti sociali, che io immaginavo fosse un qualcosa di attinente al mondo degli educatori e del volontariato.
Ma si lo faccio!
Buonanima di mio padre che come al solito mi capiva al volo mi disse: ok, ma guarda che non puoi fare il capo scout di lavoro per tutta la vita!
Com'è come non è faccio il test d'ammissione, scuola per assistenti sociali e anche scuola per logopedisti.
Per i logopedisti ho un discreto calcio nel culo, mi assicurano di studiare che se c'è da dare una spintarella ci pensano loro, del resto ci sono 40 domande e solo 5 posti.
Arrivo 4°, non ho mai indagato se solo per merito mio.
Ma quell'anno cambiano le regole e i posti PUFF diventano 3.
Il test per assistente sociale lo faccio da solo, siamo un centinaio per 30 posti.
Entro.
29 donne - 1 uomo
amo questo lavoro.
tempo 6 mesi e capisco:
- che le mie idee preconcette sul mestiere di assistente sociale erano una belinata
- che però nonostante questo le materie non mi dispiacciono, ci sono dei concetti generali, ci puoi girare un pò intorno, farci fiocchi e fiocchetti.
morale: media del 27, diplomato con 110.
Non so quando ho capito che questo lavoro faceva per me, non so in effetti nemmeno se l'ho capito eh, ogni tanto me ne esco fuori con qualche teoria che mia moglie mi guarda e sconsolata mormora "e pensa che fai l'assistente sociale".
però mi piace parlare (sorpresona eh?), mi piace ascoltare, penso di essere uno disponibile e queste cose sono cresciute di pari passo con la mia "carriera", quindi si, penso che sia un lavoro adatto a me.
E visto che alle soglie dei 38 anni inizio ad avere il sospetto che non giocherò più nella juve nè segnerò il goal decisivo in coppa del mondo, beh tutto sommato non posso lamentarmi.
Anche perchè, tornando serio, ho la fortuna che il mio lavoro ti mette davanti a situazioni che NON possono che farmi sentire un privilegiato.
Ed io questa cosa qui l'ho capita una volta che facevo tirocinio in un servizio di salute mentale.
Avevamo una riunione in un ex ospedale psichiatrico genovese, io ingenuo arrivo puntuale, non ancora cosciente del fatto che la riunione era per a) assistenti sociali b) donne. Aspetto e vado a prendermi un caffè nel bar interno.
Gestito e frequentato da ex ospiti dell'ospedale psichiatrico, che dalla legge basaglia in avanti erano rimasti lì a vegetare.
Ecco, lì, uscendo dal bar, mi sono detto TU NON HAI IL DIRITTO DI LAMENTARTI DEL TUO LAVORO.
Devo dire che per ora ci sono riuscito abbastanza.
Anche se il mio sogno resta un altro, ma è troppo "pazzo" per dirvelo, si si è una cosa talmente innovativa, originale, pazzesca che nessuno ci arriverebbe mai, nessuno lo hai mai fatto, no no è una cosa fuori da ogni logica...









scrivere un libro su springsteen.

venerdì 16 aprile 2010

nick hornby - tutta un'altra musica



Oh parlare di nick hornby mica è semplice, specie in due righe, specie se devo parlare di un libro solo, specie se tutto sommato il libro in questione non mi ha convinto del tutto.
Nick hornby l'ho scoperto la volta che ha fatto capolino da una libreria con una domanda: Si può amare una donna ed andare pazzo per 11 uomini? Era Febbre a 90, preso e divorato, con gran godimento, nel lontano 1999.
poi poco dopo se ne spuntò fuori con Si può amare una donna che ha una collezione di dischi incompatibile con la propria? E li fu amore, di quelli pesanti, importanti, perché a pagina 50 circa di Alta fedeltà pensai davvero che stesse parlando di me, prima ancora di leggere la frase “vorrei che la mia vita fosse come una canzone di bruce springsteen”, che insomma, dice un po' tutto.
Ora dopo un libro francamente bruttino come Tutto per una ragazza, è tornato a parlare di musica e di appassionati di musica.
E lo sa fare benissimo eh, perché chiunque legga troverà dentro quelle righe un po' (tanto nel mio caso) di se stesso, un po' di chi ci sta a fianco con pazienza e sopportazione, un po' dell'amico che ci masterizza i cd.
E io ho avuto DI NUOVO in certi momenti l'impressione che stesse parlando di me, in una versione aggiornata, da Alta Fedeltà ora si era passati ad un menàge matrimoniale, moglie fondamentalmente convinta di aver sposato un idiota (almeno su certe cose) compresa.
E le dinamiche psicologiche di chi partecipa a quei ritrovi virtuali che conosco bene, lui le sa, le sa benissimo ed affonda il coltello nel burro di una resistenza solo di facciata, di chi nega a se stesso che certe cose ti danno dipendenza e rincoglionimento.
Certo abbiamo tutti il nostro tucker crowe, anche se non è sparito, anzi è ben presente e se metti caso salta un anno c'è gente in astinenza.
Certo nello scrivere chi più (IO IO IO) chi meno cerca una autogratificazione, una celebrazione di “me in quanto fan” quasi più che della persona di cui si è fan, una siringata di autostima e cibo per ego.
Certo avere un tal disco a volte piace più per l'idea in sé, specie se si è i primi, che per il disco stesso.
Da questo punto di vista Hornby colpisce nel segno, durissimo.
Il problema è che la storia fa acqua da tutte le parti, la trama è esilina ed il finale affrettato e deludente.
Hornby adora girare intorno ai personaggi, lo fa benissimo, ma la trama a sto giro è veramente poca cosa, triste e dimessa come la povera Annie, per la quale OVVIAMENTE alla fine fai il tifo, fosse solo per un vago senso di colpa per la tua annie personale.
E duncan ti sta sulle palle perché ti ci rivedi nei momenti peggiori e lo capisci per lo stesso motivo.
Però intorno escimi un racconto un po' più elaborato, sviluppami meglio le situazioni, se no alla fine resta l'idea di aver conosciuto persone tratteggiate molto bene, ma immerse nel nulla.
E come ho detto prima, il finale è impressionante, per frettolosità e superficialità, quando forse proprio dopo l'arrivo di tucker c'era da sviluppare un bel po' di trama.
Peccato eh, il ritratto del perfetto fan di springsteen meritava un contesto più circostanziato.