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martedì 18 ottobre 2011
Derby der Kaiser (Kansas City 1927)
E insomma, dopo quella de sabato, nartra brutta giornata pe Roma.
Peccato eh, perché cor 6 ce stavano un sacco de bei giochi de parole, e pure cor six, a volé esse aziendalisti, ma vabbè.
Se è dai segnali che er tifoso comincia a fasse du conti, de bono, alla vigilia, ce sta poco.
Fori Totti (e già questo ce bastava), c'era solo nantro omo che nella strampalata e variopinta rosa yellowred potesse vantà nei derby un rapporto minuti giocati/devastazione dell'avversario avvicinabile a quello de Dervecchio: la Bambola Assassina. Er poro Fabio Simplicio, colui che c'ha fatto vince du derby giocandone sì e no uno, nonostante le mirabilie der De Bello Orobico, a sto giro nun va manco in panca. Luigi Enrico je preferisce l'ordine e la disciplina de Gago, ma soprattutto er disordine e la caciara della bonanima de Perotta. Per il resto, quando i ragazzi entrano a scallasse sotto la Sud, na vorta dato er bentornato all'olandesone triste, semo a turno tutti convinti de avé visto Lamela. "Quello è Lamela?", "No è José Angel". "Allora è quello!", "No è Pjanic, anzi è Gago, no è Curci".
Quello de Lamela in realtà era un segnale tutto nostro, uno de quelli che te voi convince siano nell'aria anche quando puzza de lacrimogeni. Voi che uno co sto nome, se debutta nella settimana dell'iPhone4s, spinto dar positive touch dell'anima de Steve, nun ce regali na gioia tale da facce scrive sui prossimi striscioni, "essi incazzato, essi impazzito"?. E invece no, Luigi Enrico, omo iPad ante litteram, molla in panca la delicata tecnologia de urtima generazione, affidandose a pischelli più rodati, pischelli con deficit relazionali, cani perennemente arabbiati, e blac block de bianco crinuti.
I più avvezzi a sto tipo de manifestazioni s'avvedono subito dell'infirtrato ner gioioso corteo giallorosso.
Kjaer, ufficialmente schierato per farsi carico der più nero dei pericoli, sotto ar casco arbino e ala ferpa de tatuaggi, è perfettamente riconoscibile. Ma noi c'avemo nprogetto, semo indignati cor monnonfame da sempre ma nun interpretamo l'auruspici, a noi dela scaramanzia e dei presagi nce ne frega gnente, e che se semo vestiti tutti come le urtime cinque vorte è solo na coincidenza.
Anche perché a fronte de tutto ciò, c'è solo na cosa che ce disturba veramente tanto.
E non è la bella perché bella coreografia dela curva opposta fatta de bocca dela verità e postit biancocelesti boni pe indignasse su Repubblica. E non è la presentazione dei giocatori loro che sur tabellone s'avvicendano come nel trailer de distretto de polizia con tanto de ovazione nostra all'incrociar de braccia der sordato Reja.
Forse disturba un quid quel diconondico den coro nostro de urtima generazione, na roba fine e delicata rivolta ala madre der laziale alla quale piace il sesso orale e se je metti ndito raja come un mulo perché je piace piallo ar culo (tanto che dopo averlo cantato in molti che dell'integrazione han fatto virtù, restano perplessi, tipo un signore sentito chiaramente mentre da solo se chiedeva "ma che mi socera è così?").
No, niente de tutto ciò.
La cosa che davvero ci turba è che in campo non v'è più Cipolla.
O mejo, v'è Cipolla, ma proprio quanno mezza Curva s'è ormai imparata a fasse lo chignon, quello se scioje er capello e torna un sudamericano de barrio come tanti. Osvardo osa l'inosabile, rompe la tradizione de tre partite co tre gò e na convocazione oriunda, e cambia acconciatura, che ner carcio moderno è molto più determinante den cambio de ruolo o de scarpini.
Eppure, manco er tempo de mettese a sede che quello segna.
José Angel scenne e infrocia, la palla carambola al limite, triangoleggia de cantera e canton bosniaco e ariva ar fu Cipolla che de stinco sinistro mira e segna, sotto la Nord.
E' gò, vincemo noi, de già.
Quarcuno azzarda un "amo segnato troppo presto", quarcuno risponne "sticazzi", quarcun artro, dopo ormai na decina de minuti e vari sbandamenti azzurrobianchi, riceve da casa er nefasto sms. "Osvaldo ammonito per aver mostrato la maglietta 'V'ho purgato anch'io'".
Pe l’oriundo passà da eroe a cojone ner giro de nessemmesse è nattimo.
Increduli, chiediamo conferma nella speranza non sia vero, perché la fantasia der tifoso, per quanto goliardica o stronza che sia, ha un limite sacro e invalicabile: vietato portasse sfica da soli.
Del resto, quando i più serafici e visionari di noi sostengono che la grandezza di Totti in quanto giocatore e pensatore a cavallo de du secoli che non lo meritavano verrà compresa nella sua grandezza solo nel prossimo secolo ancora, non lo dicono a caso. Se lui non ha mai sbajato i tempi e l'efficacia de na majetta o de nesurtanza (forse il parto der pallone co Perotta ostetrica lasciava mpo a desiderare, ma vabbè, po succede), un motivo ce sarà. E se lui è Totti e tu Osvardo, nun è che poi recuperà tutto co na partita.
Se poi Ercapitano c’ha già messo er suo in conferenza stampa, tu che rechi sulle tue spalle argentine le cicatrici de soli 4 minuti de rivalità stracittadina, accanna! coprite! tira giù che pii freddo!
Però vabbè dai, so peccati de inesperienza, che fai mo, te incazzi cor capocannoniere tuo? No, però te lo guardi come a dì: possino ammaitte, a te e a chi t’ha dato l’uniposca da tessuto.
Anche perchè mentre stai a pensà tutto questo ce manca poco che Perrotta non indovina il colpo de biardo da fori area, segnale incoraggiante che scaccia via per qualche minuto gli inutili cattivi presagi.
E quando poco dopo un contropiede loro che tu già hai visto come il film della vita, quello che va a finì pe forza in porta, viene bloccato no da uno nostro, ma dar profeta che inopinatamente decide de faje muro ar panzer secco prima de passajela, e quello perde il tempo e tira fori, ancor di più pensi, oh, ma nè che tante vorte pure a sto giro ce dice bene. Eh? Voi vede?
Ma er derby è nartalena, e come la fortuna te spigne e tu, regazzino, ti libri nell’aere e ridi giulivo, allo stesso modo non te devi mai scordà che chi te spigne è sì dea, ma è pure bendata, e talvolta mignotta.
E quindi pure er tuo de contropiede, nonostante sia uno dei più belli visti fa alla Roma nell’urtimi dieci anni, finisce du metri fori dalla porta, co Osvardo che, quando sta su quer palo, se non je la tira addosso Borriello a velocità Mach 3, non je piace de segnà. Se va a riposo così, artalenanti ma parzialmente vittoriosi, co un Rosi de meno e un Cassetti de più (sempre perchè a noi non ce ne frega niente dei precedenti) e non prima de avè visto De Rossi prende il primo giallo della storia der carcio pe gamba levata e impatto evitato.
E come ar primo tempo non c’era stato manco er tempo de sedesse che la Cipolla squajata s’era espressa in tutto er suo soffritto, ar secondo, con archimedica precisione, grazie a na spinta uguale e contraria, non c’è er tempo de sedesse che già stamo a tu per tu coi santi tutti, con particolare devozione uguale e contraria verso quelli danesi.
Perchè se proprio c’avete un conto in sospeso co sto fio tatuato e ossigenato, se proprio lo dovete punì che s’è rivenduto su Ebay.dk er martello de Thor, se proprio ce dovete fa annà sur cazzo istantaneamente i fiordi, la monarchia illuminata, i Lego, Amleto, Kierkegaard, Laudrup (che de suo già ce stava ma non tanto come da ieri), er batterista dei Metallica, Viggo Mortensen e Lars Von Trier, lo dovete fa proprio quando da quei pizzi ce sta a passà nomen omen Brocchi?
A quanto pare la risposta è sì, perchè è proprio il simpatico ragazzo con la faccia da gommista mancato a sprofondare sotto i colpi della forza di gravità, quando la lunga mano del reich ormai decaduto je dà na sporverata ala maja azzurobianca e fa harakjaeri. Va da sé che, dato l'omo in questione, a nessuno de noi era venuto in mente che quella situazione de omo solo lanciato a rete potesse rappresentà na situazione de reale pericolo, anzi.
Ma er black bloc ariano è alla sua prima manifestazione, e il perseguimento della purezza della razza pedatoria passa anche attraverso la non sottovalutazione dei brocchi, soprattutto se essendo tali non so manco fotomodelli, cosa che ner carcio d’oggi nun po esse.
La torsione der corpicione der compagno de bancarotta de Vieri è innaturale, fa impressione, dispiace, e in fondo quel cartellino pe simulazione che je sta pe arivà pare già esagerato, che er momento è difficile e gravallo de nurteriore sanzione ce pare ninutile infierire.
E invece è rigore, uno de quelli che se te li danno contro storci la bocca e te guardi intorno a cercà quelli che bestemmiano, ma se non te lo danno a favore te incazzi.
Quindi, bocche storte e silenti, na mano nei capelli e l’altra pronta a cercar chiavi, il tutto mentre Kjaer se ne va e Brocchi esurta come se je fosse appena arivata na telefonata da Platini che je comunica che, pe na serie de impicci burocratici che non te sto a spiegà, er pallone d’oro questanno va a lui, sì sì, proprio a lui che per la sua officina ha scelto Bridgestone.
Er profeta, a forza de profetizzà a ogni derby che vincono loro e segna lui, prima o poi ce deve pià, e stavorta ce pia. Pallone da na parte, sordità dall’artra, uno a uno, ma soprattutto uno in meno pe noi. Quelli che avevano detto “amo segnato troppo presto” furminano quelli che avevano risposto “sticazzi”, quelli che avevano risposto “sticazzi” se li guardano pensando “me sa che so questi ad avé pareggiato troppo presto” .
Luigi Erico core ai ripari, fori er maratoneta calabro, dentro er killer argentino che va a ricomporre la coppia che ha portato morte e saccheggi nei villaggi più sperduti delle Americhe.
Perché avoja a parlà de progetto e de futuro, avoja a parlà de bagget e de ferplei finanziario, ma se er giocatore più forte dei 50 che hai comprato è l’unico che hai preso gratis nonché er più vecchio de tutti, beh, ogni regola ha la sua eccezione, ma questa fa paura tanto quanto lui: Gabriel Heinze, colui che da ora in poi ridefinirà il concetto di diga.
Namico, vedendolo sartà in aria a caccia de na pelota spaurita, dice quello, Heinze, pare come i cani che zompano quanno je tiri na palla sgonfia per aria, che la mozzicano, la bucheno coi denti e nu la mollano più.
L’impresa comincia a denotasse come potenziarmente eroica allorché er laziale se vede vieppiù costretto a vince nderby che perdeva ma che pe quarche strano sortilegio e malgrado tutto, ancora nun riesce a vince. Na contraerea de palle, tiri e cross da fà sembra pacifico er sabato pomeriggio a San Giovanni, vede er laziale che attacca e schiuma e schiumando rimbarza su stinchi ostiensi e pamperi e quanno nun trova lo stinco trova traversa crucca prima e palo francese poi.
Già, er palo francese.
Colui che ad altro nobile palo ha affidato glorie e fama, colui che ar momento dell’acquisto abbiam temuto ce facesse squalificà er campo a vita pe lancio de banane, ululati e cappucci da KKK (non perché noi si sia razzisti, ma solo perché se lo so comprato loro e noi no), dopo na partita de nanonimato così meritevole da facce ripone ogni proposito forzanuovista, decide de fa er gò der secolo, un po’ Van Basten un po’ Piacentini, comunque lontano dal Totti de Genova, comunque un gran tentativo de gò der secolo.
E invece niente. Collo destro volante, palo pieno, mannaggia la miseria, nun se riesce a pià sto gò, se nun perdemo manco oggi chi li sente poi a questi?
La cosa potrebbe assume i connotati dela comica allorché addirittura, nonostante nse capisca come e chi possa mette in pratica er progetto asturiano segnando un gò ormai impossibile pe forze e risorse utili alla causa, ala Roma basta un minimo de pressinghe pe metteje paura, tanto che quasi er gò se lo fanno da soli.
Osvardo suda il sudabile al fine de scolorì la majetta portasfica, Bojan inciampa ma sguscia, Pjanic pare sempre che debba fa quarcosa ma rimanda, Pizarro entra e giravorta da par suo, Gago lancia componenti de arti in ogni dove, Jose Angel dimostra che ar confronto suo Rosi merita tre dottorati de ricerca, Cassetti dimostra che ar confronto de Rosi lui se merita tre ministeri diversi, De Rossi a furia de chiamallo capitan Futuro nse semo accorti che avrà già fatto 100 partite co la fascia ar braccio e a furia de tappà falle pe nun lascià affondà la nave je sè mbiancata la barba.
Il tutto mentre loro attaccano, sbavano, tirano e nce credono che pure a sto giro nun je la stanno pe fa.
E invece je la stanno pe fa.
Dopo aver visto l’orangitudine estendersi in tutta la sua longitudine e negare la gioia der go a Lulic (pronto a iscrivese ar club dei gregari dar go stronzo subito appresso a Behrami e Castroman), quando già se pregusta il “non vincete mai”, quando sei contento perchè stai a vedè er core de sti ragazzi, quando comunque ardilà de loro sei contento de noi, quando vedi che sei sempre più na squadra pure quanno piove merda de traverso e c’hai l’ombrello dei cinesi e se rompe pure Heinze, ecco che se staja la figura che tutti noi, da giugno che se la so comprata, sapevamo che presto o tardi se sarebbe stajata: è il tristo mietitore crucco, col suo cappuccio nero e la sua falce calata a recidere i fiori dell’ennesimo giro de prese per il culo già in rampa de lancio dai nostri cannoni.
Sai quelle poesie che dicono “dieci secondi, cosa sono dieci secondi, chiedilo a...”. Ecco, chiedicelo a noi che so dieci secondi, che da ieri sera lo sapemo mpo mejo. So quelli che mancano a quer cazzo de 47 pe diventà 48 quando il cruMiro vìola lo sciopero biennale della gioia loro, e in piena Zona Kaiserini ce catapulta nella madre de tutte le rosicate a noi.
Cataratte de bile ammuffitta e rabbia implosa se aprono e scolano sule gradinate mentre er poro Edy, finarmente, se leva na soddisfazione, e a uno che sta così sur cazzo ai laziali, anche solo per osmosi inversa, non je se po che esprime un minimo de umana simpatia.
E noi?
E noi niente, amo perso nderby, che ogni tanto succede, all’urtimo minuto, che succede già mpo più spesso. Ma dopo 5 minuti de comprensibile sbandamento, ar triplice parte l’applauso de na curva intera. In precedenza c’era già capitato de perde e batte le mano ai nostri, ma era per amor de progetto e spirito d’avventura. Stavorta no, o mejo, non solo.
L’applauso è tutto pe loro, er diverso da noi.
Se so inaciditi, se so intristiti, se so lagnati, se so applicati, se so impegnati, se so svenati, se so invecchiati, ma ala fine, proprio alla fine, più o meno all’urtimo secondo, in quarche modo ce l’hanno fatta. Davero, ve se lo dice cor core che sanguina in mano, sto peso che ve dovevate toje s’era fatto pesante pe tutti, amici, conoscenti, colleghi e parenti, a prescinde dala fede, per cui bravi. E’ bello vedevve tornà a soride, ed è bello soprattutto vedé che quanno se crede in un progetto, tipo quello de vince nderby, quello prima o poi se realizza.
Detto ciò, perde un derby, da che derby è derby, vordì rosicà.
Perdelo così, vordì entrà de prepotenza nella Hall of fame delle rosicate, co tanto de impronta dei denti sur cemento fresco. Chi fa troppo lo splendido attaccandose alla cinquina che per sempre brucerà sulla guancia cugina, mente sapendo di mentine. Sta a rosicà pure lui, come è normale e sano che sia.
Ma è nattimo rimirasse co terore alo specchio e scoprisse con sorpresa meno devastati der previsto. L'occhiaia è meno carica d’artre volte, er sopracciglio meno inarcato, le rughe sempre quelle, i pasti tuttosommato sanno de quarcosa, e non sembra impossibile fasse na risata random se quarcuno te dice na cazzata. Perchè? Boh, na spiegazione logica nce sta.
Ma l'impressione è che quella che poteva esse la fine den viaggio, oggi pare più che artro nincidente de percorso, cosa che quando metti nsacco de ragazzini a guidà diventa quasi inevitabile. Ma er modo in cui l'hai fatto l'incidente vordì tanto. E allora famo sto Cid, piamose la corpa che ce spetta, ma la machina ce sta, e la benzina pure.
Er traguardo è lontano, er gruppo è vicino.
Du martellate a fin de bene e sta fiancata, invece de brucialla, torna più nova de prima.
giovedì 6 ottobre 2011
Er paggellone daa serie A (di Kansas City 1927)
Ernapoli: il momento di forma è tale che pare che
dovessero fa namichevole col Real Madrid ma Mourinho abbia detto “vabbè
dai, famo pizza e bira, è uguale no?”. A patto che non cambino mezza
squadra e che il Moscardelli de turno non je ricordi la sua politica in
fatto de turnover, questi stanno in stato de grazia e de culo. La
città, come è suo costume, accoglie le gesta dei beniamini con moderata
soddisfazione e garbato distacco, al punto che pe l’anno prossimo è
stato proposto de ritenè miracolo se se scioglie la parucca de Mazzari
invece der sangue de San Gennaro. L’anno scorso, forti del traino
curturale de Benvenuti ar Sud, so stati la squadra simpatia tutto
correre e frizzare che innamorare l’Italia facea. Se continuano a
vince, e se nel vince poi je ce scappano i rigori inesistenti che
capitano a chi sta pe 70 minuti nell’area dell’avversario, a simpatia
der carcio der Sud diventerà più o meno quella de Mastella.
Voto: 9
Aiuve:
“Salve, sono Antonio Conte, e ho in testa un’idea meravigliosa: far
correre i ragazzi proprio come correvamo noi ai tempi miei. E stavolta
le scatole del Voltaren le buttiamo prima del processo”. Insomma, arzi
la mano chi, vedendo Aiuve ciancicà e riciancicà i maturi resti der
Mila, non ha pensato armeno un minuto che quelli siano ricascati
nell’antico vizio de ricorre a quarche pozione magica che un giorno
Zeman denuncerà. Ma siccome a noi ce piace de magnà e beve e non ce
piace de pensà male, limitamose ar fatto che Vuziniz fa nsacco de cose
fiche senza comunque segnà, e che se da noi era triste a Marchisio je fa
dei sorisoni che manco a nonna quando lo annava a prende all’asilo.
Comunque, se pe vince na partita dominata devi ricore a un rimpallo e a
na quaja negli urtimi minuti, due so le cose: o questo è proprio l’anno
tuo perché vinci de culo negli urtimi minuti, o se devi vince de culo
negli urtimi minuti na partita dominata, questo non potrà mai esse
l’anno tuo.
Voto: 8
Alazzio:
se passi più de metà partita a core appresso a Wiston Cerci invece di
aspettarne pazientemente la maturazione come amo fatto noi pe lustri,
rischi la psicosi derby co na giornata d’anticipo contro uno che i derby
sì e no se li è visti dala Montemario. Pe fortuna dei rejani, i
sinisiani so ex tipo De Silvestri, al quale de marcà Hernanes je pare
proprio brutto, e niniezione d’autostima prima der derby nse nega a
nessuno. Se poi er crucco triste è tuo e er tanke coatto è er loro, ala
fine Winston te poteva pure fa perde, ma nun vince sarebbe stato
comunque difficile. Dopo cinque giornate, al rispetto dovuto ad un uomo
integerrimo e atleta di primissimo livello, si iniziano a mescolare
visioni di un futuro ormai imminente che, per un attimo, permettono di
derogare al politically correct, facendo convergere la sponda
giallorossa tutta in un solo possibile commento : “Ma quanto cazzo è
forte Klose, mortaccisua. Ma nun poteva rimané a fa er saltimbanco in
Polonia?”.
Voto: 7
Erpalermo:
de questi nse parla perché pià sur serio quarsiasi cosa Zamparini
sfiori espone chiunque lo facesse al rischio figurademmerda nel giro de
un amen. E però, esauriti i giochi de parole col cognome Mangia, questo
li fa giocà sciorti, allegri e picciotti, ar punto che Ersiena che a
noi ci aveva semischiantato quarche settimana fa, i mangiani se lo
magnano quasi senza masticà (ok, s’era detto basta), e come se non je
bastassero già Miccoli, Pinilla o Hernandez, hanno trovato pure un
israeliano che sa giocà a pallone, che se l’avessimo trovato noi a
quest’ora javremmo già costruito na sinagoga a Trigoria. E de Pastore
se so già quasi scordati. E mentre scrivemo sta cosa se rendemo conto
che noi se semo già scordati de Menez.
Voto: 7.5
Erlecce:
se la star dela compagine allenata dar poro Eusebio è Quadrado, uno
dei pochi venduti dall’Udinese non pe fa sordi ma pe rimané
competitivi, quarcosa non quadra (ok, questa era facile ma ce stava, se
la giocamo qua e non la ripiamo più, promesso).
Va da sé che er
dì che i colori giallorossi loro se incroceranno coi nostri, sarà un
dì in cui i salentini avranno risorto ogni problema, Julio Sergio,
Bertolacci e Corvia faranno de tutto pe ricordacce quanto po esse
stronzo nex, e noi dovremo sudà l’insudabile pe riririvendicasse de
quel che Lecce ce torse all’epeca. Nondimeno, l’impressione è che
tojese sto dente mo, a ste prime giornate de rodaggio, porti felicità a
chiunque, e che er Cajari sia specialista de sta strana specie de
sciacallaggio.
Voto: 4
Ludinese:
de fatto sto campionato così equilibrato de cui tutti cianciano non è
equilibrato manco pe gnente. Ludinese è mpo’ Barca, mpo’ un Manchester a
caso, mpo’ na squadra che de vince spesso e volentieri, armeno pe tre
quarti de campionato, pare stancasse de rado.
Non è ancora
diventata antipatica come na grande, forse perché fa sempre finta de
non esse grande abbastanza, ma so solo le grandi quelle che vincono
facile, non soffrono mai e già che ce stanno fanno esonerà l’allenatore
avversario.
Cominciamo a fasseli sta mpo sur cazzo, che alla fine i colori so quelli, hai visto mai.
Voto: 8
Ercesena:
se non artro hanno mosso la classifica raggiungendo Erbologna ar
fanalino de coda, il che non è poco. Però, na squadra che affida la
sopravvivenza all’estro mondano e inspirato nse sa come de Mutu, è na
squadra che ha deciso de fa na Vita spericolata. Ma a passà dalle star
del Roxy Bar alle stalle de fasse prende per culo su Nonciclopedia, pure
pe er Cesena po esse nattimo, occhio.
Voto: 5
Erparma:
che sia de lezione a tutti sta cosa: basta perde co noi pe poi vince e
convince a quella dopo. Visto che ber parmetto? Visto che ber nano? E
allora venghino siori, datece sti tre punti e poi saranno fiumi de
latte e miele pe voi. Donne! E’ arivata la Roma, ripariamo ogni tipo de
squadra, ar solo costo de na sconfitta la vita ve soriderà. E che è na
sconfitta in confronto all’eternità de ncampionato a venti squadre?
Daje donne, namo che me nvecchio!
Voto: 6,5
Linte:
Ranierry Potter ha già finito la magia? Ma poi sta magia in che
consiste oltre a fa giocà la gente nel ruolo suo e a dije a Zanetti e
Cambiasso “Obbedisco”? Tanti quesiti s’addensano sulla testa der tecnico
de San Babila, che na volta sbracato a Roma, ormai nse tiene più un
cecio e in conferenza stampa evoca qualsiasi tipo de potere oscuro
contro la squadra sua. Da Voldemort a Darth Fener, non c’è signore del
male che non ce l’abbia co loro e che non utilizzi il perfido Rocchi
come terminale del nero disegno. Mo, Rocchi le cappelle le ha fatte, e
pure grosse, e magari è pure vero che je sta sur cazzo Linte, ma forse
non è il caso de cercà motivazioni andando indietro fino alle Cinque
Giornate de Milano, soprattutto perchè tu Ranierry sei lo stesso che
quando c’avevi nantra tuta a S.Siro dicevi che non se poteva giocà a
calcio, e tu Moratti sei lo stesso che mentre non se poteva giocà a
calcio facevi er vago. Insomma, quando c’avete ragione, incazzateve sur
breve periodo, che ce fate più bella figura.
Voto: 3
venerdì 23 settembre 2011
Er batimuro (roma - siena 1-1)
I turni infrasettimanali, è cosa risaputa, er cielo (Sky) l'ha creati pe sovvertì pronostici, arterà bioritmi, interompe serie, scardinà certezze e scassà er cazzo a chi, pe corpa der vecchio adagio per cui ubi maior il resto resta ar cesso, mprogetto de vita che prescinda da Luigi Enrico nun riesce più a abbozzallo, e vedé cari e parenti, a meno che non sia allo sssadio o davanti alla tv, diventa impresa più ardua del recupero de Lamela.
Ecco, partimo da qua, da quella che, ormai se po’ rompe er velo der silenzio, rischia de esse la vera sòla de quest’anno. Sarà corpa dell'under 20 argentina contro cui a luglio se semo ritrovati tutti a tifà (che pe noi fasse novi nemici è ninezia), sarà per corpa der fatto che quelli che non dovevano fa rimpiange assenze se so mossi fin qui come se avessero le caviglie della pora Sora Lella, de sto rigazzo i gufi rumoreggiano già come der novo Van Basten, che prima de fasse rimpiagne era diventato comunque Van Basten. Speramo nsia così, che un progetto innovativo e visionario senza ntocco de Eppol nse po raccontà, ma facessero in fretta. E il prossimo che vole annà in nazionale le caviglie le lascia a Trigoria, strisciasse, se facesse trascinà, volasse, se nventasse quarcosa, a noi non ce interessa.
E' anche co sto cruccio che er tifoso romanista lascia luoghi di lavoro e disoccupazione e nonostante je se fossero liberati già ad agosto un sacco de giovedì, aripia la sciarpa de lana e va. Allo ssadio, forsanche pe corpa der Novara che c'ha fatto capì er valore vero der pareggiotto milanese, semo pochini però boni, visto che in tribuna ce sta er Presidente americano reduce dar turdefors pe campidojo e campi de frumento dove un ber dì er progetto, qualunque cosa sia er progetto quer dì, metterà nove fondamenta.
Ma per Luigi Enrico è ahora quel el pueblo se alza en la lucha, e per luchar pare nse possa fa a meno de Perotta terzino destro de contenimento e de Osvardo centravanti sinistro de ostentamento, con buona pace de Rosi e Cassetti lasciati a casa, de Sisigno, Borini e Bojan in panca, e de tutti noi storditi che un progetto con Perotta l'avevamo effettivamente fatto, ma quanno er muro de Berlino stava ancora in piedi. Sia chiaro, ar pormone calabro nje se po dì gnente, anzi, je se tributa sempre er rispetto dovuto a un grande campione der monnonfame sempre titolare nse sa come pure in Germagna. E tuttavia cotanto titolo non è più da anni ragione sufficiente per schierare Bruno Conti (uno che comunque cor chiticaca e sti ritmi ce potrebbe ancora tornà nsacco utile), nse capisce perché incaponisse così co Perotta snaturarndojene per giunta la già bizzarra natura. Ma tant'è, nonostante a distanza de 5 giorni se sia svalutato più de na banca greca, vogliamo fa comunque affidamento emotivo sul pareggio de Milano, dove la formazione era quella che era: e allora gridiamo sti nomi ar cielo dell'Olimpico, compreso Perrotta terzino, compreso quello de Osvardo, pure se a gridallo te viè da ride, che sembra che stai a fa er tifo pe namico tuo più bello de te che nse sa come sta a giocà co la Roma.
Se comincia e, che se lo dimo a fa, è subito posesiòn, subito preziosa percentuale che lievita, subito trama che diventa più prevedibile de quella den cinepanettone, però senza zinne, culi, rutti e scuregge, quindi più pallosa. Al subentrar della noia er gerarca nazista Simon Kjaer dispensa ordine e disciplina imponendo la ferrea rappresaglia: pe ogni minuto che tengono il pallone loro, lo tenemo dieci minuti noi. E non inganni il fatto che il minuto loro finisce sempre co un tiro e i dieci nostri co na bestemmia.
La speranza, a fine campionato, è che l'antidoping ce renda giustizia. Perché che tu sia Siena o Cagliari, Inter o Bratislava, pe resiste da avversario, e quindi da spettatore pagato ma di fatto poco più partecipe de chi c'ha er telecomanno in mano, alla sfiancante, sfibrante, innocua, mortifera, sterile, oziosa, inane (e co inane amo finito i sinonimi) trama de passaggetti moviolati giallorossi, te devi esse calato svariati eccitanti. E però, forse perché Zeman non è mai preso troppo sur serio quanno parla de farmacie, fin qui hanno retto tutti. E se reggono de solito so cazzi.
Il primo a regge, per fortuna, è il pallavolista mimetico rumeno che de verde vestito genera costantemente l’illusione ottica della porta vuota. Sebbene spiazzato da un attacco de testa e non de schiacciata, egli si oppone a pugno chiuso e corpo dinoccolato. Lo stile è quello che è ma, considerato che è quello de nartro sport, guardiamo solo al risultato, e il risultato è che stamo ancora zero a zero: ma non per molto.
Perchè quando i sospiri de insofferenza so ormai bronchiti asmatiche, quando tutto il resto è ormai noia, quando le palle de 35mila spettatori (donne comprese) so cascate talmente in basso da costituì un serio ostacolo alla deambulazione tra un seggiolino e l’altro, succede l’insuccedibile. Quanno er 16, violando il protocollo der chiticaca, sventaglia pe un finora timidino Jose Angel, e quando il finora timidino se stimidizza pe nattimo e fa il dribbling che gli stessi 35mila de cui sopra je stanno a chiede da mezzora pe poi mettela in mezzo, il battimuro irrompe con tutta la sua carica nostalgica nella Serie A Tim. Perchè quando Borriello raccoglie la palla co no stacco de coscia degno della miglior Heather Parisi e alza lo sguardo, non è un compagno quello che vede appostato sul secondo palo, ma un muretto co na cipolla appoggiata sopra, ed è per questo che non fa un assist, e manco un tiro sbajato, ma indossati i panni dello Scuro, calcola con neutrinica zichichica precisione la traiettoria necessaria al balòn a sbatteje addosso e finì dentro a sta cazzo de porta. Quello, er muro, Osvardo, manco a dillo, nse move, e finalmente, incredibilmente, co l’occhi rossi e le vene cariche, anche noi, quelli che s’erano scordati com’è fatta na rete gonfia, liberati dall’incantesimo possiamo infine strillà “Gòòòòòòòòòòòòò!”. E siamo tarmente contenti e cojonati che tutti reggiamo er gioco allo speaker dell’Olimpico, che invece de quello der marcatore ce dice er nome de battesimo der muretto a secco, e per tre volte rispondiamo ruggendo come micetti inferociti: “Osvardo!”. Un grido liberatorio al quale, passati 10 secondi segue quello nostro de Kansas che profetici urlamo: “Levalo!”. Ma la scucchia che indica la strada a quanto pare funge anche da fonoisolante, e er sospiro der popolo gemente non giunge alle recchie der puntuto treinador, apparentemente impermeabile alle possibili valli di lacrime.
Anzi, tanto è lo sfregio ar buon senso, che er centravanti più forte dei tre schierati fa er terzino e er mediano, quasi dovesse dimostrà a ogni partita che pure se Luigi Enrico sa cità i classici a memoria, resta importante distingue un ramo da na foglia prima che la sua scienza crei l’ignoranza. Er pubblico capisce lo sforzo der Capitano avvolto su un tabellone dopo un recupero degno de Annoni, lo incita, lo applaude, lo osanna come manco dopo un cucchiaio e guardando Luigi Enrico pensa “tu castighi i figli in maniera esemplare, poi dici siamo liberi, nessuno deve giudicare, pigro ce sarai tu e tre quarti dell’Asturia tua!” E comunque se va a riposo in vantaggio, co la paura de dì anche mezza parola, ma co l’intima convinzione che forse, sempre cercando con vigore le chiavi in tasca, è la vorta bona. Ma evidentemente ste chiavi stanno troppo in superficie, e l’unica loro utilità sarà quella de spalancà, di lì a poco, le porte dela difesa nostra.
Quando se rientra nulla muta. Perotta caracolla stanco e leso nelle membra ar punto da chiede er cambio co Sisigno. Boriello invece, pur de non fasse cambià, giocherebbe a battimuro cor Cipolla pe tutta la vita, ma Luigi Enrico è omo senza core e mette dentro uno che core, Nascar Borini. Er problema però, co sto gioco nostro, è che dar momento in cui er giocatore è pronto a entrà a quando poi entra davero, a causa dela posesiòn de cui sopra, passa armeno un quarto d’ora, col risultato de fa morì definitivamente l’infortunato da cambià e de rende inutilizzabile causa sfinimento er sostituto a bordo campo, che quando entra è già a un passo dal chiede er cambio pe crampi. Se poi se considera che l’unico ricordo marchiato a fuoco da Sisigno nella memoria nostra è er tatuaggio der logo der prosciutto de Parma sur collo, c’è poco da stupisse se di lì a poco rimpiangeremo non solo Perotta sciancato, ma financo Rosi (de Cassetti pare irrispettoso pure solo fanne er nome in questo ragionamento).
Col pasar de los minutos la posesiòn aumenta de pari passo all’ossesiòn der tifoso de pià er gò, gò che culo nostro, imprecisione artrui e il reich danese impediscono se materializzi fino a 3 minuti dala fine, allorché Messibrienza se iscrive ar campionato de battimuro, pia er palo e fa carambolà er balòn su tal Vitiello. Costui s’allunga e inevitabilmente insacca, mettendose ultimo dietro El Kabir nell’interminabile coda de coloro che un domani mostreranno ai nipoti le vestigia dell’Olimpico raccontando cor groppo in gola: “o vedi sto posto antico e abbandonato? Qua dentro nonno tuo ha vissuto er giorno più bello della vita sua”.
Rabbia sconforto e scoramento avvorgono l’avvorgente trama de passaggi che sospinti da un pubblico mai così maturo e cojonato provano per inerzia a prende in considerazione la porta altrui. Ma a parte na cipollata de poco fuori misura, null’altro meriterà menzione se non un evento più unico che raro. Più o meno a un minuto dala fine, per accidente del caso la palla giunge ai limiti dell’area sul piede destro de Gago. La palla è lì, monella innanzi a lui, e sembra non aspettarsi altro che Lady divenga Mister, e virilmente vìoli l’altrui pertugio. Il pubblico non crede ai suoi occhi, e invece di urlare ognuno il cazzo che je pare come sempre giustamente avviene, all’unisono, come un sol uomo, con voce tonante e de gigante gridanto “adelante!” pronuncia urlando la stessa identica parola: “
Quando eravamo rigazzini e volevamo er motorino, mamma ce diceva: “sì ma voio vedè almeno a media der sette”. Poi diventava: “sì ma vojo vedè almeno un sette”, che presto si tramutava in un “sì ma almeno te devono promove”, per poi sbracare definitivamente in un “sì ma voio almeno che te impegni”. Ecco, noi amo compresso l’anno scolastico in dù mesi, e pure se stamo pe vortà le spalle definitivamente alla concessionaria, semo ancora disposti a comprajelo sto motorino. Er problema è che mamma, se le cose annavano male, se la piava co noi. Noi invece, come ormai fanno tutti i genitori de nova generazione, se stamo pe accanì quasi solo cor maestro. Siccome la verità sta nel medio, prima de mostrasselo a vicenda, sarebbe er caso de comincià da Parma a dimostrà che la classe, dar bidello ar preside, non fa acqua come sembra. Sennò altro che motorino, quest’anno se lo ponno fa pure tutto a piedi.
lunedì 19 settembre 2011
Adelante con juicio
(io amo quest'uomo, è ufficiale)
(non luis enrique, nè stekelenburg nè tantomeno luSio)
(io amo chi scrive sti resoconti)
So le
8, manca meno de un'ora all'inizio de sta partita che ormai più che un
classico è una stimmata generazionale, quando vengono diramate le
formazioni che vedono schierati Perrotta e Taddei come terzini. "Più che
calcio, postmodernismo", pensano alcuni, "Porca troia", esclamano
altri, "Ma che davero?" chiedono Perrotta e Taddei, "E noi?" se chiedono
Cassetti e Heinze, "me sa che ormai m'hanno sgamato" sussurra Rosi. Ma
tant'è, a noi le cose normali ce fanno ribrezzo, la revoluciòn è pane e
sorpresa, a costo de sorprende pure chi deve scende in campo. E mentre
il Barcellona A segna un gol ogni dieci minuti a qualche migliaio de
chilometri de distanza, la succursale trigorica s'appresta ad affondar
tacchetti nella fanga dell'agriturismo San Siro, co un Kjaer e un Borini
de più e co un Osvaldo sempre lì, quindi, inesorabilmente, co uno de
meno. Er pubblico d’ambedue s’apposta guardingo su spalti e decoder,
l’Inte s'apposta guardinga in attesa, la Roma imposta guardinga er
chiticaca che s'impone da sé, com’è naturale che sia. Anche perchè in
mezzo a sto girotondo mò ce se trova pure Trottolino Pizarro, campione
mondiale de giravolte da fermo e indubbiamente più funzionale al
chiticaca di Brighi e Simplicio.
Ma a Milano cominciare
bene per poi perdere e magari lamentasse dell'arbitro è tanto cassazione
quanto roba da intercettazioni bruciate, grandi vecchi, escort
insaziabili, poteri forti, dejadejadejavu che non muore mai. Quindi lì
per lì ce dà quasi fastidio st'ostinata posesiòn del balòn, sto dominio
immotivato, sta tigna pe recuperà il cuoio appena perso proprio come se
se smaniasse dala voja de dimostrà che poi ce se saprebbe fa qualcosa,
co quer cuoio balòn.
E però stavolta c'è algo de diverso.
Come
madri preoccupate per i figli che fanno il saggio, come padri
orgogliosi dei pischelli che stanno pe dimostrà finalmente a chi so
figli, accompagnamo ogni passaggetto stronzo dei nostri con cenno
assertivo del capo, ogni bruciore de pressing con un “ooo” da fuochi
d'artificio a feragosto. E quando er senso dela famiglia è così forte,
tanto forte agli occhi der monnonfame che pure magnasse na pizza insieme
diventa na notizia, chi tocca i figli se la rischia.
"Apezzodemmmerdassassininfame"
urlamo in coro da un colle all'artro dela città quando Lucio, uno de
cui già avevamo predetto l'inevitabile nella scheda pre partita, uno che
nel nome de Cristo gioca in perenne crociata sui crociati degli
infedeli, se ne frega del sacrale rispetto che si deve ad un portiere in
uscita, e invece de zompà je stampa no scarpino sulla tempia,
battezzandoje la recchia sorda con intervento da otorinolaringoiatria
d'urto. E se è vero che pe fa er portiere devi esse pazzo, se pigli na
scarpata in testa de certo nte miora la situazione. Il guardiano del
tempio, da professionista serio quale solo gli olandesi e i sordi da na
recchia sanno esse, prima de svenì se guarda intorno a cercà sto cazzo
de balòn. Rassicuratosi, s’avvita e muore come un tulipano strappato
alla sua terra.
"E' sempre lui, espurgilo a quer pezzodemmerda, è
sempre lui", urla er tifoso romanista ancora poco avvezzo a quei dettami
der progetto che non voglion proteste neanche se te sacrificano ner
nome deddio. Ma siccome er calcio è scienza inesatta, l'arbitro sancisce
che Lucio ja preso sì la testa ma non je la voleva spaccà, non der
tutto armeno, solo mpochetto, quindi rosso è troppo, famo giallo e nse
ne parli più. E però, a ben vedere, ce stavamo a ricascà. Giocavamo
bene, ancora non perdevamo, ma già se stavamo a lamentà dell'arbitro.
Così non va.
E allora via. Via da vecchi costumi e
lamentele. E via pure dai vecchi pregiudizi verso quel calvo
pallavolista incastonato tra pali e traversa che ha conquistato la
Romania a colpi de baker. Non ne bloccherà una pe tutta la partita,
perché lui è fatto così, portiere anni 70, forse pure 60, brutto a
vedesse (sempre) eppur efficace (random). Il fatto de non falla entrà,
ricordando le sculate gesta de Lupatelli, artra mezza sega calva che
restando inviolata per svariate partite divenne Campione d’Italia, è
amuleto non da poco.
Ma se la palla non entra manco con Lobont,
buona parte der merito va alle divinità nordiche tutte, co un occhio de
riguardo pe Odino che c’ha mannato er fio Thor detto Kjaer in mezzo alla
difesa. “Chi è Kjaer?” ci chiedevamo battezzandolo Loria biondo per
colpa di Youtube. “Kjaer!” rispondiamo guardandolo ligio come un Mexes
senza mestruazioni. “Sì ma chi è Kjaer?” “Kjaer!, rispondiamo mentre
Stek esce in barella e intorno al danese non resta traccia di anglofonia
(che loro hanno i film coi sottotitoli e imparano l’inglese da piccoli e
noi no e i negri c’hanno il ritmo nel sangue). “Chi è che gioca in
prima base?”, cazzeggiamo mentre questo, pur con inguardabile
elastichetto che se vede che i metrosexual so arivati pure tra i freak
di Christiania, chiude, anticipa, pressa e svetta con albina precisione.
“No
pasaran!” si esalta Luigi Enrico dall’iberica panca. “Sì ma leva
Osvardo!” risponde idealmente la grande famiglia giallorossa.
Che
lì davanti qualcosa se move pure, ma è quasi esclusivamente Borini, che
vòi pe l’areodinamica da Formula uno garantita dalla nasca, vòi pe
l’innata tigna, vòi soprattutto perché quando c’hai 19 anni, a meno che
tu non giochi a golf o non te chiami Menez, nello sport se nota, mozzica
ogni pallone e pare pericoloso pure quando non fa un cazzo. Quando poi
er pericolo se concretizza, che soo dimo a fà, Giulio Cesare se riscopre
imperatore dei pali e vola a levà la palla dalla rete e la mano dalla
bocca al mordace pischello.
L’Inte, dar canto suo,
s’affida a Nagatomo, il quale s’affida a Taddei, il quale smadonnando
Luigi Enrico e la dea della duttilità in campo, se chiede: “Ma possibile
che proprio oggi che gioco io se divertono tutti tranne me?”. E il
bello è che a pensacce bene, con l’eccezione di De Rossi che gioca ogni
pallone pensando alla risposta da dà al prossimo de Sky che je chiederà
se ha firmato, de Borini che gioca con la voja de vive tipica der
miracolato e de Kjaer che pare sempre a un niente dall’ordinare ai
sottoposti il passo dell’oca, gli altri non stanno a fa niente di
clamoroso. Totti, addirittura, sbaglia i passaggi proprio come li
sbaglierebbe na punta da 200 gol che se mettesse a fa er centrocampista
tuttofare alla sua età.
Eppure, all’intervallo siamo contenti.
“Se
giocamo così le potemo pure perde tutte” se dimo smozzicando bistecche e
arrosticini come fossimo Carnivori giocatori in crisi de risultati. “Le
potemo pure perde tutte, nce ne frega gnente”, se dimo cor cervello
plagiato dar progetto. “Tutte, tutte”, ribadimo da fondamentalisti
decoubertiniani, mentre i nostri rientrano in campo co la faccia de chi
ormai è convinto che il calcio abbia cambiato regole, preferenze,
strumenti, opzioni, cancella cronologia. Perché la sensazione comune a
tifosi e giocatori è che segnà, tutto sommato, sia un di più. Quel che
conta non è fa gò, ma dà la sensazione de potello fa. E niente più dela
posesiòn del balòn te ce fa crede così tanto. Tirà in porta è roba da
anticaje e petrella, gesto vintage, reperto da rigattiere, mpo
grammofono mpo telefono a gettoni. Er gò. Nostalgia canaglia.
Eppure,
beata anacronistica ignoranza, ce sta uno che er gò lo desidera più de
ogni altra cosa ar monno, precisamente er gò suo nella porta nostra.
Dopo du anni passati a riguardasse su Youtube quello che c’aveva fatto a
no sciagurato derby, lo spettinato ad arte Zarate vorebbe tanto riprovà
quella gioia, mentre la nostra è già a livelli accettabili quando
vediamo che Gasperini, che dio ce lo conservi, lo preferisce a un
Pazzini imbullonato in poltrona.
Maurito L’Oreal guizza e scatta
con ritrovata verve, si danna, s’accentra, si prepara e si coordina,
sfoggiando tutto il suo repertorio di repentini cambi di direzione e
invidiabili parabole arcuate che puntualmente non servono a un cazzo. E
ogni volta che le laziali vedove di Maurito stan per esultare cor ditino
infame pronto sui cellulari e sui profili de Facebook, si ritrovano
come lui: mano nei capelli e sul volto, occhi chiusi per la disperazione
e il troppo gel colato dai capelli al volto, che il sudòr non è mero
fattore liquido, e devi sapello gestì.
Poi esce Pizarro ed
entra Gago; quindi esce Borini ed entra Borriello, ma siccome resta Er
Cipolla, si capisce che er gò non è priorità, e per le ragioni accennate
poco fa, a noi poco ce cambia, anzi.
In compenso la posesiòn non è
più così possessiva e tutto lascia presagire che er destino cinico e
interista se stia pe profilà; dopo na partita gajarda e tosta stamo solo
a cercà de capì quanto grossa, immeritata e dolorosa sarà la beffa.
Ma
a quer punto s’abbatte definitivo sur Meazza il fattore Gasperini, nel
senso che uno che pe vince leva Forlan pe mette Muntari, er dubbio che
er lavoro suo sia in fattoria te lo fa venì. E si rivela inutile anche
il tentativo di eliminare il migliore in campo con colpi che non se
vedevano manco a Guantanamo nell’era Bush, co un De Rossi che, dopo aver
suscitato unanime, trasversale, universale, virile solidarietà, se
rialza sbattendo i tacchi a gridar “La stirpe è salva!”. Allora vordì
che il progetto c’è, che il futuro è assicurato e il passato non fa più
paura, definitivamente, quanno ar minuto 86 er fiordo danese disimpegna
de tacco su Snaidero che a botta sicura ridisimpegna sull’ariano stinco
cor laccetto, o al minuto 90+3, quando Burdisso sbraga sullo Snaidero de
cui sopra e Mazzoleni, in barba ad una tradizione arbitrale sansirina
che ha visto sanzionare molto meno, lascia correre, fino al fischio
finale.

E allora adelante adelante che il destino è
distante ma al volante c'è un uomo ai margini della cui scucchia un
soriso finalmente s’affaccia a pronunciar la via, verso l’ignota
dimensione spaziotemporale dove, a costo de perde sto balòn per qualche
secondo, qualcuno farà gò.
martedì 13 settembre 2011
A un nada dalla remuntada
Esilarante resoconto di Roma - Cagliari 1-2 da parte di un tifoso romanista, segnalatami dall'amico Fausto.
Onore e gloria a cotanto maestro.
"Er tifoso romanista dei tifosi è sempre er più", cantava Lando Sinatra, e con tutto il rispetto per l'opera vendittiana che er core mezzo giallo e mezzo rosso pompar ci fa, poche frasi ce se appicciccano addosso come quella. Er più cosa non è fondamentale saperlo, qualsiasi aggettivo va bene, fate voi, ma quando a 50 gradi all'ombra e con una fresca eliminazione dall'Uefa sul groppone è sbucato Stekelenburg per scaldare braccia che poco je sarebbero servite, er boato der tifoso romanista s'è arzato, er peggio era alle spalle, la revoluciòm repartiva, er tifoso romanista, davero, de novo, una vez mas, se sentiva più er più che nunca.
Onore e gloria a cotanto maestro.
"Er tifoso romanista dei tifosi è sempre er più", cantava Lando Sinatra, e con tutto il rispetto per l'opera vendittiana che er core mezzo giallo e mezzo rosso pompar ci fa, poche frasi ce se appicciccano addosso come quella. Er più cosa non è fondamentale saperlo, qualsiasi aggettivo va bene, fate voi, ma quando a 50 gradi all'ombra e con una fresca eliminazione dall'Uefa sul groppone è sbucato Stekelenburg per scaldare braccia che poco je sarebbero servite, er boato der tifoso romanista s'è arzato, er peggio era alle spalle, la revoluciòm repartiva, er tifoso romanista, davero, de novo, una vez mas, se sentiva più er più che nunca.
Che poi l'asturiano a sto giro aveva fatto lo
strano nei limiti, consapevole del fatto che a sto tifoso, ora come ora,
basta che je metti er capitano in campo, poi coll'artri facesse il
cazzo che je pare, tanto nun conoscemo nessuno, pe noi è uguale. Anche
perché mo come mo annà a vedé la Roma, te dà la sensazione de essete
imbucato alla festa tua, de girà pei corridoi de casa tua senza
riconosce nessuno, e a vedelli che entrano e se scaldano è cosa che
emoziona e stranisce, soprattutto quando capisci che quello ingobbito e
sgraziato non po esse Gago, ma è ancora, inevitabilmente, impermeabile
ad ogni rivoluzione, la bonanima de Simone Perrotta.
Ma va bene così, è il futuro che entra in
casa, è la new economy, so gli spread che volano, e poi De Rossi ce sta
ancora, nse sa pe quanto e a quanto, ma oggi gioca e tanto ce basta.
Certo, Luigi Enrico se se po complicà le cose o fa, non è tipo che tira
indietro la scucchia, motivo per cui na maja pe Rosi, uno che da 3 anni
ogni volta che esce dar campo pensa che sia l'ultima che gioca co la
Roma, nse sa come né perché, se rimedia sempre.
La partita inizia e la trama della tenzone è
chiara: Cajari in 11 a proteggere la porta, Roma in 11 a guardare il
Cajari che in 11 protegge la porta. Dalla prima mezz'ora si evince che:
- Pjanic è buon giocatore e gran paraculo. Non c'è passaggio del giovin
slavo che non abbia Totti come destinatario, di petto, di tacco, no look
no sense, sempre e comunque a Totti, che lui Totti conosce e je
piacerebbe tanto diventare il nuovo Candela (colui che col capitano
aveva un rapporto calcistico da Europride).
- Er Cipolla nse move. Il primo sms che ariva dice "Osvardo è mobile
come Adriano", ove "mobile" non è inteso come aggettivo ma come libreria
Expedit de Ikea Ecco, no, ancora no, non siamo a quei livelli. Er
Cipolla nse move ma lo fa in maniera intelligente, che po sembrà strano
ma invece un senso ce l'ha. Lui se fa pure trovà libero, poi però
intruppa, scivola, credendo lui per primo che ce sia sempre quarcuno a
tiraje i capelli impedendone i movimenti. Però è molto bello. Anche se
il secondo sms che ariva dice: "Osvardo è na pippa". E vabbè.
- Heinze, ecco Heinze, non ha nessuna movenza del calciatore, ma neanche
del calciatore rozzo e scarso, niente. Si muove male sempre, anche
quando cammina, anche quando saluta, passi brevi, scattosi, improvvisi, e
capello tanto antico da meritargli almeno un completo anni 70 a parte,
con calzoncino inguinale e lacci sul collo. E però, Heinze è anche
l'uomo che ogni volta che vede un altro uomo con la palla al piede, vede
passarsi davanti tutta la propria vita fatta di fame, sete, sofferenza,
ingiustizie, guerra e soprusi (dev'essere andata così, per forza),
ragion per cui quella insaziabile voglia di sangue ritorna sempre, più
forte che mai.
- Bojan è l'unico calciatore di serie A che non tocca mai la palla, il
che può sembrare semplice, a volerlo, ma in un rettagolo di gioco, anche
stando fermi, prima o poi succede che quel cuoio fastidioso ti sbatta
addosso. A lui no. Fosse palla avvelenata, sarebbe il più forte. Il
Macaulay culkin de Trigoria è a dir poco spaesato, e inizia a radicarsi
il sospetto che Bojan l'aereo l'abbia perso veramente, e noi se stamo a
incarognì su un sosia. Chiunque sia, per lui se prevedono tempi de
ambientamento pari a quelli dell'essere umano sul pianeta Terra. Per ora
stiamo ancora allo stadio invertebrati.
- Rosi è l'unico calciatore di serie A trattato dal proprio pubblico non come una sega ma come un imbecille.
Da un nostro compagno di spalti arrivano le due frasi che meglio
sintetizzano i primi 45 minuti: "me sto a divertì come a na
dimostrazione dela Folletto", seguita da "l'unico brivido ce l'ho avuto
quanno er bibbitaro non me stava a dà e resto".
E tant'è.
Il secondo tempo però, è tutt'altra
storia.Il chtiicaca pare ingranare ad una velocità utile a far sì che
ogni tanto s'arrivi in porta, sempre e comunque senza segnare. Il
possesso palla poi non ne parliamo, sale sale e non fa male, ma financo
Rosi, per qualche minuto, pare utile alla causa. L'Olimpico ulula e
striglia e quando Luigi Enrico leva Bojan pe mette Borriello di colpo
diventiamo tutti asturiani, ogni polemica slovacca se spegne, anche
perché Totti serve Borriello e un miracolo del portiere Azzaro ce
strozza l'urlo in gola (scusate, st'immagine dell'urlo in gola strozzato
me piaceva e la volevo usà, fa molto Ds). Insomma, vince diventa
questione de minuti.Sì ma quanti? E soprattutto, pe chi?
Più o meno due, quelli che servono al migliore
in campo fin lì, tal José Angel da Twitter (dove scrive na cifra) a fa
due cazzate che manco Rosi ha condensato mai in così poco tempo.
Ci sono pochi mantra che dalla scuola calcio in poi tutti gli allenatore
ripetono ai propri ragazzi. Uno di questi è: quando si rinvia la palla,
mai al centro dell'area. Se poi al centro dell'area ce sta uno che ce
odia manco fosse er fio de Chinaja, ecco, invece de rinvià al centro
dell'area girate e tira direttamente sotto l'incrocio che fai prima, hai
visto mai te sbagli e pigli la traversa. E' stato così, che quando
s'eravamo scordati da dove venivamo e de chi eravamo figli, er fio
ingrato ha ciabattato de stinco interno, stek s'è fatto nano e a palla è
annata in buca.V per Vendetta ha esultato co la solita sobrietà e
pacatezza, con quel riserbo e quella cortesia tipici de chi te sta pe
piscià addosso dopo avette ammazzato de botte e buttato privo de sensi
un fosso. Perchè Daniele non se l'è solo legata ar dito, s'è proprio
fatto impiantà chirurgicamente una fune nella falange.E ancora una volta
toccava fa la remuntada, l'ennesima.
José Angel da Twitter però è tipo che nse
rassegna, e coll'ardore dei più giovani e dei più tonti s'è catapultato
all'attacco, è entrato in area palla ar piede pe poi strascinallo alla
ricerca de un rigore che non arivava e de un difensore che si bullava,
graffiandolo a morte. Tanto è bastato a ricordacce che un giorno, hai
visto mai uscissimo dalle secche de sta crisetta da età dello sviluppo,
hai visto mai mandassimo a memoria il chiticaca e riuscissimo a
somigliare al Barcellona B, insomma, quel giorno, comunque, un arbitro a
cacacce er cazzo lo troveremo. Ma tanti e tali sono ora i problemi, che
pure quell'espulsione non ci ha indignato più de tanto. Sticazzi.
Calcio totale, remuntamo in 10.
A quer punto il chiticaca diventa caciara, er Capitano tira, Azzaro pare
che para, comunque c'ha culo e a Osvardo je basta costringe navversario
a svirgolà la palla pe mettese a aizzà er pubblico. "Pensa quanno segna
che fa questo", se semo detti senza sperallo più de tanto.E quanno
entra Borini, dicasi Borini, uno che fino a du giorni fa non l'avremmo
trovato manco su Facebook, l'Olimpico esplode, e quello, pe
riconoscenza, siccome è giovane e educato, alla prima palla che tocca fa
gò, che viene annullato solo perché Heinze, senza avversari da
disossare, aveva na frezza bionda in fuorigioco. Sai quelle cose belle
che agli altri succedono sempre, tipo uno entra e segna? Tipo uno
sconosciuto mai sentito mai visto prima mai coperto entra e segna? A noi
mai, agli altri quasi sempre.
Ar Cajari, per esempio. El Kabir Bedi, per esempio. Che entra al minuto 86, e al minuto 90 pia la palla, tira, segna. Che ce vo.
E poi Totti ha tirato e De Rossi ha segnato. E solo a noi poi capità de
segnà e vedé esultà gli altri. E solo a noi po capità de annà via dallo
stadio chiedendoci: ma amo perso 2 a 0 o 2 a 1? No perché pare niente,
ma invece è tutto. Se amo perso 2-1, non tutto è perduto. Da
quell'inutile puntata de De Rossi se po ripartì. Da quel tardivo,
inutile, beffardo, antico segnale de risveglio se po attinge speranza.
E pazienza se in tre partite amo fatto du go, e
pazienza se a falli so stati Perrotta e De Rossi col contributo der
Capitano, i novi ariveranno, prima o poi, pure loro, a dacce na mano.
E tanto l'amo capito che alla fine jamo fatto
l'applauso, a quer paraculo lecchino de Pjanic che è venuto da solo
verso la Sud, ma pure all'artri.
Perché la posesiòn del balòn è concetto
pedagogico, materia nova e ostile. Stamo tutti a scola come fosse er
primo giorno e non sarà un brutto voto preso mo a facce sartà
l'anno.Tocca solo capì se semo ragazzi intelligenti che non se applicano
o ragazzi tonti che se applicano.
Comunque semo i più.
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