martedì 18 ottobre 2011

Derby der Kaiser (Kansas City 1927)



E insomma, dopo quella de sabato, nartra brutta giornata pe Roma.
Peccato eh, perché cor 6 ce stavano un sacco de bei giochi de parole, e pure cor six, a volé esse aziendalisti, ma vabbè.
Se è dai segnali che er tifoso comincia a fasse du conti, de bono, alla vigilia, ce sta poco.
Fori Totti (e già questo ce bastava), c'era solo nantro omo che nella strampalata e variopinta rosa yellowred potesse vantà nei derby un rapporto minuti giocati/devastazione dell'avversario avvicinabile a quello de Dervecchio: la Bambola Assassina. Er poro Fabio Simplicio, colui che c'ha fatto vince du derby giocandone sì e no uno, nonostante le mirabilie der De Bello Orobico, a sto giro nun va manco in panca. Luigi Enrico je preferisce l'ordine e la disciplina de Gago, ma soprattutto er disordine e la caciara della bonanima de Perotta. Per il resto, quando i ragazzi entrano a scallasse sotto la Sud, na vorta dato er bentornato all'olandesone triste, semo a turno tutti convinti de avé visto Lamela. "Quello è Lamela?", "No è José Angel". "Allora è quello!", "No è Pjanic, anzi è Gago, no è Curci".
Quello de Lamela in realtà era un segnale tutto nostro, uno de quelli che te voi convince siano nell'aria anche quando puzza de lacrimogeni. Voi che uno co sto nome, se debutta nella settimana dell'iPhone4s, spinto dar positive touch dell'anima de Steve, nun ce regali na gioia tale da facce scrive sui prossimi striscioni, "essi incazzato, essi impazzito"?. E invece no, Luigi Enrico, omo iPad ante litteram, molla in panca la delicata tecnologia de urtima generazione, affidandose a pischelli più rodati, pischelli con deficit relazionali, cani perennemente arabbiati, e blac block de bianco crinuti.

I più avvezzi a sto tipo de manifestazioni s'avvedono subito dell'infirtrato ner gioioso corteo giallorosso.
Kjaer, ufficialmente schierato per farsi carico der più nero dei pericoli, sotto ar casco arbino e ala ferpa de tatuaggi, è perfettamente riconoscibile. Ma noi c'avemo nprogetto, semo indignati cor monnonfame da sempre ma nun interpretamo l'auruspici, a noi dela scaramanzia e dei presagi nce ne frega gnente, e che se semo vestiti tutti come le urtime cinque vorte è solo na coincidenza.
Anche perché a fronte de tutto ciò, c'è solo na cosa che ce disturba veramente tanto.
E non è la bella perché bella coreografia dela curva opposta fatta de bocca dela verità e postit biancocelesti boni pe indignasse su Repubblica. E non è la presentazione dei giocatori loro che sur tabellone s'avvicendano come nel trailer de distretto de polizia con tanto de ovazione nostra all'incrociar de braccia der sordato Reja.
Forse disturba un quid quel diconondico den coro nostro de urtima generazione, na roba fine e delicata rivolta ala madre der laziale alla quale piace il sesso orale e se je metti ndito raja come un mulo perché je piace piallo ar culo (tanto che dopo averlo cantato in molti che dell'integrazione han fatto virtù, restano perplessi, tipo un signore sentito chiaramente mentre da solo se chiedeva "ma che mi socera è così?").
No, niente de tutto ciò.
La cosa che davvero ci turba è che in campo non v'è più Cipolla.

O mejo, v'è Cipolla, ma proprio quanno mezza Curva s'è ormai imparata a fasse lo chignon, quello se scioje er capello e torna un sudamericano de barrio come tanti. Osvardo osa l'inosabile, rompe la tradizione de tre partite co tre gò e na convocazione oriunda, e cambia acconciatura, che ner carcio moderno è molto più determinante den cambio de ruolo o de scarpini.
Eppure, manco er tempo de mettese a sede che quello segna.
José Angel scenne e infrocia, la palla carambola al limite, triangoleggia de cantera e canton bosniaco e ariva ar fu Cipolla che de stinco sinistro mira e segna, sotto la Nord.
E' gò, vincemo noi, de già.
Quarcuno azzarda un "amo segnato troppo presto", quarcuno risponne "sticazzi", quarcun artro, dopo ormai na decina de minuti e vari sbandamenti azzurrobianchi, riceve da casa er nefasto sms. "Osvaldo ammonito per aver mostrato la maglietta 'V'ho purgato anch'io'".
Pe l’oriundo passà da eroe a cojone ner giro de nessemmesse è nattimo.
Increduli, chiediamo conferma nella speranza non sia vero, perché la fantasia der tifoso, per quanto goliardica o stronza che sia, ha un limite sacro e invalicabile: vietato portasse sfica da soli.
Del resto, quando i più serafici e visionari di noi sostengono che la grandezza di Totti in quanto giocatore e pensatore a cavallo de du secoli che non lo meritavano verrà compresa nella sua grandezza solo nel prossimo secolo ancora, non lo dicono a caso. Se lui non ha mai sbajato i tempi e l'efficacia de na majetta o de nesurtanza (forse il parto der pallone co Perotta ostetrica lasciava mpo a desiderare, ma vabbè, po succede), un motivo ce sarà. E se lui è Totti e tu Osvardo, nun è che poi recuperà tutto co na partita.
Se poi Ercapitano c’ha già messo er suo in conferenza stampa, tu che rechi sulle tue spalle argentine le cicatrici de soli 4 minuti de rivalità stracittadina, accanna! coprite! tira giù che pii freddo!

Però vabbè dai, so peccati de inesperienza, che fai mo, te incazzi cor capocannoniere tuo? No, però te lo guardi come a dì: possino ammaitte, a te e a chi t’ha dato l’uniposca da tessuto.
Anche perchè mentre stai a pensà tutto questo ce manca poco che Perrotta non indovina il colpo de biardo da fori area, segnale incoraggiante che scaccia via per qualche minuto gli inutili cattivi presagi.
E quando poco dopo un contropiede loro che tu già hai visto come il film della vita, quello che va a finì pe forza in porta, viene bloccato no da uno nostro, ma dar profeta che inopinatamente decide de faje muro ar panzer secco prima de passajela, e quello perde il tempo e tira fori, ancor di più pensi, oh, ma nè che tante vorte pure a sto giro ce dice bene. Eh? Voi vede?
Ma er derby è nartalena, e come la fortuna te spigne e tu, regazzino, ti libri nell’aere e ridi giulivo, allo stesso modo non te devi mai scordà che chi te spigne è sì dea, ma è pure bendata, e talvolta mignotta.
E quindi pure er tuo de contropiede, nonostante sia uno dei più belli visti fa alla Roma nell’urtimi dieci anni, finisce du metri fori dalla porta, co Osvardo che, quando sta su quer palo, se non je la tira addosso Borriello a velocità Mach 3, non je piace de segnà. Se va a riposo così, artalenanti ma parzialmente vittoriosi, co un Rosi de meno e un Cassetti de più (sempre perchè a noi non ce ne frega niente dei precedenti) e non prima de avè visto De Rossi prende il primo giallo della storia der carcio pe gamba levata e impatto evitato.

E come ar primo tempo non c’era stato manco er tempo de sedesse che la Cipolla squajata s’era espressa in tutto er suo soffritto, ar secondo, con archimedica precisione, grazie a na spinta uguale e contraria, non c’è er tempo de sedesse che già stamo a tu per tu coi santi tutti, con particolare devozione uguale e contraria verso quelli danesi.
Perchè se proprio c’avete un conto in sospeso co sto fio tatuato e ossigenato, se proprio lo dovete punì che s’è rivenduto su Ebay.dk er martello de Thor, se proprio ce dovete fa annà sur cazzo istantaneamente i fiordi, la monarchia illuminata, i Lego, Amleto, Kierkegaard, Laudrup (che de suo già ce stava ma non tanto come da ieri), er batterista dei Metallica, Viggo Mortensen e Lars Von Trier, lo dovete fa proprio quando da quei pizzi ce sta a passà nomen omen Brocchi?
A quanto pare la risposta è sì, perchè è proprio il simpatico ragazzo con la faccia da gommista mancato a sprofondare sotto i colpi della forza di gravità, quando la lunga mano del reich ormai decaduto je dà na sporverata ala maja azzurobianca e fa harakjaeri. Va da sé che, dato l'omo in questione, a nessuno de noi era venuto in mente che quella situazione de omo solo lanciato a rete potesse rappresentà na situazione de reale pericolo, anzi.

Ma er black bloc ariano è alla sua prima manifestazione, e il perseguimento della purezza della razza pedatoria passa anche attraverso la non sottovalutazione dei brocchi, soprattutto se essendo tali non so manco fotomodelli, cosa che ner carcio d’oggi nun po esse.
La torsione der corpicione der compagno de bancarotta de Vieri è innaturale, fa impressione, dispiace, e in fondo quel cartellino pe simulazione che je sta pe arivà pare già esagerato, che er momento è difficile e gravallo de nurteriore sanzione ce pare ninutile infierire.
E invece è rigore, uno de quelli che se te li danno contro storci la bocca e te guardi intorno a cercà quelli che bestemmiano, ma se non te lo danno a favore te incazzi.
Quindi, bocche storte e silenti, na mano nei capelli e l’altra pronta a cercar chiavi, il tutto mentre Kjaer se ne va e Brocchi esurta come se je fosse appena arivata na telefonata da Platini che je comunica che, pe na serie de impicci burocratici che non te sto a spiegà, er pallone d’oro questanno va a lui, sì sì, proprio a lui che per la sua officina ha scelto Bridgestone.
Er profeta, a forza de profetizzà a ogni derby che vincono loro e segna lui, prima o poi ce deve pià, e stavorta ce pia. Pallone da na parte, sordità dall’artra, uno a uno, ma soprattutto uno in meno pe noi. Quelli che avevano detto “amo segnato troppo presto” furminano quelli che avevano risposto “sticazzi”, quelli che avevano risposto “sticazzi” se li guardano pensando “me sa che so questi ad avé pareggiato troppo presto” .

Luigi Erico core ai ripari, fori er maratoneta calabro, dentro er killer argentino che va a ricomporre la coppia che ha portato morte e saccheggi nei villaggi più sperduti delle Americhe.
Perché avoja a parlà de progetto e de futuro, avoja a parlà de bagget e de ferplei finanziario, ma se er giocatore più forte dei 50 che hai comprato è l’unico che hai preso gratis nonché er più vecchio de tutti, beh, ogni regola ha la sua eccezione, ma questa fa paura tanto quanto lui: Gabriel Heinze, colui che da ora in poi ridefinirà il concetto di diga.
Namico, vedendolo sartà in aria a caccia de na pelota spaurita, dice quello, Heinze, pare come i cani che zompano quanno je tiri na palla sgonfia per aria, che la mozzicano, la bucheno coi denti e nu la mollano più.
L’impresa comincia a denotasse come potenziarmente eroica allorché er laziale se vede vieppiù costretto a vince nderby che perdeva ma che pe quarche strano sortilegio e malgrado tutto, ancora nun riesce a vince. Na contraerea de palle, tiri e cross da fà sembra pacifico er sabato pomeriggio a San Giovanni, vede er laziale che attacca e schiuma e schiumando rimbarza su stinchi ostiensi e pamperi e quanno nun trova lo stinco trova traversa crucca prima e palo francese poi.

Già, er palo francese.
Colui che ad altro nobile palo ha affidato glorie e fama, colui che ar momento dell’acquisto abbiam temuto ce facesse squalificà er campo a vita pe lancio de banane, ululati e cappucci da KKK (non perché noi si sia razzisti, ma solo perché se lo so comprato loro e noi no), dopo na partita de nanonimato così meritevole da facce ripone ogni proposito forzanuovista, decide de fa er gò der secolo, un po’ Van Basten un po’ Piacentini, comunque lontano dal Totti de Genova, comunque un gran tentativo de gò der secolo.
E invece niente. Collo destro volante, palo pieno, mannaggia la miseria, nun se riesce a pià sto gò, se nun perdemo manco oggi chi li sente poi a questi?
La cosa potrebbe assume i connotati dela comica allorché addirittura, nonostante nse capisca come e chi possa mette in pratica er progetto asturiano segnando un gò ormai impossibile pe forze e risorse utili alla causa, ala Roma basta un minimo de pressinghe pe metteje paura, tanto che quasi er gò se lo fanno da soli.
Osvardo suda il sudabile al fine de scolorì la majetta portasfica, Bojan inciampa ma sguscia, Pjanic pare sempre che debba fa quarcosa ma rimanda, Pizarro entra e giravorta da par suo, Gago lancia componenti de arti in ogni dove, Jose Angel dimostra che ar confronto suo Rosi merita tre dottorati de ricerca, Cassetti dimostra che ar confronto de Rosi lui se merita tre ministeri diversi, De Rossi a furia de chiamallo capitan Futuro nse semo accorti che avrà già fatto 100 partite co la fascia ar braccio e a furia de tappà falle pe nun lascià affondà la nave je sè mbiancata la barba.
Il tutto mentre loro attaccano, sbavano, tirano e nce credono che pure a sto giro nun je la stanno pe fa.
E invece je la stanno pe fa.

Dopo aver visto l’orangitudine estendersi in tutta la sua longitudine e negare la gioia der go a Lulic (pronto a iscrivese ar club dei gregari dar go stronzo subito appresso a Behrami e Castroman), quando già se pregusta il “non vincete mai”, quando sei contento perchè stai a vedè er core de sti ragazzi, quando comunque ardilà de loro sei contento de noi, quando vedi che sei sempre più na squadra pure quanno piove merda de traverso e c’hai l’ombrello dei cinesi e se rompe pure Heinze, ecco che se staja la figura che tutti noi, da giugno che se la so comprata, sapevamo che presto o tardi se sarebbe stajata: è il tristo mietitore crucco, col suo cappuccio nero e la sua falce calata a recidere i fiori dell’ennesimo giro de prese per il culo già in rampa de lancio dai nostri cannoni.
Sai quelle poesie che dicono “dieci secondi, cosa sono dieci secondi, chiedilo a...”. Ecco, chiedicelo a noi che so dieci secondi, che da ieri sera lo sapemo mpo mejo. So quelli che mancano a quer cazzo de 47 pe diventà 48 quando il cruMiro vìola lo sciopero biennale della gioia loro, e in piena Zona Kaiserini ce catapulta nella madre de tutte le rosicate a noi.
Cataratte de bile ammuffitta e rabbia implosa se aprono e scolano sule gradinate mentre er poro Edy, finarmente, se leva na soddisfazione, e a uno che sta così sur cazzo ai laziali, anche solo per osmosi inversa, non je se po che esprime un minimo de umana simpatia.

E noi?
E noi niente, amo perso nderby, che ogni tanto succede, all’urtimo minuto, che succede già mpo più spesso. Ma dopo 5 minuti de comprensibile sbandamento, ar triplice parte l’applauso de na curva intera. In precedenza c’era già capitato de perde e batte le mano ai nostri, ma era per amor de progetto e spirito d’avventura. Stavorta no, o mejo, non solo.
L’applauso è tutto pe loro, er diverso da noi.
Se so inaciditi, se so intristiti, se so lagnati, se so applicati, se so impegnati, se so svenati, se so invecchiati, ma ala fine, proprio alla fine, più o meno all’urtimo secondo, in quarche modo ce l’hanno fatta. Davero, ve se lo dice cor core che sanguina in mano, sto peso che ve dovevate toje s’era fatto pesante pe tutti, amici, conoscenti, colleghi e parenti, a prescinde dala fede, per cui bravi. E’ bello vedevve tornà a soride, ed è bello soprattutto vedé che quanno se crede in un progetto, tipo quello de vince nderby, quello prima o poi se realizza.
Detto ciò, perde un derby, da che derby è derby, vordì rosicà.
Perdelo così, vordì entrà de prepotenza nella Hall of fame delle rosicate, co tanto de impronta dei denti sur cemento fresco. Chi fa troppo lo splendido attaccandose alla cinquina che per sempre brucerà sulla guancia cugina, mente sapendo di mentine. Sta a rosicà pure lui, come è normale e sano che sia.
Ma è nattimo rimirasse co terore alo specchio e scoprisse con sorpresa meno devastati der previsto. L'occhiaia è meno carica d’artre volte, er sopracciglio meno inarcato, le rughe sempre quelle, i pasti tuttosommato sanno de quarcosa, e non sembra impossibile fasse na risata random se quarcuno te dice na cazzata. Perchè? Boh, na spiegazione logica nce sta.
Ma l'impressione è che quella che poteva esse la fine den viaggio, oggi pare più che artro nincidente de percorso, cosa che quando metti nsacco de ragazzini a guidà diventa quasi inevitabile. Ma er modo in cui l'hai fatto l'incidente vordì tanto. E allora famo sto Cid, piamose la corpa che ce spetta, ma la machina ce sta, e la benzina pure.
Er traguardo è lontano, er gruppo è vicino.
Du martellate a fin de bene e sta fiancata, invece de brucialla, torna più nova de prima.

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