mercoledì 9 ottobre 2019

Imagine ha rotto il cazzo!


Visto che oggi ricorre il compleanno di John Lennon, ho deciso che i tempi fossero maturi per affrontare questo problema.

IMAGINE HA ROTTO IL CAZZO!

ma non tanto Imagine in quanto canzone, no, ma soprattutto, definitivamente, implacabilmente, inesorabilmente, inequivocabilmente come santino, come canto da intonare tenendosi per mano, socchiudendo gli occhi, magari indossando buffi cappelli sudamericani e ondeggiando tipo albero di Natale della Coca Cola.

Imagine non è QUEL tipo di canzone, CAZZO! MA BASTA!

Basta cantarla alle veglie di Natale, agli spettacoli scolastici, ai saggi di fine anno!

Imagine è una canzone pacifista, certo, ma soprattutto a metà strada tra anarchia e comunismo e Gianni Morandi l'ha cantata davanti al Papa!! Quel pover'uomo di Woytila già non era più tanto in bolla, ma dopo sta botta non si è più ripreso!


Non è questione di bello o brutto eh, per carità, Lennon ha fatto un capolavoro e la sua versione al pianoforte, immerso nel bianco ovattato sicuramente ha contribuito al fraintendimento generale, ma è ora che qualcuno lo dica, questa NON è una preghiera o un rito hippie, è un atto di accusa fortissimo e a suo modo violento contro chi, a detta del suo autore, impedisce il raggiungimento della pace.

Immaginate non ci sia nessun paradiso
È facile se ci provate
Nessun inferno sotto di noi
Sopra di noi solo il cielo

NESSUN PARADISO!! Ehi, pss, GIANNIMORANDI, hai appena cantato davanti al Boss del Cristianesimo che non dovrebbe esserci il Paradiso e di conseguenza nemmeno l'inferno e anche per colpa tua decine di bimbetti ignari lo hanno cantato davanti a mamme, papà, nonni, zii, tutti commossi e trasudanti amore, che non sanno una parola di inglese e pensavano che i loro pargoletti stessero cantando Dario Baldan Bembo in inglese!

Immaginate non si siano paesi
Non è difficile farlo
Niente per cui uccidere o morire
E anche nessuna religione

Nessun paese!!! Nessun governo quindi, nessuna legge!!! Si chiama anarchia e merita rispetto, ma porca la vostra puttana, siete sempre convinti che all'oratorio da Don Caminetto non si poteva scegliere altro per la sera del 24 dicembre? No, perchè dice pure NESSUNA RELIGIONE eh, NO RELIGION TOO, questo era facile da capire anche se non siete abbonati a Speak Up!

Immaginate non ci siano proprietà
Mi domando se ci riuscite
Nessun necessità di avidità o fame
Una fratellanza tra gli uomini

E dopo l'anarchia e l'ateismo, cosa manca per la perfetta canzone di Natale? IL COMUNISMO!! nessuna proprietà, via, tutto statale, altro che mercati, borse, nessun regalo di Natale, via così!.

John Lennon qualche guaio con la giustizia americana lo ha passato per le sue idee, tra cui appunto quelle di cui canta nell'inno di tutti i chierichetti, non si poteva approfondire un po' il discorso?


È giunto il momento di svelare questo terribile segreto, non solo John Lennon aveva ragione quando disse che i Beatles erano (all'epoca) più famosi di Gesù (famosi eh, non più bravi, magari più intonati, però famosi non vuol dire migliori, ma tant'è), ma soprattutto non scrisse Imagine pensando ad una Messa Cantata!

Quindi ora facciamo un bel respiro e togliamoci sto peso:

IMAGINE HA ROTTO IL CAZZO!

Ora che lo avete detto, magari urlato, godetevi la canzone per quello che dice, che son cose importanti e comunque SMETTETELA DI ONDEGGIARE!!!



martedì 10 settembre 2019

Don Matteo, l'Angelo della Morte


L'autunno è ormai alle porte, quindi è il momento giusto per parlarvi del

PALINSESTO ESTIVO - PARTE PRIMA

Gubbio è una meravigliosa cittadina umbra, dove è ambientato il telefilm DON MATTEO

Il titolo originario era DON MATTEO L'ANGELO DELLA MORTE, ma per questioni di copyright decisero di abbreviarlo onde evitare problemi con una band death metal austriaca.

La trama è molto semplice: Don Matteo è il parroco di Gubbio e porta una sfiga che levati.

Da ridente cittadina, Gubbio si trasforma rapidamente in un covo di delinquenza tipo il Bronx di New York. Roba che per girare un momento di calma in paese hanno utilizzato le immagini della rivolta di Los Angeles dopo l'omicidio di Rodney King.

La cosa caratteristica è che, nonostante ci sia almeno un omicidio al giorno, non si sa bene come, ma il prete è sempre il primo ad arrivare, lui e la sua bicicletta.

Perchè, va detto, a Gubbio è pieno di assassini, ma ladri nemmeno uno, altrimenti col cazzo che la bici del prete resterebbe appoggiata al muro senza lucchetto per 12 serie senza che nessuno se la ciuli.

Don Matteo dicevamo, oltre a portare più sfiga che il Nessun Dorma prima delle finali mondiali, ha anche la simpatica caratteristica di non farsi mai i cazzi suoi e quindi nonostante a Gubbio ci sia una stazione dei carabinieri con tipo 300 militi, state tranquilli che appena uno tira i gambini taaaaaaac arriva lui, ma mica per dargli l'estrema unzione, no, lui indaga.

Di prete in effetti ha poco e niente; in 83 puntate avrà detto messa 3 volte, 2 matrimoni nemmeno un funerale, che voglio dire, già lui li trova, i morti, già lui trova pure gli assassini, non è che può fare tutto lui eh.

Piuttosto che merda, una volta che stava facendo catechismo lo hanno interrotto perché era morto, ovviamente ucciso, il padre di una bambina che era lì

Don Matteo indaga incurante della legge sulla privacy, del segreto d'ufficio dei carabinieri e del segreto confessionale; la sua talpa è il maresciallo Cecchini, un immigrato siciliano con cui gioca a scacchi e che gli passa la caponata che gli manda sua madre dal paese oltre a quelle 4\5000 soffiate ad episodio.

Prova inutilmente a tenergli il passo il Capitano Tommasi, uno che per la frustrazione di averlo sempre in mezzo ai coglioni, si bomba un paio di Pubblici Ministeri, 3 avvocatesse e soprattutto la figlia del maresciallo terrone.

Il finale originale della 3° serie prevedeva infatti la scomparsa del capitano per un increscioso episodio di Lupara Bianca, ma la RAI ha fatto dietro front all'ultimo, così il Capitano se l'è sposata, ma essendo che la cerimonia venne celebrata dal corvaccio, la figlia del terrone muore la serie successiva.

In pratica Matteo fa il prete come Meredith Grey e Derek Shepard fanno i medici in quell'altro troiaio di Grey's Anatomy.

Protagonista indiscusso della serie è Terence Hill che interpreta Don Matteo con la stessa espressività di Sheryl Lee nei panni di Laura Palmer, dentro il sacchetto per alimenti.

La produzione è incerta se concludere il telefilm con la morte di Don Matteo o invece fare un cross-over della madonna con La Signora in Giallo e buttarla in genocidio.                            

                        



martedì 27 agosto 2019

In equilibrio tra epico e falsità, le due facce di Bohemian Rhapsody




(Cara amica, caro amico, se non ti piacciono i Queen questo post probabilmente non sarà di nessun interesse per te, scusami)

Iniziamo dalla fine: mia figlia Ludovica, motivo per il quale ad agosto inoltrato sono andato al cinema, vista la sua passione per la canzone che dà il titolo al film, il giorno dopo averlo visto si è messa a smanettare sul telefono per ascoltare le canzoni del gruppo inglese e ci siamo anche ascoltati A Night at the Opera in macchina.

Messa così, la questione potrebbe anche dirsi chiusa, a me faceva piacere che lei approfondisse la storia di "quelli di Bohemian Rhapsody", lei era uscita contenta dal cinema, tutto è bene ciò che finisce bene.

Ma visto che, come ha fatto sagacemente notare qualcuno, vedere un film del genere con me di fianco rischia di essere un'esperienza segnante per una adolescente, mentre a dispetto dei rischi non ho proferito parola, ecco che scrivo un paio di cose.

Primo, a me il film sostanzialmente è piaciuto, pur nella assoluta consapevolezza dei suoi difetti; c'è da dire che io non sono un fan sfegatato dei Queen, che conosco abbastanza bene e di cui apprezzo alcune cose rispetto ad altre, quindi capisco il malumore di diversi amici che invece ne sono fans duri e puri. 

Sono convinto che nonostante i limiti, sia un film da vedere, epico quanto basta per stuzzicare la curiosità dei neofiti, anche se fa incazzare i più esperti.

La parte più inspiegabile, a me, resta ovviamente lo spostamento temporale della scoperta della malattia di Freddie; questo permette al film di chiudersi sulle note di We are the Champions al Live Aid dando a questa canzone una valenza molto forte, se si pensa che "in teoria" la stava cantando un uomo consapevole di avere poco da vivere. 
Questo rende un bel servizio alla canzone, che magari verrà usata meno per finali di chissà che sport e di cui verrà finalmente capito il senso di rivalsa e affermazione di cui è pregna, ma resta comunque una forzatura; il tour dell'anno successivo, in seguito all'album A kind of magic dimostra che la situazione non stava ancora precipitando, il Freddie del Live at (aridaje) Wembley lo dimostra chiaramente, anche se purtroppo fu l'ultima tournée. 

Mi sono anche detto che alla fine Freddie per primo era un tipo che amava fare della sua vita uno show, quindi la cosa potrebbe essere anche meno grave del previsto.

Per il resto, i soliti difetti (o mie fisime) sui film musicali, ossia la brevità e la conseguente superficialità con cui si racconta la storia di un gruppo con il quale, volenti o nolenti, tutti gli appassionati di musica devono fare i conti.

Sono però consapevole che un film di 12 ore forse non sarebbe stato realizzabile; ok, però sembra che passino dal primo concerto "col paki nuovo cantante" a riempire i palazzetti nel giro di pochi giorni; ok, però sembra che il rapporto col manager "cattivo" ruoti attorno solo alla pubblicazione di Bohemian Rhapsody come singolo, mentre con diversi manager, primo fra tutti Norman Sheffield ci fu quasi una guerra. (A Sheffield i Queen dedicarono un brano più che esplicito.)



Il punto dolente a mio avviso resta l'attore che interpreta Freddie, soprattutto alla luce del fatto che abbia vinto l'Oscar come miglior attore protagonista. Mio Dio.

Freddie era, come dichiarò lui stesso e come (spostando il contesto da intervista uno a uno a conferenza stampa astiosa) si sente nel film "una puttana della musica" ed è sul palco che lo si deve vedere e sentire per apprezzarne la grandezza. In questo senso Malek mi è apparso inguardabile, a partire da quegli occhi sempre sgranati. Freddie saliva sul palco con una sfrontatezza unica ed un carisma altrettanto impareggiabile, nessuna di queste due caratteristiche così forti in lui mi sono arrivate da Malek.





Pur comprendendo l'estrema difficoltà nel rendere giustizia ad un performer come Mercury (non a caso uno degli ostacoli peggiori per la realizzazione del film fu trovare l'attore adatto) la sua interpretazione mi ha ricordato quei tristi programmi della RAI dove vips in decadenza imitano altri vips sperando di brillare ancora un po', anche se di luce riflessa e poi alla fine vince Marco Carta.

Non basta riempirsi la bocca di denti a mettersi dei baffi finti ed una canottiera bianca per entrare in questo personaggio. Molto ma molto meglio l'attore che fa Brian May e perfino John Deacon, non certo uno che amasse mettersi in mostra, ne esce meglio che Mercury a mio avviso.

La somiglianza fisica non deve diventare un'ossessione, altrimenti si trasforma appunto in caricatura. Joaquin Phoenix in I walk the line ricorda fisicamente Cash, ma non cerca di esserne il sosia e la partita se la gioca sul piano dell'intensità dell'interpretazione.




Speravo meglio anche per i dialoghi, molto molto lineari e semplicistici, con una buona dose di responsabilità da parte del doppiaggio, visto che, ad esempio, nella scena dove Freddie va a sentire suonare gli Smile, al bancone chiede "una birra media" invece dell'inglesissima PINT.

Banalotta la scena della riappacificazione, dove gli attori sembra quasi che stiano improvvisando, male.

Bisogna vedere questo film per conoscere i Queen, ma se volete capire meglio perchè Freddie sia stato un personaggio imprescindibile della musica del secolo scorso, guardatevi il Live Aid originale e ascoltatevi Live Killers.




mercoledì 14 agosto 2019

Genova 14 agosto 2018 - 10 metri




Il 14 agosto dell'anno scorso ero in ferie e data la giornata di brutto tempo, oziavo tra un caffè ed uno sguardo a Facebook. 

Poco prima delle 12 proprio alcuni miei contatti sul social network iniziarono a condividere la notizia che un ponte fosse crollato a Genova; non capii subito di quale ponte parlassero.

Il resto lo sapete e sono sicuro che ognuno di noi si ricordi benissimo cosa stesse facendo quando seppe del Ponte Morandi.

Mi aggrappai a questa foto, perché volevo trovare se non un senso a questa tragedia, almeno un motivo di speranza; quindi provai ad immedesimarmi nell'autista di questo camion e scrissi questa cosa, che per un anno ho condiviso ogni 14 del mese.

Oggi, ad un anno dal crollo, la metto qui per l'ultima volta. Il ponte non c'è più. Genova, la mia amata Genova sta cercando, anche questa volta di guardare avanti.

Io continuo a riflettere su come la vita di ognuno di noi possa cambiare, fermandoci solo 10 metri prima del previsto.


10 METRI

Non ricordo più il mio nome
Ma adesso non mi importa
Guidavo un camion verde
E avrei dovuto essere morto. 
L'asfalto davanti a me è farina
E le auto una cascata con la pioggia. 
Guidavo un camion verde
E non ricordo più il mio nome. 
Chi mi ha bloccato in doppia fila? 
Ricordo ogni parola ed ogni insulto
Per un minuto perso ad aspettarlo
Invece di guidare il mio camion verde. 
Non ricordo più il mio nome
Ma quel rumore non lo potrò scordare più
Il rumore dell'abisso e dell'inferno
Di addii e abbracci mai pronunciati
Dentro un baratro che aspettava anche me.
Il mio camion è appeso come un segnaposto
A ricordarmi la differenza tra asfalto e vita.
Da dove ti sembra di toccare il cielo
L'inferno oggi sembra un posto più concreto
E la sua strada lastricata di manutenzioni. 
Non mi importa più del nome e del camion 
Oggi avrei dovuto essere morto
Invece ho imparato che la vita è una scatola 
Piena di attimi che sembrano inutili 
Ma che possono spostare il tuo destino 
Anche solo 10 metri più indietro

giovedì 8 agosto 2019

L'immunità dei Cherubini



Ieri pomeriggio ho visto un servizio sui lavori a Linate; il giornalista era nel cantiere e faceva vedere, insieme ad un addetto, le varie zone dove si sta lavorando, la montagna di detriti che verrà rigenerata per le pavimentazioni, le piste in via di completo rifacimento, il terminal sventrato.

Poi, a chiosa del servizio, ha aggiunto "e qui il 21 settembre atterrerà il Jova Beach Party per la sua data conclusiva!"

Il 21 settembre, mentre l'aeroporto aprirà il 27 ottobre e si presume quindi che il 21 settembre i lavori siano ancora in corso.

Ora io vorrei che qualcuno mi spiegasse perché quel cialtrone di Jovanotti sia diventato così intoccabile da permettergli una idiozia del genere, un concerto con diverse migliaia di persone, dentro un cantiere aperto.



Concerto che chiuderà, ringraziando la Madonna, la demenziale esperienza del Jova Beach Party, diverse date (meno del previsto dati i parecchi problemi) fatte in riva al mare.
Vorrei che qualcuno mi spiegasse perché da 30 anni circa, ogni cosa che fa Jovanotti sia accolta dagli ohhhh di ammirazione della stampa prezzolata e del pubblico.

30 anni iniziati da GIMME FIVE ALLRIGHT e durante i quali il nostro eroe si è trasformato in ecologista, pacifista, barricadero,  cantautore romantico, salvatore di foreste, sempre sempre al momento giusto, con tempismo davvero troppo sospetto da non sembrare paraculo.

Davvero nessun bambino di fronte all'imperatore nudo ha il coraggio di dirgli che le sue idee spesso sono sbagliate, ridicole, PERICOLOSE?

Nessuno che gli abbia spiegato che il mare in Italia non è tutto come in Romagna, dove hai km quadrate di spiagge e soprattutto dove devi fare dei km in acqua prima di bagnarti il culo? Che forse su 20\30 mila persone lo scemo che si inciucca e si butta a mare rischiando di farsi male lo si trova? E che ad esempio qui in Liguria uno di quasi 2 metri come me dopo 3 metri non tocca più?

Dai belin, con il mare non si scherza, con i lavori in corso non si scherza, perché lui può permettersi di avere ste idee balzane senza che nessuno abbia il coraggio di spararlo affanculo?

Senza pensare ai posti dove gli hanno GIUSTAMENTE chiuso la porta in faccia perché no, venire a fare le tue canzonacce qui sarebbe doppiamente dannoso per l'ambiente?

Quando abbiamo dato a Jova questa totale immunità?

E questo è un discorso a prescindere dal fatto che io trovi le sue canzoni orrende, che si, in effetti la musica in Italia lo ha imitato e spesso in peggio; il punto è perché lui, che io che sono un intollerante di merda reputo uno dei simboli della decadenza culturale italiana, sia oggi visto come un fabiofazio musicale, uno che qualunque cosa faccia o tocchi debba per forza essere oro anche fosse palesemente merda?

A CHI JOVA BEACH PARTY?

Blog di informazione su sto tour disastroso, che potete trovare qui:

mercoledì 7 agosto 2019

Metti una sera, Eddie Vedder a Barolo.



Completamente fuori tempo massimo, scrivo qualcosa sul concerto di Eddie Vedder a Barolo del 17 Giugno, all'interno del Festival Collisioni.

Non è più il caso di fare recensioni  e resoconti, così condivido solo un paio di riflessioni.

Prima di tutto, il concerto: Eddie fa parte di uno dei pochi gruppi di cui ormai mi fido a scatola chiusa, sono quasi 30 anni che seguo i Pearl Jam e la sua è una delle voci che mi emoziona di più. Ho quindi sfidato volentieri la mia crescente insofferenza verso i concerti affollati, per vederlo in versione solista, dopo aver rinunciato volontariamente alle due date di Firenze (2019 e 2017) perché in un contesto che non ritenevo adatto ad uno show acustico.

La prima cosa che ho notato è come lui giochi molto sul dualismo tra concerto acustico\tranquillo e concerto rock in versione solista; verrebbe quasi da dire che non sappia decidersi su come impostare lo show, anche se alla fine credo che questa apparente bipolarità sia una scelta ben precisa. Scelta di cui non intendo certo lamentarmi, visto che ha aperto la data piemontese con quella Keep me in your heart che nell'ultimo, meraviglioso album di Warren Zevon spiccava tra canzoni di livello altissimo.



Tante cover e un buon equilibrio con i pezzi "di casa", ossia dei Pearl Jam: Cat Stevens, i Beatles, i Clash, i Pink Floyd, il "solito" Neil Young, diversi brani da Into the Wild, colonna sonora inarrivabile dell'omonimo film di Sean Penn.


Tralascio la presenza di Glen Hansard che proprio non sopporto e che speravo di riuscire a perdermi, mentre purtroppo sono entrato nella piazza mentre affrontava con entusiasmo Drive all Night, proprio "di quello là"; pazienza.

Il quartetto d'archi da un lato aggiunge eleganza, dall'altro partecipa ad entrambe le facce dello show, in special modo quando esegue una versione strumentale di Jeremy, con Eddie nel backstage ed il pubblico che lo sostituisce alla voce.

Serata piacevole, Eddie che scherza sul suo vino preferito di cui ha finalmente conosciuto le origini e si lascia andare a diversi aneddoti confermando la piega discorsiva che avevo già notato lo scorso anno a Padova con la band, strappando risate a tutti indicando l'anziana signora che si godeva lo spettacolo dal terrazzo di casa, affermando di non aver mai suonato così vicino alla cucina di qualcun'altro.

Di certo, a differenza di altri artisti che amo, preferisco Eddie come voce dei PJ al solista. La sua voce ed il suo carisma, mi arrivano più diretti e forti all'interno dell'alchimia del gruppo di Seattle.

Serata piacevole, ripeto, ma spero che al prossimo giro vengano tutti e 6.


La seconda parte della mia riflessione invece verte sul posto e sull'organizzazione. Ben gestito (all'andata) il discorso delle navette, tenendo conto che Barolo nonostante la guadagnata popolarità, resta un paesino arrampicato sulla Langa, a cui si accede con difficoltà; un po' meno al ritorno, dove qualche mezzo in più avrebbe accorciato l'inevitabile coda.

Da rivedere invece la gestione della piazza, troppo, troppo, troppo piena. Certo, non ho più 20 anni e nemmeno la voglia di sbattermi per un posto in prima fila, certo domani si lavora e cerco di non esagerare, ma davvero c'era troppa gente.

Piazza stracolma, da cima a fondo; all'arrivo di Hansard a fine serata, sono arretrato per mangiarmi qualcosa in tranquillità e pur essendo a fondo piazza, ero ancora accalcato manco fossi in transenna. Davvero non si poteva ridurre la capienza per rendere la vita più comoda? O addirittura, come ho letto altrove, davvero non si poteva buttare nella piazza 2500\3000 sedie e dare a tutti la possibilità di godersi lo show? Non credo che le terre del Barolo non possano permettersi qualche pagante in meno, a fronte di una maggior soddisfazione di tutti; anche perché per quanto io sia insofferente, ho la fortuna di non trovarmi sepolto nella folla grazie alla mia stazza, ma intorno a me vedevo comunque parecchia insoddisfazione.

In generale, la serata di Barolo è abbastanza esemplificativa di come ormai la musica "leggera" in Italia sia considerata qualcosa di cui occuparsi con superficialità; anzi forse non è nemmeno il caso di fare più la distinzione tra leggera e "alta", visto che per l'ultimo concerto di Morricone, in quel posto osceno nel fossato davanti alle Mura di Lucca, ho di nuovo letto robe allucinanti, non al livello dei Rolling Stones, ma quasi.

Collisioni poi è un festival invecchiato male, almeno dal punto di vista di chi come me c'era stato anni prima, godendo a pieno l'organizzazione delle varie piazzette, dei vari incontri e dei laboratori, nonostante fossimo insieme alle nostre figlie, all'epoca di 7 e 4 anni; ora non è più un evento di un weekend, ma è soprattutto una serie di concerti "grossi" nell'arco di 30\40 gg (pur mantenendo le attività collaterali di cui sopra); nulla di sbagliato certo, ma il rimpianto per qualcosa che mi sembrava nato con ben altre intenzioni.

Pecunia non olet, purtroppo.


venerdì 26 luglio 2019

Un Concerto Sfortunato



Se io avessi, idee intelligenti
se fossi capace io farei, tutti i fans contenti
ma se devo dirla tutta
non sono mica un kg
così il prossimo tour mi sa
che lo farò sul Nilo

permessi zero, problemi a non finire
un giorno piove a luglio, da pranzo all'imbrunire
ma se devo dirla tutta
non sono mica un kg
così il prossimo tour mi sa
che lo farò sul Nilo

Di dieci date fatte, ne hanno autorizzate un quarto
ogni serata sembra davvero come un parto
in dieci date fatte ognuna ha il suo casino
e il wwf accusa che si estingue l'uccellino

Sono un concerto sfortunato
perchè mi si è allargato il mare
sono sfortunato
mi sa tanto che qui non si può fare
e quando la marea
ne annullerà altri tre
dannata mareggiata ma che cazzata è stata farlo a spiaggia

non serve manco il sole
il prefetto ha da ridire
(ripetere ma sguaiato)

ciao mamma guarda che non mi diverto
ciao mamma guarda che non mi diverto
ciao mamma guarda che non mi diverto
ciao mamma guarda che non mi diverto

mia mamma me lo ha detto
sono sempre stato speciale
e tutto il mio cervello lo userò 
per un tour in mezzo al mare
ma se devo dirla tutta
non sono mica un kg
così il prossimo tour mi sa
che lo farò sul Nilo

non serve manco il sole
il prefetto ha da ridire
(ripetere ma sguaiato)

ciao mamma guarda che non mi diverto
ciao mamma guarda che non mi diverto
ciao mamma guarda che non mi diverto
ciao mamma guarda che non mi diverto

Sono un concerto sfortunato
perché mi si è allargato il mare
sono sfortunato
mi sa tanto che qui non si può fare
e quando la marea
ne annullerà altri tre
dannata mareggiata ma che cazzata è stata farlo a spiaggia




mercoledì 24 luglio 2019

Un paese in ostaggio



Le calde serate estive delle ultime settimane, visto che sono un deficiente, ho pensato bene di trascorrerle nel campetto dell'oratorio di Finalpia per aiutare gli organizzatori del torneo di calcetto conclusosi giusto ieri.

E gli organizzatori del torneo probabilmente sono peggio di me, perché oltre a perder tempo in oratorio a luglio, è da marzo che cercavano sponsor, attrezzature, che organizzavano le squadre ed il calendario delle partite.

Tutto con l'assurda speranza di far rivivere l'oratorio, che 30\40 anni fa era il fulcro del quartiere, a Finalpia come in molte città d'Italia.

Torneo, si badi bene, per ragazzi e bambini, dai 15 anni a scendere, fino alla categoria più piccola,  7\8 anni.

200 bambini che a turno giocavano, col tifo degli amici e dei genitori, il bar parrocchiale aperto, l'abbelinato sottoscritto che per dare al tutto un'aria più ufficiale "faceva lo speaker", ossia leggeva le formazioni, annunciava i goal, un po' come allo stadio insomma.

Ragazzi e bambini che giocano, qualche bibita, qualche gelato, cosa potrebbe mai andare storto?

Ebbene si, qualcosa è andato storto davvero e il motivo è presto detto: Finalpia, come Finale, come la Liguria intera, è ostaggio del TA, il Turista Anziano.

Il TA è nato che aveva già 63 anni, probabilmente con una protesi all'anca e mille altri acciacchi, tutti peggiorati in breve tempo, per i quali spesso passa alcune settimane nella ridente Liguria, dove anni di lavoro incessante hanno finalmente dato i loro frutti, rendendola inavvicinabile e per nulla interessante a chi di anni ne abbia meno di 30.

Il TA è riuscito quindi ad uccidere il turismo per come lo si intende nel senso comune, trasformandolo in un'unica diffusissima attività: IL SILENZIO.

Anni e anni passati a smantellarne ogni aspetto interessante, divertente, perfino culturale per arrivare ad una regione che dopo le 22 ha meno vivacità di Sarajevo nel 1992. (Si badi bene che le "serate" del torneo iniziavano alle 19.30 e finivano massimo alle 22.30)

Complici e colpevoli a loro volta sono chiaramente gli amministratori, dai sindaci pronti a dar ragione al peggiore dei rompicoglioni pur di non vederlo andare in vacanza altrove, pronti ad annullare serate, ad autorizzare multe, a considerare la musica dal vivo un reato ed un reato più grave, ad esempio, del parcheggio selvaggio (causato tra l'altro dalla mancanza ormai assoluta di parcheggi veri, eliminati per far spazio a case vuote), ai presidenti provinciali\regionali capaci solo di coniare slogan vuoti come il mio portafoglio dopo 2 ore in un negozio di dischi.

Risultato: alle ore 20.15 in oratorio, per ben due volte, si è presentata gente A LAMENTARSI del rumore. Non a prendersi un gelato ed un po' di fresco insieme ai loro nipotini, quelli che si portano dietro per fargli fare due palle così ed eventualmente usarli come scusa per lamentarsi facendo finta che siano malati, no.

Sono venuti a dire che il rumore era eccessivo, certo. Un impianto ridicolo e il vociare della gente, al 70% composta da ragazzini e bambini, ecco cos'è per il TA il rumore. 

Alle 20.15.

Sfortuna vuole che un paio di questi TA si siano venuti a lamentare da me.

"Scusi, questo è il volume di stasera?" 
"No, adesso lo alzo"

Perché non è il torneo parrocchiale il punto, non lo è nemmeno che si possa fare benissimo senza l'abbelinato che gli basta avere un microfono acceso davanti ed è contento, il problema è che sta gente ha ucciso la Liguria, morta, kaputt, ecco il problema.

Gente che viene qui pensando che alle 21 massimo si debba far silenzio, perché è finito Techetechetè e loro devono andare a dormire, così l'indomani possono andare a spiaggia alle 7 a lasciare l'asciugamano per occupare un posto.

Gente che non concepisce che le persone, anzi che i ragazzi, possano divertirsi, nemmeno in un ambiente tranquillo come si sta cercando nonostante loro di far diventare l'oratorio.

A questi maestri di egoismo interessa esclusivamente che quando decidono loro, tutti tacciano e li facciano riposare. Fossero anche le 22 di una serata estiva.

E lo pretendono, eccome se lo pretendono, cercano i responsabili, dal parroco al sindaco all'assessore di turno, scrivono lettere ai giornali, perché non si sa bene chi e non si sa bene perché li ha convinti che certe idiozie siano dei diritti fondamentali, sicuramente più importanti di far giocare ragazzi e bambini a pallone.

Questa gente andrebbe processata per genocidio, altro che diritti; andrebbe obbligata a chiedere scusa a tutti quei commercianti che negli anni hanno visto sparire i turisti giovani perché il turista giovane qui da noi si rompe le palle dopo mezza giornata.

Gente che ha avuto il coraggio di dirmi che "qui in liguria i vecchietti non contano nulla"; a me, che passo la giornata lavorativa a cercare uno straccio di soluzione per gli anziani che hanno problemi veri, malati, soli, senza nessuno che li aiuti perché qui chi può se ne va prima possibile e chi resta si arrangia.

Come diserbanti anzi ancora più nocivi, che l'inettitudine dei liguri, convinti che forse così non avrebbero dovuto avere più a che fare col turismo serio (che al ligure sta sulle palle perché porta casino), ha reso padroni, padroni a casa nostra, che loro se va bene sono in affitto in nero o hanno la residenza fittizia per pagare meno tasse.

Certo che ho il dente avvelenato contro sta gente, e non da ora, perché ho visto serate interrotte, concerti annullati, addirittura presentazioni di libri dove non si può applaudire, gavettoni su strumenti pagati con fatica e sacrifici e piano piano ho sentito questi comportamenti diventare sempre più "normali" e accettabili, in primis da chi dovrebbe essere garante del benessere di tutti.

Sempre in sto quartiere di fenomeni, a Pasqua di 4 anni fa, DI POMERIGGIO, organizzammo una pentolaccia per i bambini con un gruppo che suonava per noi adulti, in una piazza. Alle 16.30 un TA ci mancò poco che non salisse sul palco per insultare i ragazzi che suonavano (stavano suonando Battisti eh non gli Slayer) perché FACEVANO UN RUMORE ASSORDANTE! 

Anche in quell'occasione me lo trovai di fronte (i nesci tutti in tù cù a mì, si dice in dialetto) e quando gli feci presente che la manifestazione era autorizzata e patrocinata dal Comune e che sarebbe durata fino all'orario prestabilito, si andò a lamentare da un ragazzo, che fortuna volle era un musicista e gli disse la sacrosanta verità "PER COLPA VOSTRA IN STA REGIONE NON SI FA PIÙ UN CAZZO"

E ora grazie al TA ma anche agli incapaci di cui sopra, la Liguria è morta, specialmente qui in provincia, andata, rasa al suolo.

La cosa più assurda è che a rimetterci saranno i nipoti dei TA, anche se, probabilmente, non appena potranno da qui si terranno ben distanti.

Complimenti, assassini.

venerdì 19 luglio 2019

Buona pensione, Rock and Roll!



Anche se ci sarebbero moltissime altre date per festeggiare la nascita del rock and roll, ho scelto quella di oggi, 19 luglio, per un motivo particolare.

Il 19 luglio 1954 infatti, la Sun Records di Sam Philips pubblicava il primo 45 giri di Elvis Presley, That's all right, con lato B Blue Moon of Kentucky.


Attribuendo arbitrariamente al debutto di Elvis la "nascita del rock", oggi dunque il rock compirebbe 65 anni.

65 anni.

A 65 anni si va in pensione, si può entrare in una casa di riposo, si può accedere ad una serie di agevolazioni "per anziani", perché è consuetudine considerare il compimento del 65° anno come l'ingresso nella terza età.



La riflessione che voglio fare è questa: è giusto chiedere ad un anziano di fare la rivoluzione, per quanto rivoluzionario sia stato da giovane? No, secondo me no.

Il rock ha quindi (da tempo) esaurito la sua carica rivoluzionaria, anzi è ormai storia e come tale ha ancora molto da insegnare.

Però il ruolo di cultura di avanguardia o più semplicemente di contro-cultura quello no, non può più farlo, altrimenti rischierebbe di fare la ridicola figura di molti uomini suoi coetanei che ostentano una gioventù ormai solo immaginaria, senza averne più la spinta e la foga.

Ha cambiato il mondo il rock? Si, a mio avviso si, in diversi momenti, dalla prima mossa del bacino di Elvis all'Ed Sullivan Show, al colpo di batteria che apre Like a Rolling Stone, all'alba di Woodstock annunciata dall'inno nazionale americano violentato da Jimi Hendrix.


Ha senso però che ancora oggi, dopo 65 anni, ci si possa aspettare qualche cambiamento e qualche "spinta in avanti" dal caro vecchio rock and roll? No, a mio avviso no; come genere musicale il rock è ancora presente negli ascolti di molti ragazzi, ma "la musica per la prossima rivoluzione" (perché arriverà, ammesso che non sia già in atto senza che noi ce ne siamo accorti, comunque arriverà) non sarà certo quella che i loro padri se non addirittura i loro nonni sentivano alla loro età, anzi, ai loro padri ed ai loro nonni farà terribilmente schifo, perché la rivoluzione e la contro cultura non può che essere un fastidiosissimo dito nel culo del sistema e che lo si voglia o no, NOI SIAMO SISTEMA.

Siamo in tanti, ad essere appassionati ed innamorati di questo museo dei dinosauri, appassionati ed innamorati al punto da negare l'evidenza e rifiutarci di dare ascolto ad altro che non siano "quegli accordi", suonati da "quelle chitarre, quelle batterie, quei bassi".

Nonostante questa apparente (e fisiologica) stagnazione, il rock è comunque vivo e vegeto, diffuso tra i giovani che lo ascoltano, lo masticano e magari lo sputano fuori diverso, rinvigorito, sicuramente modificato e contaminato.

Durante l'inverno scorso ho partecipato come ospite ad una trasmissione radiofonica davvero mitica, che si chiama MR ROCK (nessuna sorpresa eh?) e dove visto che ero il più giovane in studio (e già qui, insomma, ci siamo capiti) mi sono occupato di portare mensilmente qualche nuova proposta che restasse nei binari della tradizione.

In 5 mesi ho proposto circa 90 gruppi, alcuni abbastanza famosi, altri appena formati, americani, inglesi, di varie parti del mondo, ma anche liguri, siciliani, marchigiani, gente senza contratti o etichette a disposizione, ma che in certi suoni ci crede ancora, nonostante, in molti casi, abbia meno di 30 anni (don't trust anyone over 30, hope I die before I get old, ricordate?).


Il rock è vivo, certo che si, ma come ho appena scritto, è tradizione, storia, memoria.

Noi che lo ascoltiamo e che da lui ci facciamo condizionare da ben più di 30 anni, dovremmo accompagnare i ragazzi di oggi alla sua scoperta, basta contrapposizioni vecchi contro giovani, cazzo! Abbiamo già giocato questa partita, eravamo nei giovani e molti di noi sono convinti di averla vinta, non è il caso di dare a chissà chi la rivincita.

Condividiamo la comune passione per la musica, potremmo scoprire di avere cose da insegnare certo, ma anche da imparare.

E bentornati sul mio blog.

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