A parlare è proprio il fantoccio sistemato nella vetrina di un negozio di moda femminile, che racconta dal suo limitato orizzonte quello che le accade intorno.
A interagire, suo malgrado, con lei, uno spaccato di umanità non così immaginaria, l'uomo che si innamora di un involucro, bello, ma vuoto, la ragazza che sublima contro di lei le proprie paure e insicurezze, l'anziana che forse è talmente abituata a parlare da sola da apprezzare perfino una conversazione del genere.
Tutti accomunati da una certa mancanza di senso di realtà e soprattutto dalla solitudine, che percepiamo in ognuno dei loro atteggiamenti bizzarri.
Nella seconda parte del brano però, come sottolinea la musica che si fa più calda, con i bassi in evidenza, davanti alla vetrina succedono due cose opposte: un'aggressione ad una donna ed il passaggio di una ragazza indifferente al nostro manichino.
Se nel primo fatto, l'aggressore vede al di là del vetro specchiarsi l'omertà della società odierna, specialmente quando si parla di violenza sulle donne, guardando il manichino con complicità perché sa che gli garantirà il silenzio, la ragazzina che passa è forse simbolo di una generazione nuova, che non si ferma alle apparenze per quanto eleganti delle vetrine, ma guarda avanti “nella fretta della gioventù”.
Osservatrice suo malgrado, la bambola in vetrina rappresenta anch'essa uno spaccato di umanità, che ritiene che il mondo esista solo fino a quando sia visibile dal vetro.
Brano come detto prima dall'andamento scanzonato, che nasconde però uno spaccato di società profondo, attuale e soprattutto molto realistico.
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