È un mondo strano, quello che si trova nei dischi di Luca Rovini, un mondo popolato da eroi, pistoleros con la chitarra, sgualdrine dal cuore grande e saggi pronti a mostrarti la strada.
Già lo aveva raccontato nel suo primo disco La barca degli stolti, che conteneva quel Quartiere della follia a metà strada tra la Desolation Row e la Highway 61, ma ben condito in salsa italiana, con sarcasmo amaro e tagliente, degno della tradizione toscana.
Nella sua seconda prova sulla lunga durata, dopo i due ep Avanzi e guai e Fuckin' bloody folk, Luca mette a fuoco la sua scrittura e ci presenta uno scenario che attinge a piene mani dalla tradizione folk americana, quella dei balladeers, dei cantanti da balera, che trovavi nei locali lungo le strade impolverate, a cantare e suonare per pagarsi l'ennesima bottiglia di whisky.
Cantanti però che arrivavano al cuore delle cose, it's the heart that matters more, cantanti spietati nella loro sincerità, che in pochi minuti ti si piantano in testa e nel cuore come una pallottola del loro vecchio smith & wesson.
Nel primo disco, mi aveva colpito in particolare la voglia di Luca di dire cose, tante, di infilarle a forza nelle sue canzoni, spingendo le parole dentro le strofe con una frenesia ed un'urgenza comunicativa che non potevano lasciarmi indifferente e facevano facilmente perdonare le forzature e certi eccessi verbosi.
Con questo disco, uscito nel marzo scorso, Luca migliora anche il suo stile di scrittura, senza però snaturare il suo cantato anarchico e poco docile al sedersi placido dentro una melodia; spesso infatti Luca canta quasi "strappando" i confini della canzone, con uno stile che può richiamare certi aspetti meno esasperati di quello di Bob Dylan.
Figure senza età ha l'andamento di un vecchio film, inizia con un breve brano strumentale, dall'esemplificativo titolo Invito, dove i protagonisti sciorinano i loro strumenti, la chitarra slide detta il tempo e l'attenzione viene chiesta ed ottenuta.
Che piacere rivedersi, sulla strada e fra i bicchieri
Si parte, Corri uomo corri è una ballata che parla di speranza e lotta, ha echi dylaniani, specialmente nel testo (Sembra ieri che rideva Col culo asciutto ed al sicuro Mentre oggi sento urla vedo volti sotto al muro) e racconta di un cavaliere solitario, probabilmente Luca stesso, che cerca con forza di lasciare a tutti il suo messaggio a tutti gli abitanti di questo circo di attori soli.
Invito all'azione, soprattutto verso i reietti, gli ultimi, mignotte ed operai utopistici, uomini e donne, resistenza verso chi ci frega e lotta contro chi merita di tornare a testa in giù.
Bisogna correre, l'urgenza comunicativa diventa corsa, contro il tempo, perché sappiamo di averne poco e dobbiamo sfruttarlo, tutto.
Fermando la notte vede ancora il nostro cowboy protagonista, ce ne racconta la storia, che è quella di un outsider, di un "loser" come dicono in america, uno che nella vita ne ha azzeccate poche, se pregava sbagliava, se cantava stonava, ma nonostante questo è sulla strada ed intorno a lui, suoi compagni sono quelli che credono ai suoi stessi sogni, quelli che vogliono restituire alla propria patria la dignità che i loro nonni avevano conquistato combattendo. Non è un caso che nel finale del brano il protagonista incontri ed abbracci sua figlia, in un ideale passaggio di consegne e di testimone.
Ti porto per mano è cantata in prima persona, ma appare chiaro che chi parla è lo stesso cowboy di prima, in una dichiarazione di amore e intenti commovente per onestà e chiarezza. Io che scalcio ed offendo il mondo rende meravigliosamente l'idea di chi sia Luca e come Luca i tanti che si sbattono per dare voce e note ad un sogno, ad un ideale, ad una coerenza in musica, ma non solo.
Sono questo, vieni con me, dammi la mano; il protagonista parla al suo amore e le offre quello ha, niente inganni o false promesse, ma un cuore sincero.
Boogie finchè mi va è un pezzo scatenato, che sbatte in faccia a tutti il fatto che per quanto colpito, ferito, accantonato ed ignorato, il nostre eroe vada avanti, con la sua chitarra (e la chitarra era una spada, diceva quello là) ed il suo boogie su cui ridere in faccia agli stronzi. Un ritratto dell'attualità in salsa western che ci investe come un'onda, con quella voglia di comunicare di cui ho detto prima:
E l’attore ora è il mago
E il mago è il dottore
E il dottore vende vite
E le vite son sparite
E qualcuno spende i soldi
Nel paese dei balocchi
E chi ruba nei palazzi
E i palazzi son dei pazzi
Siamo in piena autostrada 61, affanculo i limiti di velocità, si procede a rotta di collo, con Steve Earle nelle orecchie e Cormac McCarthy in tasca.
Alla fine della corsa scende però la notte e Companeros ci inchioda al muro, col suo ritmo lento, ballata sontuosa, accompagnata dalla magica tromba di Mike Perillo, brano notturno ed evocativo, che ci trova attorno ad un falò, in una terra straniera ed inospitale, stretti tra noi, poeti e zingari.
All'orizzonte nulla di buono, ma noi possiamo bastarci, per proseguire.
Il brano che dà il titolo al disco è un bel lentaccio country rock, con l'intervento apprezzatissimo del bravo Paolo Ercoli alla dobro.
Canzone che rende bene il disorientamento di questi tempi, dove tutto è relativo ed incerto, tutti sono alla ricerca di un qualcosa nemmeno così definito.
Unica certezza, il nostro cowboy ha la chitarra con sé e nel bene e nel male, anche quando tutto sembra perduto, sarà quella che lo salverà.
Citazione fantastica di Robert Johnson, a simboleggiare questo concetto, Ho venduto la mia fede, per un solo di chitarra.
Non è molto, ma ci basterà.
Sullo stesso sentiero è anche Tutto ciò che resta, si parla di incertezze, paure, il timore di non avere e di non lasciare nulla, dopo una folle corsa all'oro, quando forse l'oro nemmeno c'era.
Quindi è ai margini che si è costretti a vivere, in quella darkness on the edge of town di cui cantava Springsteen, vite di contrabbando, sul filo del rasoio, oltre il limite, ma guidati da un amore sincero
Ma se tocchi per un poco le mie labbra
La tua rabbia si trasforma in una notte
Con i suoni della vita nella testa
E le luci fanno il verso delle voci
In coda al disco, Luca spara le cartucce migliori.
La versione italiana del brano di Guy Clark Desperados waiting for a train, che diventa Disperati in cerca di una via, è un capolavoro di immagini ed un inno all'amicizia quella vera, che va oltre qualunque differenza e qualunque difficoltà.
Una dichiarazione di stima incondizionata, forse dedicata allo stesso Guy Clark o comunque ad una persona importante a cui si deve eterna riconoscenza
Mi prendeva e mi portava via con sé
In un vecchio e scalcinato caffè
C'erano uomini con birre carte e storie
A mentire su una vita che non va
Ero solo un ragazzo, mi chiamavano fratello
Come in un flashback, il nostro cowboy ci racconta attraverso queste note, la sua storia e i suoi modelli.
La storia si chiude con una esortazione ed un arrivederci. La strada chiama e non ci si può fermare, the road goes on forever, c'è sempre un mattino da raggiungere, una notte da far passare, soffiando tutto il nostro dolore dentro un'armonica a bocca.
Stanotte stiamo assieme, è bello anche l'Arno, ma c'è un mattino in arrivo.
Miglior brano dell'album e classica canzone che vale una carriera, L'ultimo hobo chiude alla grande questo disco.
Carlo Carlini era un promoter, anzi di più, era uno che esaudiva desideri e realizzava sogni.
Tutte queste atmosfere texane, qui in Italia probabilmente senza di lui non sarebbero mai arrivate ed è bellissimo che Luca gli renda omaggio, anche se al tempo stesso è triste che sia il primo.
Ma grazie alle tante notti texane da lui organizzate dentro balere italiane oggi possiamo goderci questo disco e questo cantautore.
Splendido che Luca scelga di chiudere il pezzo (ed il disco) elencando diversi artisti che Carlini portò in Italia grazie alla sua rassegna Only a Hobo.
Ramblin’ Jack
Rick Danko
Joe Ely
Butch Hancock
Peter Case
Billy Joe Shaver
Tom Russell
John Prine
Townes Van Zandt
E lo videro fumare sotto un basco da pittore
E bere grappa e regalare un’emozione
E lo videro sorridere in una notte texana
Di una balera italiana
E lo videro volare
Con Elvis che cantava
L’ultimo hobo corre e va
La dimostrazione che la musica può ancora contenere parole vere, sincere, scritte da uomini dal cuore grande che non dimenticano.
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