Esce oggi
ALIENI il terzo disco di Geddo.
Ora questo
non è un giornale musicale, ma un semplice blog personale, per cui
sarà chiaro a tutti che io sono schifosamente di parte quando si
tratta di parlare di Davide, ma la cosa non penso sia così
importante, né soprattutto sbagliata.
Alieni è il
terzo tassello di una discografia che ha regalato fino ad oggi due
episodi importanti come l'esordio FUORI DAL COMUNE e soprattutto il
bellissimo NON SONO MAI STATO QUI.
ALIENI
rispetto ai predecessori fa un passo avanti e soprattutto uno di
lato, smarcandosi da facili prosecuzioni e aggiungendo nuovi
ingredienti ad una ricetta molto personale. Sono infatti evidenti le
influenze di Geddo, specialmente da un punto di vista sonoro –
musicale, ma non per questo si può trovare in una qualunque sua
canzone un pedissequo rifacimento, anche solo mascherato da omaggio.
La maestria
di Davide sta infatti nel mescolare con sapienza tutti i sapori che
un vero appassionato di musica come lui coglie continuamente per
reinventarli con gusto originale.
Alieni parla
di persone, di situazioni, parla di alienazione, di distanze tra
persone, parla di rapporti umani e tecnologia. Racconta come oggi per
assurdo, la fobia della perenne connessione crei distanze e sconnetta
dalla realtà. Per farlo, Geddo racconta 14 storie in equilibrio tra
ottimismo e sconforto, speranza e rabbia.
Nessuna
ricetta, solo qualche consiglio e riflessione sull'oggi e sui suoi
protagonisti.
Apre le
danze CHIARO, una spruzzata di funky che ricorda i pezzi della Bertè
quando c'era Fossati ad aiutarla, per una lunga confessione su quanto
la chiarezza sia importante quanto problematica da praticare; la
difficoltà di comunicare, nell'era della comunicazione, paradosso
che ci condiziona in qualunque tipo di rapporto. Chiarezza come
elemento fondamentale per andare avanti, a prescindere da chi deve
per forza dirti come la pensa su qualunque cosa, soprattutto su di
te.
A combattere
queste difficoltà, LAMPI DI SETTEMBRE ci suggerisce un viaggio,
forse solo sognato, dove spogliarsi di tutto ed essere davvero noi
stessi, in un rapporto esclusivo per crescere come coppia e come
persone. Non si sa se questa situazione sia concreta, ma è
sicuramente un invito a sceglierla come esempio e modello, in un
contesto di libertà. Ad arricchire il pop-rock del brano, il flauto
traverso di Francesca Rapetti, dei Gnu Quartet, che sottolinea la
dimensione onirica del testo.
DUE è il
primo singolo, uscito da un paio di settimane e continua il discorso
del brano precedente, arricchendolo di elementi di realtà e di
quelle differenze di coppia che possono essere ostacoli, ma più
preferibilmente dovrebbero essere risorse di arricchimento reciproco.
Le persone sono diverse, ma questo non impedisce loro di trovarsi e
di costruire qualcosa; non sono le differenze, ma la volontà di
affrontarle il punto focale della questione.
Con CAMMINA
CAMMINA, cantata in coppia con Alberto Visconti, voce de L'Orage, uno
dei gruppi più interessanti degli ultimi anni, Geddo snocciola
un'antologia di personaggi talmente caricaturali da essere veri e da
portare l'ascoltatore ad identificarli con persone conosciute. Una
Spoon River di viventi, un campionario di gente con cui abbiamo avuto
a che fare tutti, almeno una volta, da quello che ti reputa perfetto
per le sue idee innovative allo scemo con cui spesso rischiamo di
confonderci, al marito infedele o alla donna che pensa solo a sé
stessa. Alienazione vera, il mondo in cui come in un noto telefilm
non incontriamo uomini o donne ma stereotipi maleodoranti e non del
tutto vivi; il tutto inserito però in un movimento continuo, perché
fermarsi equivale ad omologarsi a loro, nonostante alla fine sia
fottutamente facile diventare parte di un sistema (che non ti sistema
e non ti da coraggio – ma che bella è sta strofa?). La fine del
brano lascia però intendere una speranza o quantomeno la possibilità
che qualunque sia il punto in cui saremo costretti a fermarci,
qualcun altro potrà proseguire.
PAOLINA
invece è una storia piccola, magari banale, ma che racchiude molta
tristezza e altrettanta malinconia; la coppia improbabile costretta a
rivedere i propri progetti, le difficoltà di chi non si sente parte
di certe categorie, la bellezza a rischio di chi porta colore in un
mondo che punta al grigio. Il futuro non può essere un mutuo senza
fine, ma purtroppo a volte accade esattamente il contrario di quello
che vogliamo.
In
un'altalena di emozioni e sentimenti anche contrastanti, il brano
successivo è una richiesta di aiuto ed una orgogliosa dichiarazione
di intenti. PORTAMI A CASA vede il protagonista affermare la propria
diversità e chiede all'ascoltatore di fargli compagnia e di dargli
retta, perché le sue armi sono le semplici cose con cui costruire
qualcosa e con cui godere della vita, sangue e vino, un divano ed un
fuoco per scaldarsi.
Gli alieni
sono tra noi, sono ovunque e sono di qualunque età; ma niente come
l'adolescenza assomiglia ad un tritacarne perfetto per l'alienazione.
Ecco dunque che UN ALTRO GIORNO parla a loro, categoria tartassata,
ma potenzialmente ricchissima di spunti (e semini) per diventare
persone migliori. La persona a cui ci si rivolge ha i numeri giusti
per diventare una persona vera, ma ha bisogno di una mano che indichi
la strada e la aiuti a tenere il tempo, in questo vento di tempesta.
L'alienazione è battibile, serve iniziare a combatterla presto.
Adolescenza
come inizio, vecchiaia come solitudine e vera, tragica alienazione.
BRICIOLE sembra parlare dello stesso protagonista de IL PENSIONATO di
Guccini ed è un affresco minimale ed amarissimo della vita
periferica di un vecchio solo e del suo cagnolino che ancora ha
voglia e voglie. Nel suo monotono ripetersi, il giorno dell'anziano
racchiude la tristezza di una esistenza ormai ridotta a sbiadite
fotocopie di un toner in esaurimento. Fa quasi tenerezza l'unico
sussulto del protagonista, quel gesto scaramantico e molto maschile
che ripete in automatico all'udire l'ambulanza, quasi volesse
scacciare l'inevitabile o quanto meno rinviarlo ancora un po'.
Vera
protagonista dell'alienazione odierna è chiaramente la dipendenza
dalla Rete e la distorsione della Realtà che la realtà, appunto,
virtuale ha insinuato in ognuno di noi. NON DIRMELO è un blues
sputato fuori dai denti, dove le brutture create dalla connessione
costante vengono snocciolate con cattiveria. Non siamo più persone,
siamo profili, siamo foto, siamo byte. Vivi, magari non vissuti. La
grande contraddizione. Talmente facile raggiungere tutti, che alla
fine siamo tutti soli, rivoluzionari ben poco sanguinari, condannati
a dire MI PIACE. Pezzo enorme, ulteriormente impreziosito dal solo
finale di Mauro Vero, che lascia immaginare una resa live
spettacolare.
CHLOÈ non è
propriamente ottimista, ma intravede nell'amore uno strumento per
combattere l'alienazione e dare un senso più vero al passare del
tempo. Finale chiaroscuro, perché l'amore può dirci di no, mentre
in sottofondo l'elettricità statica disegna un contesto di
abbandono.
Geddo non da
soluzioni e questo è uno dei suoi punti di forza; non risolve,
semmai incasina e spariglia le carte in tavola; quindi in PER CIÒ
CHE MI RIGUARDA si chiama fuori da una qualsivoglia guerra e dichiara
con orgoglio di continuare per la propria strada, con la chitarra
come spada, ben più tagliente. Colpito ma non affondato, piegato ma
non spezzato, il soldato alza le braccia e smette di combattere, il
musicista è un furfante, ma a certe condizioni è l'unica scelta
possibile, date le alternative nominate nel brano.
Figlia
diretta di UN PUGNO NEL MURO (da Non sono mai stato qui) anche LA
RAGAZZA SENZA DUBBI analizza l'impatto che la musica dovrebbe avere
su chi si dedicasse a lei con la dovuta attenzione; la protagonista è
una bellezza fredda e profittatrice, che circuendo il romantico eroe
con la chitarra pensa di soddisfare la sua vanità, in una bella
citazione de LA BALLATA DELL'AMORE CIECO. Ma la musica ti colpisce,
che tu voglia o meno, che tu sia convinto di essere convinto o che tu
tema di avere dei dubbi. La battaglia del ragazzo toglie, non
aggiunge certezze alla protagonista perché la guerra è una
sconfitta e l'amore, quello vero, pieno di dubbi, timori ed
incertezze è l'unica vittoria possibile.
Arriviamo al
finale con un pezzo da 90. ALLE BIONDE PIACE NOIR non è solo una
canzone, bensì un omaggio ad uno scrittore (Pupi Bracali) e ad
un'idea (è possibile, lo è anche in Liguria, collaborare tra
artisti o loro due sono solo dei visionari, matti, romantici
alieni?). Entrambi gravitano nell'albenganese, entrambi maestri con
le parole, dal libro PIPISTRELLI E GABBIANI Geddo tira fuori un brano
splendido dove le avventure dell'ispettore Calcagno vengono messe in
musica, per un omaggio sincero come solo tra uomini di cultura può
avvenire. Nel ricalcare la trama del libro, Geddo regala comunque
diverse perle, prima fra tutti quella INOSPITALITÀ SINCERA che
descrive meglio ancora dello sketch sulla torta di riso il rapporto
dei liguri col turismo e il modo in cui il fascismo elegante e snob
della poetessa e di certi salotti viene messo alla berlina,
riducendolo ad un treno puntuale di mussoliniana memoria.
Chiude
l'album ORO E SANGUE, brano amaro che parla di rapporti finiti e dei
ricordi che come impronte digitali affiorano costantemente, magari
nei momenti meno adatti, che portano il protagonista a chiedere una
vita diversa e dei giorni più suoi.
Un disco
bellissimo, che racconta di alieni ed alienati, di persone vuote e
vite troppo piene per essere vissute in contesti così deprimenti.
Disco suonato ottimamente dalla band che ormai segue Geddo da qualche
anno ossia Dario La Forgia al basso, Matteo Ferrando alla batteria,
Mauro Vero alle chitarre e Michele Savino alle tastiere.
Andando
oltre al mero discorso musicale, le canzoni di Geddo non danno
risposte, ma spesso nuove domande e soprattutto nuovi dubbi.
Al giorno
d'oggi, dalla musica non è semplice ottenere di più.
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