lunedì 14 luglio 2014

Live in Albenga: Garland Jeffreys, la storia del Rock, tra tolleranza e contaminazione




Martedì 15 Luglio - Piazza San Michele, Albenga (SV) INGRESSO GRATUITO


La bellezza della musica, sta anche (o soprattutto) nel prenderci per mano e portarci in posti nuovi, in mondi migliori, da dove guardare le cose con occhi e spirito diversi.
A Garland Jeffreys è toccato in compito accompagnare i suoi ascoltatori nella New York di metà anni 60, gli anni in cui lui ed alcuni suoi amici, tra cui John Cale e Lou Reed vivevano immersi nella creatività e nelle vibrazioni di quelle strade e di quei vicoli.
Partendo da Brooklin, la storia artistica ed umana di mister Jeffreys si è snodata secondo un filo conduttore ben preciso: contaminazione e tolleranza; con due parole chiave del genere, in un ambiente del genere, non potevano che nascere note ammalianti, che come detto all'inizio creassero dei ritratti precisi e colorati. 
I vicoli, quegli scorci in bianco e nero, quei tombini da cui usciva fumo e vapore, sono ricreati nelle tracce di molte canzoni di Garland Jeffreys, già dai primi dischi (l'esordio risale al 1973, con l'album omonimo, anche se nel 1970 era uscito un disco a nome Grinder's Witch, dove il portoricano era protagonista).
Ma New York non è solo una parte del mondo, NY è UN  mondo, un mondo a parte, un microcosmo, un crocevia, un incrocio di mille e più strade, colori, razze, culture.
Da questo mondo, Garland Jeffreys ha creato la sua musica, che non poteva che essere meticcia, contaminata, che non poteva che portare con sé sapori ed ingredienti diversi, ma amalgamati con gusto.
In una sua celebre hit, Jeffreys rende lode al rock and roll “nato dal soul e dal rhythm and blues” e ci fa capire la cifra stilistica della sua capacità compositiva e “gastronomica”.
Nei suoi album, ferma restando la forte impronta personale che il suo talento lascia tra i solchi, si sentono echi di rock, soul, blues, reggae (ottima la sua versione di No woman no cry di Marley in “One-eyed Jack” del 1978).
Sul palco di Piazza San Michele salirà un cantante che ha vissuto ed assorbito in prima persona la Storia della musica moderna, assaporandone con gusto alcuni dei momenti più importanti e avendo la fortuna di collaborare con personaggi dell'importanza dei già citati membri dei Velvet Underground, del cantautore James Taylor e di musicisti del calibro di Elliott Murphy, Vernon Reid, Sonny Rollins e Luther Vandross.
Pochi anni fa salì sul palco di Bruce Springsteen (un vecchio amico con cui ha duettato spesso) ed accompagnato dalla E Street Band incantò il pubblico del Festival olandese Pinkpop riproponendo con il Boss una versione di 96 Tears (vecchio successo del gruppo “Question Mark and the Mysterians” da lui incisa anni prima).
Il messaggio delle sue canzoni è, coerentemente ai luoghi dove è cresciuto, un messaggio di tolleranza ed integrazione, fortemente antirazzista; vengono affrontati senza timore temi caldi, che sono stati per lui continua fonte di ispirazione e che ha sempre trattato a viso aperto, come nella esplicita I was afraid of Malcolm che parla delle paure dei bianchi verso il leader nero Malcom X oppure in Don’t call me buckwheat dove ironizza sulla facilità con cui vengono affibbiati soprannomi umilianti senza pensare alle conseguenze e soprattutto ripercorre decenni di segregazione razziale.

In un luogo suggestivo e ricco di storia come la piazza principale del centro storico di Albenga, l'arrivo di Garland Jeffreys è un evento memorabile, che unisce cultura ed arte di epoche diverse, sotto l'unica bandiera della qualità e delle grandi emozioni.

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