Domenica pomeriggio quindi, come è noto a chiunque non sia stato rapito dagli alieni (ma forse anche a loro), Francesco Totti ha giocato l'ultima partita con la Roma.
Dal 28 marzo 1993 al 28 maggio 2017.
Totti, er pupone, tottigo, er re de roma, la maggggica.
Ci sono quintali di retorica sul calcio e Totti ne attira altrettanti.
Totti e la Roma, Totti e Roma.
Per capire quanto sia stato viscerale, intenso, sopra le righe, ROMANO, l'amore tra Totti e la sua città, basterebbe lo striscione che recitava SPERAVO DE MORÌ PRIMA
Però anche se io non sono certo romanista e Totti di conseguenza è il simbolo riconosciuto ed universale di una rivale storica, non posso nascondere di essermi emozionato, nel vedere quel lungo, infinito abbraccio, quelle lacrime, quelle parole veramente umane, l'ammissione della paura, gli occhi smarriti.
Quanta differenza con lo sguardo freddo del rigore all'australia, quello beffardo con le dita ad indicare i 4 gol rifilati proprio alla juve, quello spavaldo dello scudetto.
L'amore tra Totti e la sua gente ha a mio avviso un valore che va ben oltre il tifo e le rivalità.
Quello che è andato in scena domenica all'Olimpico è il finale bellissimo ed emozionante di un film meraviglioso, che il calcio è ancora in grado di sceneggiare.
Perchè lo sport, tutti gli sport, ogni tanto svestono gli abiti fatti di soldi, sponsor, trucchi, inganni e tornano ad essere quella cosa fantastica che sono, ossia un collegamento diretto con il mondo delle favole.
Anche il calcio, così bistrattato, insultato, deriso, osteggiato, sa regalare questo.
Anzi, soprattutto il calcio, non per chissà che meriti, ma per il semplice fatto che è tutt'oggi lo sport più praticato.
Lo sport più praticato dai bambini.
E le favole sono per i bambini, quelli piccoli che sognano davanti ad un campo, quelli più grandi che combattono per i propri sogni, quelli adulti, a cui i sogni rimangono nonostante la pancetta, gli acciacchi, le ginocchia doloranti.
La favola che parte dai pulcini che corrono in 20 dietro ad una palla ed una parte di loro, del loro cuore, io voglio sperare una bella parte del loro cuore in quel momento non pensa ai soldi, alle macchine, alle ricchezze, ma pensa al sogno, al raggiungere un traguardo.
Dybala dopo la partita col Barcellona disse che era da quando era bambino che sognava una serata del genere.
Questo è quello che regala lo sport, il calcio, questo è il sogno.
L'urlo dei tifosi, l'applauso, l'adrenalina.
Totti ha rappresentato questo ed in più lo ha rappresentato per 25 anni nella sua città, lui che è così romano, pregi e difetti.
Chi non vive questa passione, farà sicuramente fatica a capire, ma non è importante.
Ognuno di noi ha un bambino dentro di sè che vive un sogno, che aspetta la favola, con un pallone, uno strumento, una tuta spaziale.
Questo è il senso della serata di Totti all'Olimpico.
Ho vissuto la favola, l'ho fatta vivere per anni alla mia gente.
Ho iniziato bambino, sono entrato nella squadra della mia città, ne sono diventato il capitano, il simbolo, il giocatore più importante della sua storia.
Ho iniziato bambino, sono entrato nella squadra della mia città, ne sono diventato il capitano, il simbolo, il giocatore più importante della sua storia.
Lasciate che i tifosi provino queste emozioni, le lacrime, le urla di gioia, lasciate che restino dentro alla favola.
Non criticate quello che non provate, chi si identifica con i colori di una squadra di calcio ha spesso diverse occasioni per esagerare e trasformare questo senso di appartenenza in qualcosa di sbagliato, cattivo, violento; ieri era il 29 maggio, 32 anni dall'heysel ed ho detto tutto.
Ma Totti domenica stava raccontando l'ultimo capitolo della sua favola.
Lasciate da parte per un attimo i contratti milionari, gli sponsor, i procuratori, le mille cazzate che solitamente un calciatore fa, esiste ancora uno spazio, un momento, una serie di istanti dove il calcio vive nella sua purezza originaria, quella di uno sport che fa sognare.
Momenti dove il bambino indossa le sue scarpette per la prima volta
Momenti dove il bambino entra allo stadio per la prima volta.
(Il mio amico Fausto, romano e romanista, ha filmato la faccia di suo figlio mentre entrava per la prima volta all'Olimpico e davvero, non so spiegare la sua espressione)
Momenti dove un ragazzino segna il suo primo gol importante e magari si immagina di essere Baggio o Del Piero o Totti, ma in quei momenti non pensa ai soldi, pensa alla gioia che prova e la moltiplica per un evento come la finale dei Mondiali o di Champions
Non pensiamo alla beneficenza fatta o non fatta, lasciamo perdere il benaltrismo del "con tutti i problemi che ci sono".
Lo sport serve anche ad uscire per un attimo da tutto questo e vivere nella favola, fossero solo 90 minuti.
Chi se ne frega dei migranti o dei VERI problemi dell'italia lo fa anche dopo il triplice fischio finale, chi invece a certe cose un occhio ce lo butta, per 90 minuti ogni tanto esce dalla realtà, non colpevolizziamoci anche per questo.
Totti non è un eroe, Totti è Peter Pan, che viene di notte e ti porta via con lui per qualche minuto; sta a noi, una volta tornati "a casa" capire la differenza con l'isola che non c'è.
Ero allo stadio il giorno in cui Del Piero giocò l'ultima partita di campionato con la Juventus, ricordo quei brividi, quel magone, la voce che se ne va per cantare ancora una volta il suo nome.
Ho ridimensionato da tempo l'importanza del calcio nella mia vita, ma momenti come questi non sono solo giusti, sono doverosi per chi ancora nella mezza età, è capace di entrare nella favola.
Chi non li vive, per una volta, provi a fare un passo indietro e a non incattivirsi, state tranquilli, passerà, magari non prestissimo, magari non velocemente come vorreste, ma passerà.
Torneremo alle nostre vite, ma con quel pizzico di magia che giornate come quella di domenica regalano a chi ha una passione.
Totti è stato un rivale, un "nemico", qualcuno la cui soddisfazione significava la mia delusione.
Però di lui ricordo due momenti, ovviamente in nazionale, che mi hanno regalato emozioni intense.
Il cucchiaio all'Olanda nel 2000, quel mezzo secondo in cui alla tv non si capiva dove fosse il pallone, prima di realizzare cosa aveva fatto ed esplodere.
Il momento che diede il via al secondo gol contro la Germania nel 2006, quello spingere via CCCCCCCCCannavaro, dopo l'ennesimo intervento perfetto, e lanciare Gilardino, quasi a dire "faccio io, questa è roba mia".
Che importa qui discuterne il valore, quello che conta è che ha rappresentato LA FAVOLA e come tale, dopo i fischi e gli sfottò (vedi rigore parato da Buffon nel 2011) merita un enorme grazie anche da me, che a 44 anni, da dentro quella favola faccio fatica ad uscirne
Nessun commento:
Posta un commento