giovedì 18 agosto 2011
il re di londra è un nani
di Sir Torati
in questa estate ci siamo perfettamente calati, pure con un po' di anticipo, nel clima mesto della stangata ferragostana sulle spalle dei poveri contribuenti. come un ragionier fantozzi qualsiasi, siamo qui infatti a raccontarvi i nostri 5-giorni-5 di ferie, passati fra affollatissimi aerei low-cost e partenze intelligenti con l'utilitaria sotto il solleone per raggiungere una spiaggia per famigliole dell'adriatico. niente mete lontanissime, panorami mozzafiato o destinazioni esotiche. ci mancava invece solo il termo-frigo con l'anguria: speriamo francamente di non scendere mai così in basso.
questa è la prima puntata.
OTTO VOLTE LONDRA - nel fine settimana del 7 agosto abbiamo suonato la nostra ottava londinese: dopo la wembley arena per springsteen [novembre 2006], una tappa turistica intermedia prima dei rolling stones a dublino [agosto 2007], ancora bruce all'O2 arena [dicembre 2007], un tizio che canta "born in the usa" all'emirates stadium [maggio 2008], quello che urla "born to run" ad hyde park [giugno 2009], natalie merchant all'hammersmith odeon [maggio 2010] e il capodanno 2011, è arrivato finalmente il momento di issare la nostra bandierina sul tempio del football britannico, wembley.
SO LONG, ITALY - il figlio di un nostro collega ci ha candidamente chiesto se non facciamo prima a trasferirci lì. nel mondo dei sogni (quello che ci permette di credere ancora oggi che prima o poi diventeremo assi mondiali in qualche sport, rockstar planetarie o affermati giornalisti: insomma, tutto fuorché lavorare) saremmo già oltremanica da un bel pezzo, invero dopo un lungo ballottaggio con berlino. una volta preferivamo parigi, ora invece siamo attratti maggiormente da queste città cosmopolite in cui ogni angolo è un concentrato energico di mille popolazioni, linguaggi e colori. comunque alla fine londra vincerebbe sulla capitale tedesca non tanto a livello di servizi e possibilità culturali, ma perché fra bundesliga e premier league non c'è proprio storia.
MASSIMO - che poi in realtà un amico che abita in pianta stabile a londra e ha detto ciao senza troppi rimpianti alla repubblica delle banane lo abbiamo. noi lo stimiamo per tantissimi motivi e gli perdoniamo pure il tifo per l'arsenal (comunque la nostra seconda squadra albionica dopo lo united), ma ogni volta che lo incontriamo torniamo a casa estremamente invidiosi della sua scelta di vita. perché alla fine non è solo una questione di qualità personali, ma anche di carattere e di coraggio: odiamo profondamente gran parte dei nostri connazionali, ma non saliremmo - e non siamo saliti - su un treno o su un aereo alla ricerca di un'opportunità alternativa nemmeno sotto tortura. troppo pigri e codardi (o coglioni?) per abbandonare affetti e rinunciare a comodità, l'edicola sotto casa e il benzinaio di quartiere. massimo lo ha fatto e a lui va tutta la nostra profonda ammirazione. oltre al fatto che finalmente troviamo qualcuno con cui condividere senza imbarazzi patriottardi il nostro tifo per la mclaren, per cavendish e contro l'italia ai mondiali e agli europei. comunque, per dire della nostra intensa vita sociale, se è vero che abbiamo incontrato massimo in ciascuna delle nostre sortite londinesi, possiamo con certezza affermare che è la persona con cui abbiamo cenato più volte nell'ultimo decennio. come cantava il bolso vasco rossi, piccolo spazio pubblicità: massimo gestisce un delizioso ristorante nella zona di putney (l'isola del sole, www.isoladelsole.co.uk). merita davvero e non perché è nostro amico. fra l'altro avrete uno sconto molto maggiore se vi dichiarate ammiratori di van persie piuttosto che nostro conoscente.
AMICHEVOLE? - a wembley si disputava la community shield, ossia la supercoppa inglese. come in altre latitudini sportive anche qui la supercoppa è poco più di un'amichevole di lusso e funge da sipario per la stagione entrante. però così dicono soprattutto quelli che alla fine la perdono questa presunta coppetta. perché è pur sempre un trofeo ufficiale che va ad arricchire la stanza dei trofei di un club. per la prima volta abbiamo avuto la fortuna di vedere gli uomini di sir alex sollevare una coppa e diciamo che è stata una tripla soddisfazione. i calciofili capiranno benissimo la goduria di vincere un derby. in rimonta dopo esser stati sotto di due gol. con un contropiede solitario al novantaquattresimo minuto, in pieno recupero. il massimo sarebbe stato trionfare con una rete palesemente irregolare, ma va benissimo pure così. perché poi quando vedi la tua squadra del cuore perdere una finale dal vivo pensi subito che era meglio startene a casa a guardare una puntata dei simpsons, ostentando un finto disinteresse per "quei 22 scemi in mutande che corrono dietro ad una palla" (frase odiosissima e francamente senza senso, pronunciata solitamente da mamme o fidanzate, dinanzi all'ennesima diretta di sky calcio). dalla tribuna dell'olimpico osservammo i red devils perdere la finale di champions league di roma, ma per noi quella serata è stata cancellata dalla memoria. in questo capiamo i romanisti che non hanno ancora superato il tabù della sconfitta ai rigori col liverpool. come diceva chicco lazzaretti in una puntata de "i ragazzi della 3 c" (su anobii vantiamo un sacco di letture radical-chic, ma i nostri pilastri culturali alla fine sono questi) quella gara non c'è mai stata.
ORGANIZZAZIONE - gli sfottò sugli spalti fra le tifoserie rivali ci sono stati eccome: è stato fischiatissimo pure un comico che doveva tirare un rigore per beneficienza, solo perché noto supporter del liverpool. comunque è vero che la passione sportiva genera una violenza primitiva: non avevamo idea di chi fosse questo personaggio della tv inglese, ma al suo errore dal dischetto gli abbiamo dedicato un significativo, elegante e liberatorio gesto dell'ombrello. balotelli è poco amato sia dai tifosi avversari (per lui il buu più sonoro: finalmente si è materializzata l'utopia antirazzista di michele serra di poter dare dello stronzo ad un negro non perché negro, ma proprio perché stronzo) che dai propri, che non tollerano molto le sue simulazioni e gli atteggiamenti da bullo. però tutto questo con animo leggero e soprattutto solo dentro lo stadio. fuori perfetta e pacifica convivenza tra 80.000 spettatori, equamente suddivisi fra quelli vestiti di rosso e gli altri vestiti di blu. abbiamo fatto la fila ai vari chioschetti di finger food assieme a tifosi dell'altra squadra, senza la minima tensione o situazione di pericolo pubblico. fra l'altro impressionante il numero di bambini (già questo sarebbe strano in uno stadio italiano) con le nuove maglie - ovviamente originali, altra cosa impensabile nel regno del tarocco che sono le bancarelle fuori dai nostri impianti - di riserva di united (nerazzurra, come l'inter) e city (rossonera, come il milan). dopo l'ennesimo evento - musicale o sportivo che sia - vissuto in terra albionica non sappiamo più come stupirci di fronte all'organizzazione impeccabile, tanto che due/tre minuti di attesa fermi prima di imboccare la metropolitana ci sembrano un'eternità.
LOW COST - per risparmiare una cento euro (ricordate la mille lire del professor la sacca e del geometra falpalà?) siamo partiti da bergamo - anziché la più vicina venezia - e abbiamo parcheggiato nel più economico dei parking, sorti come funghi nei pressi di orio al serio. crediamo che chiunque disponga di un giardinetto in quella zona si sia gettato nel redditizio business dei posteggi, liberando il garage dal tosaerba del nonno e dal triciclo dell'infanzia andata. quello da noi prescelto (unico criterio seguito: il prezzo) era gestito da loschi figuri e il sistema altamente tecnologico della gestione dei posti consisteva in un post-it da appiccicare sul vetro della macchina con scritta a biro la data di ritorno. a nostro avviso, visto che si son pure tenuti le chiavi, abbiamo beneficiato dello scarso appeal della nostra vettura, che comunque sarà senza dubbio rimasta in strada sino a dieci minuti prima del recupero. sempre per ottimizzare la spesa complessiva del viaggio abbiamo optato, visti gli orari di arrivo e partenza, per un albergo nei pressi dell'aereoporto di stansted. per fare i signori addirittura l'hilton. i depliant potranno parlarvi sempre di doppi o tripli vetri per insonorizzare le stanze, ma alle quattro di mattina eravamo convinti che un boeing stesse partendo dal nostro bagno. da ultimo abbiamo pure abbandonato il veloce e comodo treno stansted express a favore dei mini bus diretti in città. sono più lenti, ma permettono di godersi lo scorrere delle periferie dal finestrino. anche qui il servizio ha una qualità strettamente connessa alla spesa: il nostro autista è rimasto chiuso fuori dal mezzo e ha dovuto bussare a noi passeggeri per farsi aprire...
LONDON BURNING - a leggere i giornali italiani e a vedere i resoconti dei tg nostrani si potrebbe credere che in quei giorni a londra si vivesse un clima da terza guerra mondiale. certo, ampio spazio alla rivolta dei quartieri era dato anche dalla bbc (probabilmente il miglior servizio pubblico del mondo: ricordiamo ancora la sera in hotel in cui un canale trasmetteva wimbledon e l'altro il festival rock di glastonbury, entrambi in diretta...), ma come al solito - abbiamo ricevuto riscontri analoghi anche per gli attentati del 2005 - la reazione british è stata subito quello della riconquista della normalità. qualche poliziotto in più in giro, ma soprattutto il desiderio della cittadinanza di non volersi privare del proprio elevatissimo standard di quotidianità. la sinistra inglese? invece di cavalcare la facile onda della protesta, ha condannato senza se e senza ma gli atti vandalici. perché un conto è sfasciare una vetrina di un supermercato per fame, un altro per portarsi a casa un ipad o una maglia del real madrid. la morale? la solita. forse ci meritiamo non solo gli alberto sordi, ma anche i pecoraro scanio e gli agnoletto della situazione.
TENDENZE - a dire il vero abbiamo trascorso poco più di 24 ore a londra, quindi non è che questa volta abbiamo avuto molto tempo per raccogliere le nostre consuete osservazioni di sociologia spicciola. segnaliamo solo che il fenomeno che credevamo scomparso dell'invicta come tratto identificativo dell'italiano in viaggio è ancora molto radicato, così come quello dell'applauso finale ad atterraggio avvenuto. che a saperlo prima uno spera davvero nell'incidente in volo per evitare tale momento imbarazzante.
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