martedì 19 maggio 2015

Nessuno uscirà vivo di qui (La sconvolgente biografia di Jim Morrison) - Jerry Hopkins & Danny Sugerman



Io ho un problema con i Doors.
Anzi, più che altro, ho un problema con Jim Morrison.

Non che non mi piaccia la loro musica, non sono un fan accanito, ma "le basi" ce l'ho insomma.
Relativamente ai dischi dei Doors, anni fa, avevo provato a sviluppare una mia teoria, incompiuta ed abbastanza inconcludente, che in parole povere diceva:
la cosa che mi lascia perplesso dei Doors è la eccessiva differenza tra i loro "classici" e i restanti pezzi. 
Nel senso che tra The end, When the Music's Over e via cantando e i brani meno noti c'è un abisso, mi mancano i pezzi che dentro un disco magari non spiccano, ma che danno continuità ed aggiungono valore.
Un buon centrocampo, di gente magari senza piedi eccelsi, ma che tira la carretta e porta acqua, in attesa del colpo da maestro dei fuoriclasse.

Si, lo so, non è chiarissima, come teoria.
Però di fondo resta il fatto che i brani dei Doors, per me se dividono in bellissimi ed insignificanti.

Jim Morrison, invece.

La fase Jim Morrison credo sia una tappa obbligata dell'adolescenza. Arrivi ad un punto in cui il suo alone di misticismo e maledizione ti attrae, ti coinvolge, fino a quando riesci a guardarlo con un po' più di distacco e ne prendi le distanze.

Il Mito Jim Morrison di solito è abbinato alle prime sbronze, alle prime esperienze con le droghe, ai primi sballi.
Una volta filtrato tutto questo, cosa resta di Mister Mojo Risin?
Un artista valido, validissimo, ma schiacciato dalla sua stessa sopravvalutazione e dal suo ego, dalla fragilità della sua psiche e dal "mostro" che aveva creato.
Un poeta? Si, sicuramente un uomo tormentato ed ossessionato dalla poesia, dalla morte e dal fascino perverso nel giocare con entrambe.
Oggi a 40 anni suonati e a + di 43 anni dalla sua scomparsa, è forse più semplice rivalutare l'opera dei Doors e di Morrison come poeta, senza l'alone di cui sopra, senza il contesto sixties, senza lo scandalo ed il punto di rottura che innegabilmente i doors rappresentarono per l'epoca.

Cazzi duri fasciati in pantaloni di pelle, padri da uccidere e madri da scopare, incitamento alla rivolta e "faro" per una generazione, una botta non indifferente per l'epoca, che questo libro non chiarisce se costruita ad arte o genuino prodotto della mente visionaria di un poeta

Libro che gioca su questa ambiguità, limitando molto gli aspetti puramente musicali del gruppo (ci sta, è un libro su Morrison non sui Doors), ma lasciando a mio avviso troppo spazio alle bizze "da artista maledetto" del cantante.

Un viaggio interessante nella parabola umana ed artistica di Morrison, un libro da cui si capisce la folle corsa all'autodistruzione di Morrison, ma che avrei apprezzato di più se avesse dato più visibilità al lato oscuro, alla depressione, alla tristezza che si nascondeva dieto quei capelli lunghi.

Invece a tratti sembra un elenco di alcolici, altre un elenco di donne da portarsi a letto, altre ancora un mercatino della droga.

Quando uscì il film di oliver stone, la visione mi colpì forte, del resto ero nell'adolescenza di cui dicevo prima, ma ricordo che ascoltai alcune critiche proprio sugli stessi argomenti, come se da un punto di vista commerciale, tirasse di più il Morrison tossico, ubriaco ed infedele che l'artista in senso stretto.

Sia lui che il gruppo, a mio avviso meritano ben altro.

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