Il loro suono festoso annuncia la nascita di Gesù, sottolinea i momenti di gioia, ci ricorda il suo amore per noi.
Le campane di Natale vivono in una casa in montagna, insieme a tanti animali e agli aiutanti di Babbo Natale e per tutto l'anno si preparano al loro compito importantissimo.
Quest'anno però una di loro improvvisamente iniziò a non stare tanto bene e ad essere molto debole.
Le altre campane erano molto preoccupate, perchè lei era da sempre una delle più attive ed il suo suono era particolarmente dolce, non era possibile un Natale senza di lei.
Anche gli aiutanti di Babbo Natale erano in pensiero, quella campana li aveva sempre trattati con amore, insegnando loro tutto quello che sapevano sul Natale e sulla vita.
Allora 3 piccoli aiutanti chiesero il permesso a Babbo Natale e diventarono aiutanti speciali della campana; visto che lei era stata come una maestra, iniziarono a studiare con attenzione ed impegno ogni giorno, senza distrarsi e senza pensare ai giochi, facevano i compiti diligentemente e iniziarono a prendere dei bellissimi voti ed ogni volta il cuore della loro campana speciale gioiva.
Visto che lei era sempre stata attenta a sistemare e riordinare le loro stanze, i tre piccoli aiutanti incominciarono a tenere tutto in ordine, a passare lo straccio per la polvere, a mettere a posto i giochi ed i libri, quasi facendo a gara per chi avesse la cameretta più ordinata; in poco tempo la casa divenne splendente e la loro campana speciale non dovette più preoccuparsi dell'ordine e poté riposare; il cuore della campana speciale gioiva sempre di più.
La campana speciale amava la pace e l'allegria quindi i suoi 3 piccoli aiutanti fecero un patto e impararono a non litigare più tra di loro; nessuno rubava agli i giochi o la merenda, nessuno prendeva in giro, nessuno rispondeva male; i 3 aiutanti impararono davvero cosa vuol dire volersi bene come fratelli e il loro esempio servì a tutti gli altri abitanti della casa; la campana speciale era felicissima ed il suo cuore era sempre più pieno di gioia.
I 3 piccoli aiutanti allora chiamarono tutti gli amici ed organizzarono una bellissima festa, tutti cucinarono qualcosa di speciale, la pizza, le torte, i dolci migliori; fu una festa meravigliosa e quando stavano per andarsene, i partecipanti videro la campana speciale alzarsi finalmente dal letto con il sorriso più bello che le avessero mai visto:
grazie amici miei, grazie miei piccoli aiutanti, il mio cuore si è riempito di gioia e di amore, al punto che ora sto bene, mi sento guarita e pronta ad annunciare il natale!!!
Tutti applaudirono e batterono le mani, evviva!!! evviva!!!! la campana speciale era guarita!!!! Era guarita grazie all'amore dei suoi 3 piccoli aiutanti e di tutti quelli che le volevano bene!!!
Quell'anno la campana speciale suonò meglio di quanto avesse mai fatto e da allora nella casa delle campane di Babbo Natale regnarono amore, amicizia e felicità.
Dopo due settimane di pausa ed altre due dedicate a Su La Testa, domenica 18 dicembre ho presentato una puntata speciale di Championship Vinyl, il mio programma sulla storia del Rock, in onda su BRG Radio.
Puntata natalizia, dedicata alla tradizione ed alle interpretazioni di grandi classici da parte degli artisti di cui ho parlato nelle puntate scorse.
Ecco le canzoni andate in onda:
Elvis Presley - Santa Clause Is Back In Town
Elvis Presley - White christmas
Frank Sinatra - Have Yourself A Merry Little Christmas
Dean Martin - Let it Snow!
Johnny Cash - I'll Be Home For Christmas
Elvis Presley - Here Comes Santa Claus (Right Down Santa Claus Lane)
Frank Sinatra - Jingle Bells
John Lee Hooker - Blues for Christmas
Elvis Presley - Oh little town of Bethlehem
Albert King Santa Claus wants some lovin'
Lightnin Hopkins . Santa
Elvis Presley - I Believe
Etta James - Silent Night
Se avete l'audio del pc attivo, è quella che state ascoltando ora e che parte in automatico, oppure, se ciò non accade, potete trovarla qui:
Domenica 20 novembre, invece del mio programma sulla storia del rock Championship Vinyl, ho dedicato su BRG Radio una puntata al Festival Su La Testa ed in particolare alla rassegna Su la Testa On the Road che si sta tenendo in questi giorni in diversi locali della riviera e che ho contribuito ad organizzare.
Un mese dedicato alla "Musica che ci gira intorno", ai musicisti locali che cercano di emergere, al talento nascosto nella nostra provincia e che con ostinazione cerchiamo di valorizzare.
Un mese in posti vecchi e nuovi, con amici vecchi e nuovi e soprattutto tanta bella musica. Ecco i musicisti coinvolti
Ivano Fossati - La musica che gira intorno
Geddo - Cammina cammina
Michele Savino - L'ultimo giorno di stage
4REAL - Change my mind
Ginez - Rapina
Vico 28 - Gufi e rondini
Sergio Pennavaria - Il Collasso
4sixtyfive - Consapevole
Dagma Sogna - La tua verità
Chiara Ragnini - Tra le Foglie
Edoardo Chiesa - Ti rispondo
Blue Scarlet - Lei
The Londonpride - Mr. Kind
Se avete l'audio del pc attivo, è quella che state ascoltando ora e che parte in automatico, oppure, se ciò non accade, potete trovarla qui:
Eppure Bruce ci aveva provato in tutti i modi, a spiegarcelo.
Mi riferisco alla regina assoluta delle canzoni travisate, Born in the USA
Già ben equivocata appena uscito l'omonimo album, questa canzone continua tuttoggi ad essere presa come una manifestazione di edonismo (termine a cui spesso viene affiancato l'aggettivo "reaganiano", già dimostrando di essere fuori strada) iper patriottico in piena guerra fredda.
Non è così, basta leggerne il testo per capirlo.
nato in una città di morti, il primo calcio lo presi non appena venni al mondo
(aprire parentesi lunghissima sull'ascolto in macchina come unica salvezza per un minimo di godimento della musica)
Ed a parte che la divisione delle tracce nei cd fa cagare, vi faccio notare la seguente sequenza, supponendo di trovarci davanti ad un unico disco
Born in the usa + seeds + the river + war
Anzi, facciamo qualche passo indietro e vediamo come a fare da ponte tra le registrazioni del tour 80/81 e quelle 84/85 ci sia woody guthrie con this land is your land (presentata come una canzone arrabbiata) e poi di seguito i 3 pezzi di nebraska, acustici e spettrali.
Dopo di che deflagra Born in the USA, quell'urlo così frainteso di un figlio respinto, manco il tempo di prendere fiato ed ecco Seeds, l'epopea dei senza casa, in cerca di un futuro per sè stessi e per i figli malconci, costretti a dormire in strada da una crisi che già nei meravigliosi anni 80 mieteva le sue vittime. Un anticipo di The Ghost of Tom Joad, una trasposizione all'attualità dei temi trattati da Steinbeck e John Ford
Ci sono degli uomini accovacciati lungo i binari
L'Elkhorn Special mi soffia i capelli indietro
Tende piazzate sull'autostrada alla sporca luce della luna
E non so dove dormirò stanotte
Non è più semplice, ora che questo brano le è attaccato, capire che il protagonista di quella canzone è un reduce, un reietto, un respinto?
Andiamo oltre, un arpeggio di chitarra ci porta a quella lunghissima introduzione a The River, dove troviamo cose che poi Bruce approfondirà nella sua recente autobiografia: il rapporto col padre, il sentirsi impopolare a casa sua, la paura di andare in vietnam, la morte del batterista di un suo vecchio gruppo.
Non mi hanno preso
Molto bene.
lo spettro della guerra evidentemente terrorizzava anche il padre, nonostante dicesse di non vedere l'ora di vedere Bruce nell'esercito ed il sospiro di sollievo finisce dritto nell'armonica introduttiva.
The River racconta di un'America povera, che combatte ogni giorno, di gente che vuole continuare a sognare nonostante tutto, nonostante la paura di capire che il suo sogno non era altro che un incubo (o qualcosa di peggio). Siamo sempre lì, siamo sempre nel cortile del reduce, che magari ha la bandiera esposta, ma scopre con dolore che il suo amore verso la patria non è ricambiato. Cosa c'è di edonista in tutto ciò?
Non abbiamo ancora finito.
La chitarra di Nils geme e Bruce ritorna a parlare della sua giovinezza, per dirci che la fede cieca nei nostri leaders ci porterà alla morte. La folla non ha il tempo di ruggire la sua approvazione verso questo monito che la ESB esplode in War, il pezzo di Edwin Starr trasformato in un monolite granitico con il suo testo semplice ma diretto, con le sue domande banali, a cui però non si riesce a trovare una risposta.
Guerra
A cosa serve?
Assolutamente a nulla
Dillo di nuovo
Guerra
A cosa serve?
Assolutamente a nulla
E siamo dunque tornati al vietnam, alla guerra, alla sofferenza, ma anche e soprattutto a questa idea dell'america che è tutto tranne che edonistica, che non mostra i muscoli ma le cicatrici, che i muscoli se li fa venire per arrivare a sera, c'è un'umanità che da sempre cerca di rigare dritto, che non giudica chi come Johnny 99 non ci riesce, che non condanna perchè sa che non spetta a loro condannare, perchè per loro è già difficile vivere, perchè come diceva nel disco precedente "penso che ci sia tanta malvagità in questo mondo"
Questo è a mio avviso il messaggio di Born in the USA, sia della canzone che di tutto il disco, un album che racconta l'America anni 80 si, ma quella che sta ai margini dei riflettori.
Una volta esploso il "fenomeno Bruce" era difficile tenere certe cose sotto controllo, ma anche nel live il messaggio c'era, bastava provare a leggerlo
Domenica 13 novembre è andata in onda la ventitreesima puntata di Championship Vinyl, il mio programma dedicato al rock and roll in onda su BRG Radio
In occasione del primo anniversario degli attentati terroristici a Parigi, tra cui il più grave avvenne al teatro Bataclan, per sottolineare la bellezza della vita e della musica, da contrapporre alla morte ed all'odio, BRG Radio per tutta la settimana trasmetterà solo brani registrati dal vivo. Championship Vinyl ha quindi dedicato la puntata ad alcuni pezzi degli artisti fin qui trattati, ovviamente suonati in concerto, dalla prima esibizione di Elvis, al famoso battibecco tra Bob Dylan ed un fan a Manchester, nel 1966. Anche Belin Che Canzone era dedicata ad un brano live e l'artista della settimana è Chiara Ragnini
Ecco i brani andati in onda
Elvis Presley - That's Alright, Mama
Chiara Ragnini - Un colpo di pistola
Elvis Presley - Heartbreak Hotel
Elvis Presley - Lawdy Miss Claudy
Johnny Cash - Jackson
Johnny Cash - 25 minutes to go
Jerry Lee Lewis - whole lotta shakin goin' on
Jerry Lee Lewis - High School Confidential
Carl Perkins - Matchbox
Roy Orbison - Only the Lonely
Muddy Waters - Rolling Stone
Bob Dylan - Like a Rolling Stone
Se avete l'audio del pc attivo, è quella che state ascoltando ora e che parte in automatico, oppure, se ciò non accade, potete trovarla qui:
Domenica 6 novembre è andata in onda la ventiduesima puntata di Championship Vinyl, il mio programma dedicato al rock and roll in onda su BRG Radio Puntata dedicata alle cover dei pezzi di Bob Dylan eseguiti da artisti del rock-folk alternativo, condotta insieme all'amico ed esperto di indie Ivano Tortarolo. La BELIN CHE CANZONE della settimana è YOU ARE PARANOID dei BRAIN LESS
Ecco i brani andati in onda
You are paranoid - Brain Less
Dark Eyes - Iron and Wine Calexico
Tangled Up In Blue - Indigo Girls
Ring Them Bells - Sufjan Stevens
Leopard-Skin Pill-Box Hat - Beck
Fourth Time Around - Yo La Tengo
Stuck Inside of Mobile With The Memphis Blues Again - Cat Power
Highway 61 Revisited - PJ Harvey
Knocking on Heaven's door - Anthony and the Johnsons
One More Cup of Coffee - The White Stripes
Maggie's Farm - Rage Against the Machine
Se avete l'audio del pc attivo, è quella che state ascoltando ora e che parte in automatico, oppure, se ciò non accade, potete trovarla qui:
Dopo quintali e quintali di libri sul tema, non tutti (per usare un eufemismo) necessari, mister Springsteen decide finalmente di raccontare la sua versione dei fatti.
La vita di Bruce è ovviamente argomento di massimo interesse per chi come me dentro alla sua produzione musicale ci ha vissuto centinaia forse migliaia di vite diverse, di amori, avventure, successi, delusioni consolate e quant'altro sia possibile vivere dentro a delle canzoni talmente radicate nel tuo cuore da essere davvero parte di te stesso.
Bono Vox, quando nel 1999 introdusse Bruce nella Rock and Roll Hall of Fame, disse che non c'era bisogno di leggere nel gossip per avere informazioni piccanti su Springsteen, perchè la sua vita era dentro le sue canzoni; pur smentendo parzialmente questa affermazione, dicendo che la vita e l'arte sono due cose ben distinte, Bruce però dà ragione all'amico irlandese, in quanto in queste righe ci racconta molte cose che avevamo già intuito nei suoi album.
Il primo punto da affrontare, a mio avviso sta nella volontà dell'autore di smontare molta della epicità che i suoi brani, in special modo quelli più carichi di enfasi, trasmettono tuttora. Il racconto, soprattutto dei primi anni, ha la sua forza nella assoluta normalità, tendente alla sfiga, della vita degli Springsteen. Bruce è una persona che riconoscerà presto di avere un talento e saprà farlo fruttare, ma passando prima attraverso periodi di crescita, sofferenza e dolore che ne forgeranno il carattere e gli saranno di continua ispirazione per tutta la carriera.
Della giovinezza si capisce principalmente la convinzione e la passione con cui si ostinò a raggiungere quel traguardo, che forse inizialmente non aveva nemmeno ben chiaro, grazie alla sua creatività ed al suo talento. La fatica con cui la sua famiglia sbarcava il lunario segnò profondamente l'immaginario con il quale creare i personaggi che da subito popolavano le sue canzoni, personaggi veri, umani e soprattutto credibili; credibilità che affonda le sue radici, anche oggi dall'alto del suo conto in banca, dall'aver sentito davvero vicino quell'umanità disperata di cui canta da 40 anni. Basti pensare a Factory, la canzone perfetta per rappresentare la classe operaia, così piena della vita del padre.
Da un punto di vista "musicale", a prescindere dall'apprezzamento che si può avere verso la sua discografia, questo è un libro da leggere e memorizzare come si fa con i manuali di istruzioni, una sorta di tutorial dove Bruce, novello Aranzulla, raccontando la sua carriera spiega cosa voglia dire davvero combattere per raggiungere un traguardo, senza perderlo mai di vista.
Si dà molta importanza a questo aspetto nel libro, passando sopra spesso ai rapporti familiari, di cui Bruce racconterà molto, ma sempre con pudore e discrezione e soprattutto lasciando inevitabilmente trasparire la sofferenza provata a causa dei problemi del padre, la mancanza del suo amore e l'attaccamento fortissimo alla madre. Pudore e dignità, una grande signorilità che appare chiara in diversi passaggi del libro, soprattutto in quelli più delicati, come la causa con Appel ed il divorzio; nel primo caso Bruce non nega i torti subiti, ma riesce comunque a far emergere gli aspetti positivi del ruolo del suo primo manager, senza per questo nascondere il dolore che gli causò. Nei confronti di Julianne Philips invece colpisce la delicatezza con cui si addossa interamente le colpe del fallimento, ancora prima del tradimento, per via dei retaggi infantili che gli facevano, parole sue, aver paura di essere amato.
Viene da sé che dal libro emerga fortissima l'importanza nella sua vita della moglie Patti, persona presente da moltissimo tempo nella sua vita e che qui esce fuori come vera "padrona di casa", capace di accettare ed aiutare Bruce nelle sue versioni peggiori.
Trovo molto più interessante leggere del sostegno reciproco che i due si sono dati e si danno tuttora, piuttosto che ipotizzare nuove relazioni e scappatelle da tour.
Patti ha sempre dimostrato di meritarsi un posto su quel palco e in questo libro il merito ovviamente viene confermato ed aumentato.
Anche nel menàge familiare colpisce la capacità di Bruce di raccontare la sua vita in modo normale, senza falsa modestia, senza nascondere i privilegi di cui gode, ma senza che questi diventino argomenti eccessivamente interessanti.
La musica, la musica, ecco cosa interessa, la musica!! Il racconto della domenica sera in cui Elvis si esibì all'Ed Sullivan Show, intriso di quell'enfasi che altrove è smorzata, con quel senso di unicità che rende benissimo l'idea di cosa possa essere stato, per gli americani, quella prima volta.
Andatevelo a leggere, poi cercate la parte della biografia di Keith Richards in cui racconta della prima volta in cui ascoltò Heartbreak Hotel, poi ditemi se non vi viene voglia di metter su un disco a tutto volume o, ancora meglio, fondare una rock band.
Andare via dalla città dei perdenti per vincere! Anche se lo cantò solo al terzo disco, è chiaro che fosse questo l'obbiettivo di Bruce sin dal primo momento in cui iniziò ad interessarsi di musica! La vita da solo, i viaggi in California in cerca di successo, i tentativi, le delusioni, la determinazione. Tutto contribuì a chiarire in lui dove voler arrivare e come, trovando nella ESB il gruppo ideale.
Gruppo ideale che viene descritto con franchezza, giù dal palco non è il caso di offrire presentazioni pompose, di parlare di fantasmi, padrini, uomini mitici, perchè quello lo possiamo trovare dappertutto, nei loro live; la bellezza di queste pagine sta proprio nel non nascondere che dietro a THE E STREET BAAAAAAAAAAAAAAAAND ci sono persone che hanno litigato, si sono offese, hanno portato rancore, ma che nonostante questo, sopra un palco hanno scritto pagine indelebili del rock and roll.
Certo, la dolcezza con cui racconta dei casini che combinò Danny, dei suoi problemi con dipendenze varie, parla di un profondo affetto, quello che si riserva alle persone importanti nella propria vita.
Il racconto dell'ultima serata passata a suonare assieme, con Danny che chiede di imbracciare la fisarmonica ad Indianapolis e portare per l'ultima volta (e sapevano tutti che era l'ultima volta) tutti sulle spiagge di Asbury Park è un colpo duro e commuove; in questi frangenti, appare evidente la bravura di Bruce come narratore, perchè è incredibile il modo in cui riesca a farti sentire vicino a loro, sotto a quel palco.
La parte dedicata alla morte di Clarence, se possibile, è ancora più dura; mi sono ritrovato a singhiozzare mentre leggevo delle ultime ore di vita del Big Man, non tanto per via degli episodi, più o meno conosciuti, ma per quel senso di smarrimento che ancora oggi attanaglia Bruce nel non averlo più accanto. La nuotata nell'oceano che Bruce fa dopo la morte di C, per come la racconta, vale un paio di singoli da classifica.
Altrettanto si dica per il percorso che portò Jake ad entrare nella band; in quelle righe ritrovo la mia stessa sofferenza e successiva difficoltà nell'accettarlo, ricordo perfettamente cosa provai a san siro nel 2012 e di come solo pochi giorni dopo, a Firenze, capii qualcosa che ho poi ritrovato nelle pagine di questo libro.
La parte più dolorosa e spiazzante è ovviamente quella dedicata alla sua depressione, alla fatica di scendere dal palco e vivere normalmente, alla paura di essere amato e contemporaneamente a quella di non riuscire a contraccambiare. Colpisce il modo in cui senza timore Bruce smonti la sua immagine pubblica, non solo quella "con la bandana" ma anche quella più recente, per raccontarci un'altra verità, fatta di medici, medicine, silenzi, fughe, assenze. Emoziona anche il modo in cui ci spiega come sua moglie gli abbia insegnato a diventare un padre migliore e come contemporaneamente sia riuscito ad essere anche un figlio più completo.
La nascita dei figli, specialmente del primo è nuovamente un punto da brividi, grazie alla sua capacità di trasmetterti la più piccola scossa emotiva. Living Proof.
La scrittura, punto forte del suo successo, qui è molto intima ed accogliente, ci fa entrare dentro una casa della quale non ci mostra tutto, ma comunque molto, dove vengono visitate di sfuggita le sale dei trofei e ci si sofferma di più in quelle delle emozioni, del lavoro, dei sogni.
Una delle chiavi del successo di Springsteen, sta anche in quello che emerge, verso la fine, dal suo recente incontro con gli Stones. Il capitolo dedicato alle prove in una saletta scarna ed essenziale è il manifesto di un vero prigioniero del rock and roll, che ancora oggi, dopo una carriera simile, si emoziona per un duetto e, soprattutto, per quella alchimia magica che il rock riesce a creare in situazioni minime come appunto la saletta dove provò Tumbling dice.
Altrettanto emozionante è l'umiltà con cui si mette sempre un passo indietro rispetto ai suoi eroi, gli stones appunto, elvis, gli who, tutti i gruppi visti, ascoltati e sognati da ragazzo. Loro sono i geni, lui si definisce uno che lavora duro; ovviamente sono troppo partigiano per essere d'accordo con questa frase, ma credo che anche questo atteggiamento sia uno dei motivi che lo hanno portato dove è arrivato; serietà, caparbietà, tenacia, una capacità di scrittura che ha pochi eguali. Proprio lui disse che Elvis liberò il corpo e Bob Dylan la mente, proprio lui che al primo ascolto di Like a rolling stone sobbalzò come avesse già capito tutto, in un lampo, proprio lui, a mio avviso è uno dei pochi che, pur non avendo inventato nulla, è riuscito a creare una musica che liberasse SIA il corpo CHE la mente, contemporaneamente. Non so quanti capitoli restino da scrivere a questa storia, però un libro del genere, come ho detto all'inizio, andrebbe preso ad esempio per tutti quelli che oggi cercano di farsi strada nel mondo della musica; andrebbe studiato, bisognerebbe confrontarsi con questo percorso e verificare con queste righe dove si sta cercando di andare. Un romanzo americano, che grazie al filo conduttore del rock racconta una storia più grande, che ci coinvolge anche se siamo lontani, che parla di noi anche se non ci conosciamo, come capita spessissimo nelle sue canzoni. Un grande regalo, l'ennesimo, da parte di una figura unica e temo irripetibile. So Mary, climb in.
Un
paio di estati fa, alla fine di una serata di poesia, la mia amica
Vera mi si avvicina insieme ad un tizio poco raccomandabile. Calvo,
dal bicipite importante, occhiali a specchio anche se è da un pezzo
passata la mezzanotte, ma non è ancora l'alba.
Il minaccioso mi
guarda attraverso le sue lenti e mi indica col dito: mi ha detto lei
che a te potrebbe interessare il nostro cd!
Remissivo
e pavido acquistai il dischetto, di un gruppo che avevo sentito
nominare, ma di cui non avevo ascoltato nulla.
Dopo
qualche giorno, passato lo spavento, mi decido ad ascoltarlo, ma
temendo che la musica riflettesse l'aggressività di almeno uno dei
suoi componenti, per garantirne la sicurezza, ordino a mia moglie di
uscire e portarsi via la bambine e dicendole, temendo che dal
dischetto uscisse chtulu a scatenare l'armageddon, “Se tra 30 minuti
non ti chiamo, avvisa la polizia, i vigili del fuoco, la protezione
civile e la legione straniera; ricordati che ti ho amata tanto, ma se
provi a buttarmi i cd mando qualcuno a spaccarti la testa”
(secondo
antefatto)
settembre
2016, in un elegante bar di Savona, sono seduto di fianco ai Dagma
Sogna, che presentano in anteprima il loro nuovo album e mi hanno chiesto di
accompagnarli in questo tardo pomeriggio, tra chitarre acustiche,
magliette e domande.
Metti
insieme la D di Daniele Ferro e Davide Garbarino, la A di Alessandro
Giusto, la G di Gabriele Lenti, la M di Matteo Marsella e unisci il
tutto con un ingrediente indispensabile al giorno d'oggi,
specialmente per chi vuol fare musica, addirittura musica propria: il
sogno.
Il
gruppo savonese, attivo da più di un anno, pubblica oggi il primo
album “Frammenti di Identità”, che segue ed ampia l'EP “Elefanti
di Nuvole”, autoprodotto la scorsa estate ed i cui brani
confluiscono nel loro disco d'esordio, prodotto da Areasonica
Records.
Il
quintetto propone negli 11 brani dell'album una formula melodica
accattivante, che prende spunto dal rock italiano, senza vergognarsi
di scendere a compromessi con il pop di qualità e soprattutto
dimostrando grande impegno sui testi, diretti ma non banali né alla
ricerca di rime facili.
Lo
stile elegante e tranquillo della loro musica infatti si pone nei
confronti degli ascoltatori in modo da catturarne l'attenzione,
poiché ogni pezzo è frutto di scelte accurate sia musicali che
linguistiche.
La
band basa il proprio suono sul pianoforte e le tastiere di Davide
Garbarino, che tesse con sapienza le trame delle varie canzoni,
creando quel tappeto sonoro indispensabile per legare assieme parole
e musica.
L'atmosfera
del disco è agrodolce, i testi sono in maggior parte malinconici ed
amari, come se lo scriverne ed il cantarne rappresentasse uno
strumento di analisi e di catarsi per fare il punto della situazione
sulla propria vita
I
punti fondamentali a livello tematico sono fondamentalmente due: la
difficoltà di relazione e l'insoddisfazione di fronte ai bilanci
della vita; grava su tutto il disco un senso di ineluttabilità, come
se il fallimento in certi contesti fosse una fase del tutto
inevitabile nella vita di ciascuno di noi; a questo si contrappone
però la tensione al miglioramento e la volontà di non arrendersi a
tali fallimenti, accettati, analizzati, masticati, digeriti, ma
soprattutto tenuti bene a mente per riuscire a ripartire.
Fallimenti
e ripartenze, difficoltà ed esami di coscienza, da questi conflitti
emergono le canzoni dei Dagma Sogna, che parlano di situazioni comuni
ad ognuno di noi e per questo entrano facilmente dentro a chi le
ascolta, che può tranquillamente immedesimarsi nei protagonisti.
Altro
senso del disco è la ricerca di una identità, come suggerisce il
titolo dell'album, una identità spesso frammentata e frammentaria,
divisi come siamo tra mille cose diverse.
Sia
la copertina di questo album che quella dell'EP (opere dell'artista
Francesco Quadri) sono composte da colori pastello, tenui, soffusi,
poco definiti, così come le figure in esse presenti; quasi a
sottolineare la sfuggevolezza dell'esistere e la voglia dei ragazzi
di trovare invece una definizione chiara e comprensibile.
A
tal proposito appare curioso ed indicativo di quanto ho appena detto,
il modo in cui in diversi titoli si contrappongano elementi ben
delineati ed altri molto più sfumati o di difficile catalogazione,
come elefanti e nuvole, l'uomo e la latta, l'anima e la sabbia: la
band chiede e cerca una solidità ed un'istantanea che li definisca
ed assegni loro un posto preciso.
Si
scende a patti con il proprio essere, con i propri limiti e le
proprie debolezze, ci si cerca di accettare come siamo, ma sempre e
comunque dando tutto di noi stessi; anche a costo di rimpiangere di
averlo fatto, ma preferendo questa scelta al rimorso di dover pensare
“e se lo avessi fatto?”.
Amore
e realizzazione quindi; in un album dove si percepiscono chiaramente
gli alti e bassi tipici di una vita intensa e vissuta senza
compromessi; a volte sembra che la felicità faccia quasi
paura, ma sia un traguardo a cui è impossibile rinunciare.
L'amore
stesso è vissuto con fatica e spesso finisce tra dolore e rimpianti,
al punto che, per via della paura della felicità di cui sopra,
l'unico momento in cui il protagonista è con una donna e la passione
sta per avere il sopravvento, il temporale arriva a disturbare la
coppia ed a simboleggiare un senso di colpa insito nell'animo umano e
forse congenito ed atavico.
Il
temporale è il brano che apre il disco, unico brano in cui l'azione
si svolge “qui ed ora” e non basato su riflessioni dolci-amare;
forse proprio per questo dà il la all'album, scatenando, come un
elemento atmosferico dell'anima, tutte le riflessioni che seguiranno.
La pioggia svolge il suo tradizionale ruolo purificatore, lavando via
però anche momenti intimi e passionali.
Adesso
no invece propone una sorta di sliding doors spazio-temporale, con il
protagonista che nella convinzione di riuscire (non si sa come o
quando) a raggiungere i suoi sogni, vive il presente accavallandolo
ad una dimensione a metà tra il sogno ed un futuro da costruire
L'impossibilità
guarda indietro, ricorda tempi migliori ed utilizza anch'essa il
sogno per volare sopra il quotidiano; ennesimo esempio di come la
musica sappia spingerci più in alto rispetto al nostro difficile e
poco poetico oggi.
Prendo
tempo è la mia preferita, già dai tempi dell'EP, dove si intitolava
Ormai è tardi perchè cristallizza un momento, un fermo immagine, un
istante di un amore clandestino, segreto ma intensissimo, nel quale
ci stupisce l'arrendevolezza del protagonista, che pur consapevole
della forza del suo sentimento verso la donna che sta per tornare
alla sua vita “ufficiale”, la lascia andare via, prendendo atto
che “I miei vorrei, chiederanno dove sei” e che lei per quanto
sia grande il loro amore resterà “uno spazio perso”. Ecco
l'ineluttabilità della vita e del destino, rendersi conto di aver
vicino la persona giusta ma contemporaneamente capire che non la si
avrà mai. Non è ironico? cantava Alanis Morisette, forse si, ma fa
terribilmente male.
La
tua verità rappresenta un po' un riassunto delle tematiche
affrontate dai Dagma Sogna, ricerca, catarsi, esame di coscienza. La
voglia di mettere nero su bianco questa tormenta interiore, per
cercare quei frammenti di identità di cui parla il titolo del disco
e che nel booklet vengono ben rappresentati da pezzi di specchio nei
quali si riflettono i 5 musicisti.
5
musicisti che provengono da esperienze molto diverse tra loro, dal
punk al metal, passando per il prog e la musica rock –
cantautorale, ma che proprio come dicono di voler fare nelle loro
canzoni, riescono a costruire per Dagma Sogna un suono (ed una
identità) ben definita, dal tratto riconoscibile e per nulla
scontato; risultato che si deve al grande impegno ed entusiasmo che
tutti hanno messo dentro questo progetto, di cui parlano con estrema
soddisfazione ed orgoglio.
Il
traguardo dei 30 anni ha spinto Daniele ed Alessandro, principali
autori dei testi, (con Davide a ruota) a voltarsi indietro e
ripercorrere il loro cammino, in modo da poter affrontare il futuro
con maggior consapevolezza e caparbietà, senza negare i propri
limiti e le difficoltà, ma traendo da esse la benzina necessaria a
proseguire.
Testardi,
ostinati ed inguaribilmente romantici, i Dagma Sogna trovano forse la
migliore definizione nelle parole de “La tua verità”: “pensi
che poi non saresti te stesso, senza quel rimpianto di aver dato
tutto”.
A testa bassa, pur sapendo del male che farà, i ragazzi
savonesi continuano a dare tutto e a giocarsi in musica con una
sincerità spiazzante.
Domenica 30 ottobre è andata in onda la ventunesima puntata di Championship Vinyl, il mio programma dedicato al rock and roll in onda su BRG Radio
Puntata dedicata alla musica dolce e romantica degli anni 50.
Inoltre gustosa novità in casa BRG.
Da oggi infatti inizia la collaborazione con Archetype Rec, casa discografica indipendente di Savona, con la quale abbiamo in progetto di fare diverse cose.
Per iniziare, grazie a Stefano, la Archetype diventa protagonista della BELIN CHE CANZONE della settimana, proponendoci i Motel Transylvania, gruppo savonese che proprio per Archetype ha pubblicato il primo EP "They dig after midinght"
Buon ascolto!!
Motel Transylvania - It's not so bad
Patti Page - The Tennessee Waltz
Peggy Lee & Mel Tormé - The Old Master Painter
The Andrews Sisters - I Can Dream, Can't I ?
Bing Crosby - Dear Hearts And Gentle People
Billy Eckstine - My Foolish Heart
The Ames Brothers - Rag Mop
Anton Karas - Third Man Theme
Red Foley - Chattanoogie Shoe Shine Boy
Doris Day - Bewitched, Bothered And Bewildered
Nat King Cole - Mona Lisa
Edith Piaf - La Vie En Rose
Gary & Bing Crosby - Play A Simple Melody
The Weavers With Gordon Jenkins And His Orchestra - Goodnight, Irene
Se avete l'audio del pc attivo, è quella che state ascoltando ora e che parte in automatico, oppure, se ciò non accade, potete trovarla qui: