giovedì 12 aprile 2018

La teoria del 100%



Domenica la squadra di pallavolo under 14 dove gioca mia figlia ha partecipato ad una specie di playoff per decretare la vincitrice delle provincie di savona ed imperia.

A questo appuntamento, come alle semifinali di due settimane prima, la squadra di finale è arrivata come rivelazione del campionato, perchè la rosa è formata da solo due ragazze in età da u14 e da tutte altre ragazze più piccole, addirittura di 11 anni.

Sono arrivate seconde, togliendosi la soddisfazione di battere, come in semifinale, i padroni di casa e cedendo dignitosamente contro l'albenga.

La lezione, importante, importantissima, che hanno imparato mia figlia e le sue compagne, è il perfetto esempio di quella teoria che io da qualche tempo cerco di spiegare a luvi e virgi, che potremmo chiamare "la teoria del 100%".

Ludovica, ragazzina ansiosa, da un paio di anni ogni tanto se ne esce con qualche domanda sulla nostra eventuale reazione in caso di voti brutti o non bellissimi; noi (io memore della mia travagliata vita studentesca, soprattutto alle superiori) diciamo sempre che non ci interessa che siano le prime della classe, ma che rendano al 100% delle loro capacità.

Se il tuo 100 è 6, allora un 6,5 sarà accolto come un traguardo strepitoso, ma se il tuo 100 è 8, non saremo soddisfatti di un 7.

Credo sia una eredità che ci hanno lasciato gli scout ed il loro motto "Del nostro meglio".

Domenica le ragazze della u14 dovevano dare il 100 e questo avrebbe significato essere soddisfatte ed orgogliose del loro percorso. Non si sono limitate a questo, perchè dando il 100, ad un certo punto dentro di loro è scattato qualcosa che le ha spinte a dare il 110, con la leggerezza ma anche la cocciutaggine dei loro anni.

Probabilmente il loro 100 era arrivare alle finali, ma hanno capito, anche chi come Ludovica il campo lo vede giustamente poco, che l'impegno ripaga e soprattutto genera altro impegno.

Potevano cedere di schianto dopo aver vinto il primo set, aver perso il secondo (in vantaggio 24-22) ed il terzo, invece hanno vinto il quarto e fatto un tie break perfetto, per precisione e concentrazione.

Hanno sentito dentro di loro la convinzione di poter fare qualcosa di più e lo hanno fatto.

E la cosa che mi piace di più, da genitore, è che abbiano toccato con mano una verità, quella che fare del proprio meglio porta sempre qualche frutto, che le farà crescere non solo come atlete, ma come persone.

Sarà quello l'esempio a cui aggrapparsi nei momenti di difficoltà, in campo come a scuola o nella vita, per ricordarsi di essere capaci di andare oltre i propri limiti.

Mia figlia e le sue compagne domenica hanno alzato la loro personale asticella dei limiti, in un mondo che tende ad abbassarla, possono essere davvero orgogliose.

Questa è per loro, qualunque sia il loro sogno.

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