La storia del calcio,
raccontata da gianni brera, è la storia nostra, del nostro paese,
delle nostre contraddizioni, dei nostri pregi e dei nostri difetti.
Non me ne vogliano i
detrattori, gli snob, gli indifferenti, ma il gioco del calcio fa
parte della nostra vita di italiani e fa parte della nostra cultura,
oltre che della nostra storia.
E soprattutto, mettetevi
il cuore in pace, nostalgici a prescindere, no, il calcio di una
volta non era diverso, non era migliore, non era più etico.
Mancava l'esposizione
totale di adesso, mancava il parossismo fanatico forse, ma forse no
(43 anni fa la nazionale VICE CAMPIONE DEL MONDO tornò dai mondiali
messicani, italia – germania 4-3 ricordate? E venne presa a
pomodorate e insulti come quella che 4 anni prima venne eliminata dai
dilettanti coreani), ma già allora c'erano le esagerazioni, le assurdità, l'enorme giro di soldi attorno a calciatori, dirigenti, allenatori, giornalisti.
Gianni Brera, maestro di
scrittura, traccia questo racconto, dalle partite con le palle di
stracci alle trasferte in vista dei mondiali argentini del 1978,
parlando della nascita di una nazione, che passa attraverso lo
sprofondo di due guerre mondiali, del ventennio fascista,
dell'alleanza coi nazisti, della guerra civile per la liberazione;
eravamo additati come cattivi, criminali, delinquenti, poveracci.
Ma pochi giorni dopo la
fine della guerra 40\50 mila persone erano allo stadio.
Una parte enciclopedica con date e numeri e risultati e tabellini, ma affiancata costantemente da una parte di cronaca, di racconto, di storia.
Le veline, gli scandali, il doping, la corruzione.
Che ridere quelli che li
credono novità dell'ultim'ora per poter alzare il loro sensibilissimo nasino e dire "ah, una volta...".
Certo, nel periodo delle
case chiuse si poteva contrattare col mister per una visita “di
piacere”, oppure giocatori anche famosi potevano scendere in campo
dopo l'inizio della partita poiché svegliatisi tardi nel letto del
bordello dove avevano passato la notte, o altri ancora, per ottenere
una tariffa di favore o qualche servizio in più si potevano
presentare direttamente in divisa da gioco.
500 pagine che dimostrano
nel bene e nel male come lo sport, specie quello povero, plebeo, come
in effetti era il calcio, sia lo specchio migliore per conoscere un
paese.
Il calcio come valvola di
sfogo, come metafora, come emancipazione da una posizione sociale
difficile da accettare.
Viva il calcio, da sempre
lo sport più bello del mondo!
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