sabato 23 marzo 2013

Mi chiamo Tomaso Bruno - quinta parte




Ringrazio Marina, la mamma di Tom, che mi ha autorizzato a pubblicare questa serie di manoscritti che suo figlio le ha scritto dal carcere di Varanasi, dove si trova da più di 3 anni, con l'accusa di aver ucciso insieme ad Elisabetta Boncompagni il loro amico Francesco Montis.
Vi chiedo di condividere questi post e di farli leggere a più persone possibili, affinchè tutti o quasi sappiano dove si trovano ora due nostri connazionali.


Comunicare, barriere linguistiche
Venendo in India pensavo di trovare una buona percentuale di persone che parlassero la lingua inglese, vista la loro presenza sino al 1947, ma già fuori dal carcere mi sono accorto che non è così. Dentro ovviamente la situazione è precipitata : su circa tremila detenuti solo una decina parla un inglese corretto,la situazione non è migliore tra le guardie, infatti nessuna di esse lo parla ed anche tra le autorità carcerarie (Direttore, Vice ecc) solo il primo lo mastica un pochino. Sono comunque stato abbastanza fortunato poiché, come ti ho già detto in precedenza, nella prima baracca ho trovato questo politico e happy che mi hanno fatto da interprete e una volta trasferito nella baracca 8 ho incontrato il tibetano Pempa che parla e scrive impeccabilmente sia in tibetano che in inglese che in indi. Ovviamente non è che uno mi può star dietro e farmi da interprete 24 ore su 24, ma l’aiuto è fondamentale, è come avere un vocabolario vivente al fianco. Io poi sono uno che nel comunicare mi butto a testa bassa, non pensando al fatto di poter dire strafalcioni. Un modo per  essere accettato in qualsiasi comunità è quello di imparare l’idioma locale. Ho cercato quindi di apprendere subito i vocaboli base e con l’aiuto della mimica me la sono cavata abbastanza bene sin dai primi giorni. Adesso, dopo quasi due anni, comunico in maniera quasi completa anche se non posso dire di saper parlare l’hindi, diciamo che parlo un misto tra inglese/hindi/dialetto locale che fa si che ci si capisca quasi completamente. I primi tempi ho provato anche ad imparare la scrittura, ma la concentrazione non è delle migliori per molteplici motivi e dopo un paio di settimane ho desistito.-
Usi e costumi
Anche questo capitolo non è semplice viste le molteplici differenze, soprattutto nel modo di pensare e di confrontarsi con la realtà presenti tra noi occidentali e gli indiani. Parlando dell’indiano come persona devo dire che il tasso di igiene personale è molto alto. Tengono moltissimo al loro aspetto e curano i particolari. Tutti si tingono i capelli( rosso e nero sono i colori che vanno per la maggiore) e tutti hanno i baffi ( che in galera sono segno di virilità). Il taglio dei baffi ti permette anche di distinguere un hindi da un mussulmano : i primi infatti lasciano crescere i baffi anche sulle labbra, cosa assolutamente vietata ai secondi che solitamente sfoggiano anche una lunga barba alla “Bin Laden”. Una pratica molto comune a tutti è quella di cospargersi il corpo e la testa di olio dopo il bagno. La pettinatura è curatissima e l’essere pelati è motivo di scherno. Tutti poi portano collane, braccialetti ed anelli ed hanno stressato talmente anche me, che, in vita mia non ho mai neanche portato l’orologio,  che ora ho una collana, due braccialetti ed addirittura un anello!! Caratterialmente ho faticato invece un pochino a capire il loro modo di fare. In pratica in India la parola privacy non esiste, tutti vogliono sapere tutto di tutti e i commenti e i pettegolezzi sono la prassi quotidiana. I primi tempi ho faticato un pochino a convivere con questa invadenza, ma ormai ci ho fatto l’abitudine..Non oso immaginare come sia la situazione nella sezione femminile, Elisabetta me lo ha confermato. Da un punto di vista pratico, della vita di tutti i giorni, le differenze principali sono due : di devi pulire il culo con le mani e con le stesse mani mangi. Forchette, cucchiaio non sanno neanche cosa siano e non perché siamo in galera, anche fuori loro mangiano così. Tutti mangiano con la mano destra poiché la sinistra si usa per pulirsi il culo. Altra stranezza è il fatto che per fare pipì si accucciano, quando ho chiesto spiegazioni mi è stato detto che lo fanno per non schizzarsi i piedi( la cosa alla fine è comprensibile perché quasi tutti qua portano sandali e ciabatte, ma ci ho messo un po’ a capirlo). Asse portante di questo capitolo è però la Religione. Essendo a Varanasi, la città più sacra di tutta l’India, il senso religioso è altissimo. Il 90% dei detenuti prega minimo due volte al giorno e all’interno della baracca il muro lato est è completamente dipinto di immagini sacre con sotto incensi accesi tutto il giorno. Esteriormente l’induismo appare come una religione gioiosa e piena di colori, a differenza della nostra, cupa e triste. Tutte le volte che pregano insieme (una volta al giorno) benedicono frutta e dolci che poi vengono distribuiti a tutti insieme con un fuoco “sacro” che con l’aiuto delle mani ti spargi sulla testa. Io , dal mio punto di vista agnostico, osservo e rispetto i loro riti anche se dentro di me sorrido. Per nove giorni, due volte all’anno, digiunano per la “grande preghiera”.Gli unici alimenti ammessi sono latte, frutta e patate bollite  Molti comunque osservano anche due giorni di digiuno alla settimana per tutto l’anno. Le grandi festività religiose sono poi anche parecchio pittoresche. Proprio oggi, 26 ottobre (ma la data non è fissa come la nostra Pasqua), si festeggia il Diwali, una specie di Natale Indiano, e la sera tutto il carcere sarà illuminato da mille e mille candeline. Mi hanno detto che fuori lo spettacolo della Città e del Gange illuminato dalle candele è bellissimo. E ci credo. Un’altra festa particolare è l’Holy, che cade tra fine febbraio ed inizio marzo..anche in carcere si canta e si balla per tutto il giorno e la notte, spargendosi il corpo con vari colori( rosso, giallo, viola e verde). E’ divertente, ma mi hanno detto che fuori è un po’ pericolosa perché la gente si lascia andare all’alcool e diventa molesta. La più suggestiva festa religiosa è però a mio avviso lo “Shivatre”, giornata dedicata al culto di Shiva e siccome Shiva è il Dio che fuma( è rappresentato sempre con in mano un Chilum) per quel giorno tutti fumano marjuana e bevono yoghurt mischiato a bang (una pasta nera estratta dalla canapa che ha gli stessi effetti della cannabis), è sorprendente che tutti fumino dai ragazzini ai vecchi, dai poveri ai ricchi…una tradizione un po’ particolare e impensabile dalle nostre parti dove la canapa è considerata una droga al pari di cocaina e eroina. Un’altra grandissima differenza culturale è quella del sesso e del rapporto con le donne, ed è il principale motivo dell’ingiustizia che io ed Elisabetta stiamo subendo. Per loro non esiste amicizia tra uomo e donna senza sesso, essendo poi il sesso vietato prima ed  al di fuori del matrimonio(sia legalmente che soprattutto moralmente), è diventato per loro una vera e propria ossessione. I primi tempi sono stato tempestato da domande sessuali e mi sono accorto che soffrono di una certa complessità nei confronti di noi occidentali. Qua i matrimoni sono ancora al 90% imposti dalla famiglia (e non per amore) ed un ragazzo si sposa intorno ai 20 anni e dopo una decina di anni ha almeno tre o quattro figli( senza contare i mussulmani che ne hanno invece almeno sette o otto). Ho provato a spiegare loro il punto di vista occidentale, su questo argomento, ma non sentono ragioni, anche se la maggior parte è convinta della mia innocenza, tutti comunque continuano a credere che tra me ed Elisabetta ci sia un rapporto comunque sessuale. Ovviamente di questa mentalità chi ne paga le conseguenze è la donna, costretta a vivere con un uomo che non ama, senza poter seguire le sue passioni, mentre l’uomo ha svariati rapporti al di fuori del matrimonio, senza alcun problema morale. In generale le donne sono ancora lontanissime dalla parità ed ho l’ impressione che ci vorrà ancora molto tempo prima che la raggiungano, ammesso che la vogliano.

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