C'è un uomo ad un incrocio, all'inizio di Dreams, dodicesimo album dei Cheap Wine, eroico gruppo rock marchigiano che ha festeggiato con questo disco il ventesimo anno di attività. (VENTANNI!!)
Metti l'incrocio che noi malati di america chiamiamo crossroad, mettici la chitarra all'inizio di Full of Glow che sa molto di stones, in un attimo si capisce che stiamo entrando in una storia importante, da leggere, ascoltare e vivere con attenzione.
Quindi il bivio, le crossroads, il blues, che in questo album striscia insidioso un po' in ogni pezzo e ci aiuta a comprendere quanto sia profondo il travaglio del protagonista; e dove c'è un bivio e dove c'è il blues, non può che esserci Robert Johnson.
Full of Glow apre il disco facendoci intendere che chi parla lo vuol fare direttamente, senza filtri o bugie e senza peli sulla lingua; tutte le canzoni del disco sono scritte in prima persona e alla fine dell'ascolto di Dreams, forte è l'impressione di aver ascoltato un amico raccontarci del suo viaggio all'inferno, felice di potercelo raccontare.
Il mondo è in disordine, soprattutto quello interiore, e per provare a muoverci dobbiamo incontrare strani personaggi. Sono diversi quelli che compaiono nel disco, a partire dal serpente pigro ed orbo, che predica calma, per proseguire con il blues in persona, mister Robert Johnson, che appare a fine canzone, in compagnia ovviamente del diavolo, per dare la scossa necessaria ad intraprendere questo doloroso viaggio.
La musica come salvezza e come peccato dunque, la spinta per procedere ed il demone sempre a fianco, la musica che contiene in sé gli elementi fondamentali per salvarsi: l'amore ed il sogno, ma che ti ricorda sempre che la tentazione, quella più dolce, è sempre dietro l'angolo.
Full of Glow va collegata alla title track, perchè l'uomo che davanti ad un incrocio resta paralizzato dall'indecisione è lo stesso che parla ad un figlio nel brano conclusivo; la strada è stata lunga, dura e pericolosa, sono servite lacrime, sangue e merda, ma alla fine la strada porta ad un traguardo, che NON sono i fiori sgargianti in copertina, bensì il cielo che si intravede dentro di essi.
Ma per arrivare a tenere in braccio un figlio, metafora molto concreta ed autobiografica e potergli indicare a sua volta una strada, il nostro protagonista passa attraverso momenti importanti e dolorosi.
Il capire la necessità di spogliarsi di tutto per arrivare al cuore, al nocciolo della vita, porta l'uomo alla nudità ed alla derisione; il mondo oggi è pieno di cose e chi se ne libera, fino all'estrema rinuncia, viene deriso, perseguitato ed arrestato, tragicomico paradosso della realtà dove "è il travestimento da condannare".
Un inquietante pagliaccio "kinghiano" compare in The wise man's finger, amara ballata che sottolinea come ormai l'essenziale sia diventato contorno e tutti si affannino alla ricerca del futile. Perfino la luna guarda il dito del saggio, conclude tristemente l'uomo che cammina al buio, uno dei pochi con un cuore, costretto però a nasconderlo, perché ormai anche il cielo non si interessa più della verità ed il diavolo può avvolgerci con i suoi occhi carichi di morte.
Prospettive del genere non fanno altro che creare inquietudine in chi ancora cerca un senso al proprio esistere, quindi in Pieces of disquiet è la paura che regna sovrana, la paura della notte, del buio per gli occhi e per l'anima, che blocca e rende incapaci di proseguire. È l'ennesimo momento cruciale continuare, combattere la paura o arrendersi ad essa? Il brano non risponde, l'uomo è perso ad ascoltare il silenzio nella sua testa, rotto solo da angoscianti insetti che ci camminano dentro.
Bob Dylan che rivisita Orwell, questa a caldo l'impressione che ho avuto ascoltando e leggendo la traduzione di Bad Crumbs and pats on the back; uno scenario tragicomico, conigli e maiali, i corvi che banchettano, il degrado sembra inarrestabile, ma il protagonista in tutto questo fa due cose: si sveglia e ritrova nel suo essere bambino la purezza necessaria ad andare oltre; dopo tanto buio forse davvero è una giornata di sole.
Il viaggio continua quindi e l'uomo si concede il lusso di guardarsi attorno, dopo tanta miseria e tanta oscurità, per riscoprire nella semplicità di ciò che abbiamo attorno un buon motivo per essere speranzosi. In Cradling my mind ancora non si sa dove si stia andando, ma questa indecisione ora è affiancata da una serenità nuova.
Musicalmente tutto il disco pulsa di una energia nascosta, mai esplicita, basso e batteria danno forte il senso della vitalità dell'uomo, ma i giri restano sempre bassi, il motore è impaziente ma il piede non schiaccia mai l'acceleratore fino in fondo.
Tranne in For the brave, dove la macchina da rock che sono da 20 anni i Cheap Wine deflagra potente con l'organo che da la carica come una tromba davanti ad un battaglione pronto all'attacco conclusivo. Ci vuole coraggio, capisce l'uomo dopo che la luce ha preso il posto del buio ed ora l'orizzonte appare meno scuro. C'è una via d'uscita per i coraggiosi, da questo posto che sembra il paese dei balocchi di Pinocchio, raccontato però da Lovecraft.
Si inizia ad intravedere l'uscita e gli ultimi brani ci raccontano le tappe finali dell'uomo, che capisce come l'amore sia la forza principale per attraversare la pioggia come l'arcobaleno. I wish I were the rainbow è la luce che illumina un volto tra tanti rendendolo però unico agli occhi di chi lo incontra, è un sorriso che ci denuda ma stavolta per amore, con amore, per farci arrivare al nostro io più profondo.
Il viaggio è finito, l'uomo riflette sdraiato sul letto, due paia di gambe che si incrociano, pensieri che si alzano e l'uomo che capisce che tutto quello che è successo prima non va dimenticato, nè perduto, ma conservato per crescere; è tempo di volare ora, liberi da fardelli inutili e rischiosi.
Arriviamo a Dreams, brano che chiude il disco.
L'uomo è sul letto, vicino ad un bambino, suo figlio, che cerca di svegliarsi o forse dorme ancora.
L'uomo gli parla come mai ha fatto prima d'ora, le sue parole sono amore, saggezza e libertà: figlio mio, sono qui di fianco a te e ci sono arrivato passando per strade cariche di indecisione, buio, falsità, dolore, ma siamo qui, ora e là fuori c'è un mondo che si sta preparando per te.
Le parole di questa canzone avvolgono il cuore di bellezza ed amore, una sorta di testamento spirituale, per il figlio ma anche per sè stesso, come un esame di coscienza per capire se tutto è stato fatto, e la risposta è SI.
Il padre sa che il figlio dovrà fare la sua strada e probabilmente in certi momenti non ascolterà affatto i suoi consigli, ma sa anche che questo è il fine ultimo di ogni vita davvero vissuta, lasciare qualcosa di buono nella vita di chi ci sta accanto, soprattutto nella vita di chi da noi ha ricevuto la vita.
E dopo tutto quello che ha passato, quando le utopie che pensava fossero sogni irrealizzabili hanno iniziato ad essere concreti obiettivi ecco che ci viene svelato come l'uomo (ed i Cheap Wine stessi) sublimi in questo momento tutte le sue esperienze. L'uomo è scappato dalla beggar town di cui i CW cantavano nel disco precedente ed il padre non si stanca di ricordare che "the system is based on lies" (titolo del terzultimo album e primo di una trilogia che si chiude ora).
Resta un bambino, resta una frase che sintetizza una vita e una carriera
"più di ogni altra cosa, segui sempre i tuoi sogni".
La musica pian piano sfuma, lasciando spazio ad un rumore di sottofondo, quasi come di grilli alle prime ore mattutine.
C'è un giorno nuovo da vivere, c'è una vita nuova da costruire.
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