lunedì 21 febbraio 2011

il fantasma di tom joad (terza parte)

la prima parte la trovate qui
la seconda parte la trovate qui

di Marco Puglioli



“Furore” [titolo originale: “The Grapes of Wrath”, USA 1940] non può essere confrontato con i film precedenti principalmente per due ragioni. La prima è l’anno di produzione, il 1940, in cui ai fantasmi della crisi che hanno caratterizzato gli anni precedenti si sostituiscono quelli di una guerra, già scoppiata in Europa e prossima a toccare anche l’America. La seconda è il genere del film: non più una commedia brillante, come nel caso de “L’impareggiabile Godfrey”, né un film drammatico/sentimentale come in “L’angelo Azzurro”: “Furore” è un film drammatico a sfondo storico. La pellicola inizia con il ritorno nella sua casa dell’Oklahoma di Tom Joad (Henry Fonda), figlio maggiore di una famiglia di contadini con vasti possedimenti terrieri, dopo aver scontato quattro anni di carcere per l’omicidio di un uomo, che, ubriaco, lo aveva minacciato con un coltello. Arrivato a casa, non trova più nessuno: solo un uomo, che lo avvisa che i Joad si sono trasferiti dallo zio di Tom, e che ben presto se ne dovranno andare anche da lì. “La colpa” - aggiunge l’uomo - “è del vento, che spazza il grano, la terra, gli uomini.” Raggiunta la grande famiglia, Tom scopre che è nelle intenzioni di tutti partire per la California, dove, stando alla pubblicità di alcuni volantini, il lavoro nei frutteti abbonda; viceversa, nell’Oklahoma e in tutte le grandi pianure orientali i cosiddetti “Dustbowl”, le grandi tempeste di sabbia provocate da decenni di tecniche agricole inappropriate e dalla mancanza di rotazione delle colture, si sommano agli effetti della crisi di sovrapproduzione, impoverendo milioni di contadini. La mattina della partenza, opponendosi all’euforia generale, nonno Joad decide di rimanere in Oklahoma: “Questa è la mia terra, e io non me ne vado. Vale poco ma è mia. Tutta mia.” Alla famiglia non resta altro che sedare il nonno e partire, tutti stipati in un furgoncino, alla volta della California. Arrivati in California, nella valle si San Joquin, dopo un rocambolesco viaggio lungo la Route 66, nel quale perdono la vita nonno Joad e la moglie, la situazione appare differente. Un poliziotto avvisa la famiglia che non c’è lavoro, e che gli Okies – così venivano chiamati gli immigrati provenienti dall’est – devono soggiornare in una baraccopoli fuori città. Durante una rissa nella baraccopoli, una donna viene ferita a morte dalla polizia: Tom, in preda all’ira, stordisce un poliziotto. Al suo posto, però, si consegna alla polizia Casy (John Carradine), ex predicatore che si era unito ai Joad per il viaggio. I Joad decidono tuttavia di abbandonare il campo: si trasferiscono presso il “Keene Ranch”, dove trovano lavoro – seppure sottopagato – e un alloggio temporaneo. Fuori dal ranch, Tom ritrova Casy, ricercato perché sfuggito alla polizia. Durante un’imboscata Casy viene ucciso da una guardia, ma Tom, colpito a una guancia, lo vendica. La madre di Tom (Jane Darwell, premiata con l’Oscar), venuta a conoscenza dei fatti, decide di scappare con tutta la famiglia verso un campo braccianti gestito dal ministero dell’agricoltura. Le condizioni del campo statale sono completamente diverse da quelle dei ranch privati: è netto l’appoggio alla politica presidenziale. Nel campo, infatti, completamente autogestito, non ci sono guardie, c’è l’acqua corrente e gli attacchi alla linea elettrica e al sabato sera nella piccola piazza si festeggia e si balla: si tratta di una vera e propria oasi di pace. Tom viene però informato di essere stato individuato nuovamente dalla polizia che alla prima occasione utile procederà all’arresto. Egli è costretto nuovamente a fuggire: questa volta però, andando contro i pareri e i consigli della madre, da solo.



E così, dopo il sublime dialogo (riportato in pagina 2) Tom abbandona la famiglia. Il film si chiude sul monologo di Ma Joad, che ricorda alla famiglia che “I ricchi arrivano e muoiono, e i loro figli non sono forti, e non ce la fanno. Ma noi rimaniamo. Noi siamo il popolo. Noi sopravviviamo. Non ci possono eliminare, non ci possono sconfiggere. Noi esisteremo per sempre, perché siamo il popolo!”
In molti hanno criticato questo finale, perché imposto al regista e differente da quello del libro. Nel romanzo, infatti, dopo la fuga di Tom, Rosa Tea, figlia più piccola dei Joad rimasta incinta, perde il figlio subito dopo il parto. Senza pensarci troppo, però, offre il proprio latte materno a un vagabondo prossimo a morire di fame. Rosa Tea, così, che sembrava l’unica della famiglia chiusa nel proprio egoismo derivato dall’imminente maternità, si riscatta con l’atto più alto e nobile di solidarietà di tutto il libro.
I Joad, nonostante la disgregazione del nucleo familiare, da sempre temuta dalla madre – che, in una scena, minaccia con la manovella d’avvio del furgoncino chi ha proposto l’idea di dividersi - , nonostante le ripetute umiliazioni subite e le sconfitte umilianti sopportate, riescono a mantenere intatta la propria dignità. Di fronte agli aguzzini dell’est e agli sfruttatori dell’ovest, i Joad escono vinti, ma mantengono la propria personalità, la propria anima. Si pensi, ad esempio, ai campi di concentramento nazisti, non temporalmente lontani dagli anni in cui è ambientato il film, dove l’obiettivo era eliminare l’uomo come individuo, facendo in modo che i deportati si odiassero tra di loro, desiderando l’uno la sconfitta dell’altro in cambio della propria salvezza. In “Furore”, invece, sono numerosissimi gli episodi di solidarietà tra i vagabondi e verso di loro.
Il dialogo finale di Tom, inoltre, rivela l’unione di tutti gli uomini, il senso comune di fratellanza che permette a ogni anima di sentirsi come parte di una grande anima umana, senza chiudersi egoisticamente in se stessa. Lo stesso tema, la solidarietà tra tutti gli uomini come punto di forza per un nuovo inizio, si trova anche ne “L’impareggiabile Godfrey”: quando Godfrey e Tony tornano a visitare la Hooverville, il maggiordomo racconta all’amico che un uomo, proprietario di una banca, per non far rimettere i risparmi ai propri clienti, ha perso ogni cosa. “Esistono due tipi di persone, quelli che se ne fregano dell’umanità e gli altri”.
L’America ricorre, come già aveva fatto in passato – quasi contemporanea all’uscita del film è la canzone di Woody Guthrie “This land is your land” - e come non disdegnerà di fare in futuro – basti pensare alle reazioni dopo l’11 settembre, o alla campagna elettorale di Obama – alla forza di coesione nazionale, ben diversa però da quella tedesca: mentre l’ultima si chiuse in se stessa, nel nazionalismo più razzista, l’America riuscì a uscire rafforzata dalla crisi – e dalla guerra – facendo leva sui sentimenti patriottici più puri della gente americana, contro la ricchezza “di carta” che aveva trascinato l’economia del paese ai minimi storici.

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