sabato 6 ottobre 2012

Vecchi amici che diventano vecchi, atto quarto

Capita, ad un certo punto della propria vita, di dover fare delle scelte.
Capita sempre, certo.
Capita ad esempio di scegliere se ad una persona gli vuoi davvero bene o ti sta profondamente sul cazzo.
E capita, ahimè, che, soprattutto se a scuola non sei un fenomeno, di trovarti a scuola con chi va molto meglio di te e soprattutto viene usato come termine di paragone per i tuoi risultati.
E li son cazzi, amarissimi.
Specialmente se costui va bene, molto bene.
Tipo che esce dalla maturità col massimo dei voti.
E tu col minimo.

Ma io a capitan buffa ci voglio il bene vero, nonostante abbia ricoperto questo sgradevole ruolo, nonostante i continui paragoni tra i miei voti dimmerda ed i suoi splendidi.

Capitan buffa, il quarantenne del giorno, dovessi ricordarlo in un episodio lo ricorderei così: siamo al battesimo di sua sorella, che è anche la vigilia della mia partenza per siena, per quel fallimento clamoroso che fu la mia scelta di andare là a fare una facoltà per cui non avevo assolutamente le capacità. (Di tutti gli abbelinati che eravamo in classe assieme io ero quello che aveva preso il voto peggiore alla maturità ed ero anche quello che andava a studiare più lontano, ma si può?).
Momento dei saluti, domani si parte, lui milano io siena, ciao, ciao, abbracci e lui mi fa “mi raccomando, scrivimi”.
Buffa il freddo, l'impassibile, che mi dice una cosa del genere, esticazzi.

Le diverse prime volte mie e sue, fatte insieme:
rattle and hum, gli u2, lui prima di me, ma al cinema quella domenica pomeriggio ci andammo insieme, la musica, il buio, le luci sul madison square garden


il nostro primo concerto degli u2, a 20 anni, dopo aver preso un pacco clamoroso 2 giorni prima, le luci accese su where the streets have no name e urlare forte, fortissimo, abbracciati


il nostro secondo concerto degli u2, l'anno dopo, a verona
la mia prima volta a vedere la juventus dal vivo, grazie alla miracolosa intercessione di suo papà, che ci porta in curva a vedere juventus – colonia 3-2 (ritorno 0-0, coppa alla juve in finale con la fiorentina), entrare al comunale di torino, aprile 1990, nella curva “di là” e trovarsi davanti la filadelfia che sembra un girone dantesco, il terzo gol e lui che si gira urlando “esaltazionemassimaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa” (checcazzo di frase è???)


juventus ajax 4 a 1, in piccionaia, zidane che sembra voler entrare in porta col pallone, che ancora un po' voliamo giù dal terzo anello



la mia prima volta a san siro, a vedere la juve, ovvio



i 5 anni di superiori passati insieme, i pomeriggi passati insieme, gli anni degli scout passati insieme.

il mese a londra con lui ed il conte geddo, con i ritorni dal centro alle 7 di sera esausti e belli pieni di birra e il capitano che doveva svegliarci se no restavamo sulla metro

I sabati sera, le birre, le cene, i bricchi tour.

A parte i voti, a parte le battute sui voti, matteo è penso una delle persone più presenti nella mia vita, la scuola, gli scout ed ovviamente il calcio.

Quintali, davvero quintali si ricordi.

I rossi, la mia ventennale carrierona come portiere dei rossi, iniziata in terza superiore perché i gialli li organizzava il papà di matteo; ed io, matteo ed il conte eravamo quelli che sta partita la sentivamo di più; non era una partitella, era LA partita, LA valvola di sfogo, il segnale di inizio del weekend. Un'ora abbondante in cui dare tutto, in cui buttar fuori le tossine della settimana scolastica.

I millemila bivacchi scout passati a cucinare insieme, i reietti, le chiacchierate durante le camminate, i discorsi importanti, le domande fondamentali, le esperienze forti, fortissime.

La telefonata di mia mamma quando eravamo via con gli scout per dirmi che era mancato suo papà; la sensazione di aver perso qualcosa di più del “padre di un mio amico” perdendo pippo; pippo che concludeva le serate al campo, dopo la partita con quel suo “ciao, buona domenica, ci vediamo sabato prossimo” che era un “pronti partenza via” per i nostri sabati sera, era un rito, se avete letto il piccolo principe sapete di cosa parlo.
la notte a vegliare pippo, per far riposare i suoi cari, l'omelia di gigi al funerale, scritta da matteo.

La telefonata per dirgli che simona aspettava il primo figlio, matrimoni e battesimi assortiti, addii al celibato.

Il buffa che si fidanza la sera di capodanno che dovevo stare a casa a mangiare pesce invece vengo sbattuto da marta in pizzeria con loro perché 4 è meglio che 3, a tavola.

Tanta roba, come dicono i giovani, ma tanta davvero

la calma, la pacatezza, la razionalità di matteo, sempre capace, moooooooooooolto più di me, ad analizzare con calma la realtà, a non sbilanciarsi mai, a ponderare ogni parola.
In parole povere, al liceo, tutti facevamo casino, io venivo inculato 11 volte su 10, lui 0. 
Ma a parte questo dettaglio, la sensazione, confortante e rassicurante di qualcuno di solido, anche quando facevamo gara a chi era più coglione, qualcuno a cui aggrapparsi, da cui farsi in qualche modo proteggere

le pizzebbirre delle partite over 30, quando ormai non eravamo più “i giovani”, ma ci mancava poco ad essere “i vecchi”.

Le chiacchierate, sporadiche ma sempre preziose, magari di ritorno da qualche partita, il confrontarsi come padri e mariti dopo anni passati a confrontarsi sul nostro essere ragazzi, studenti, cazzoni.

L'espressività del capitano, una gamma di espressioni che lo collocano a metà tra il peggior nicholas cage ed il miglior silvester stallone

una mole di ricordi che mi rende questo personaggio qui così caro, perché, più di tutto, più di tutte le cose che ho scritto, matteo è una persona affidabile, sai che c'è, sai che ci sarà se riterrai di averne bisogno, sai che ti dirà la parola giusta al momento giusto.

Ed avere certe fortune, rendono le persone migliori.

Auguri capitano, giocheremo ancora insieme, prima o poi.

Oh, when I go there
I go there with you
It's all I can do

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