lunedì 20 giugno 2011

Mio fratello Clarence Clemons


di Bruce Springsteen
(traduzione di Gianluca Brovelli, webmaster del sito www.badlands.it)

L'elogio funebre di Bruce Springsteen per "il mio sassofonista, la mia
ispirazione, il mio compagno, il mio amico di una vita"

Sono rimasto qui seduto ad ascoltare tutti che parlavano di Clarence, e a
guardare quella foto di noi due. È un’immagine di Scooter e The Big Man,
personaggi che qualche volta eravamo [il riferimento è a una canzone di
Springsteen, Tenth Avenue Freeze-Out, che racconta la storia della
formazione della E Street Band, NdR]
. Come potete vedere nella foto,
Clarence si sta ammirando i muscoli e io cerco di non farci caso mentre mi
appoggio a lui. Mi sono appoggiato molto a Clarence; in un certo senso, ci
ho costruito sopra una carriera.

Quelli di noi che hanno condiviso la vita di Clarence, hanno condiviso con
lui il suo affetto e la sua confusione. Anche se “C” si addolcì con gli
anni, era sempre in movimento, selvaggio e imprevedibile. Oggi vedo seduti
qui i suoi figli Nicky, Chuck, Christopher e Jarod, e vedo riflesse in loro
molte delle qualità di “C”. Vedo la sua luce, la sua oscurità, la sua
dolcezza, la sua asprezza, la sua gentilezza, la sua rabbia, la sua
brillantezza, la sua bellezza e la sua bontà. Ma, come voi ragazzi sapete,
vostro padre non era una passeggiata. “C” visse una vita in cui ha fatto
quello che voleva fare, e ha lasciato cadere dove volevano i frammenti,
umani o di altro genere. Come molti di noi, vostro papà era capace di
momenti di grande magia, ma anche di fare un discreto casino. Questa era,
semplicemente, la natura del vostro papà e del mio stupendo amico. L’amore
incondizionato di Clarence, che era molto reale, si esprimeva a un sacco di
condizioni. Vostro papà era come un grande cantiere, e c’erano sempre lavori
in corso. I percorsi di “C” non erano mai lineari, la sua vita non andò mai
lungo una linea retta. Non andava mai così: A… B… C… D. Era sempre una cosa
come A… J… C… Z… Q… I…! Questo era il modo in cui ha vissuto Clarence e con
cui si è fatto strada nel mondo. So che questo può farvi soffrire e
confondervi, ma vostro padre era una persona che aveva in sé molto amore, e
so che amava molto ciascuno di voi.

Ci voleva un sacco di gente per occuparsi di Clarence Clemons. Tina, sono
molto contento che tu sia qui. Grazie per esserti presa cura del mio amico,
per avergli voluto bene. Victoria, tu sei stata una moglie amorevole,
gentile e attenta per Clarence, e hai fatto una grande differenza nella sua
vita, in un periodo in cui le cose andavano sempre bene. A tutti coloro che
hanno fatto parte del gruppo di persone che hanno aiutato “C”, troppi per
essere nominati ad uno ad uno: voi sapete chi siete e vi ringrazio. La
vostra ricompensa vi aspetta ai cancelli del cielo. Il mio amico era un osso
duro, ma ha portato nella vostra vita alcune cose che erano uniche: e quando
accendeva quella luce, quella dell’amore, illuminava il vostro mondo. Sono
stato abbastanza fortunato da restare in quella luce per quasi 40 anni,
vicino al cuore di Clarence, nel tempio dell’anima.

E ora un po’ di ricordi: fin dai primi giorni in cui io e Clarence abbiamo
viaggiato insieme, tiravamo fino all’ora di ritirarci nelle nostre camere, e
in pochi minuti “C” trasformava la sua in un mondo a parte. Venivano fuori
le sciarpe colorate da stendere sopra le lampade, le candele aromatizzate,
l’incenso, l’olio di patchouli, le erbe; la musica e il giorno in giro
venivano messi da parte, lo spettacolo andava e veniva, e Clarence lo
Sciamano regnava e faceva le sue magie, notte dopo notte. La capacità di
Clarence di divertirsi era incredibile. A 69 anni se l’era passata alla
grande, perché aveva già vissuto almeno dieci vite, 690 anni nella vita di
un uomo medio. Ogni notte, in qualsiasi luogo, la magia saltava fuori dalla
sua valigia. Appena il successo glielo permise, anche la stanza dei suoi
vestiti si riempì degli stessi trucchi della sua stanza dell’albergo: fino a
che una visita in quel guardaroba non diventò come un viaggio in una nazione
straniera che ha appena trovato enorme riserve di petrolio. “C” sapeva
sempre come vivere. Molto prima che Prince venisse svezzato, un’aria di
misticismo licenzioso era la regola nel mondo di Big Man. Io ci entravo
dalla mia stanza, che aveva parecchi divani carini e qualche armadietto da
spogliatoio, e mi meravigliavo delle cose che stavo sbagliando! A un certo
punto, lungo la strada, tutto questo fu battezzato il Tempio dell’anima; e
“C” presiedeva sorridente sui suoi segreti e i suoi piaceri. Essere ammessi
alle meraviglie del Tempio era qualcosa di delizioso.

Mio figlio Sam, da bambino, rimase incantato da Big Man. Non c’è da
meravigliarsi: per un bambino, Clarence era un torreggiante personaggio
delle fiabe, qualcosa di uscito da un libro di favole molto esotico. Era un
gigante con i rasta, con grandi mani e una voce profonda e melliflua,
addolcita dalla gentilezza e dal rispetto. E per Sammy, che era solo un
piccolo bambino bianco, lui era profondamente e misteriosamente nero. Agli
occhi di Sammy, “C” deve essere apparso come se l’intero continente africano
fosse stato raffreddato attraverso l’America e poi preparato come una figura
accogliente e amorevole. Per cui Sammy decise di trascurare le mie camicie
da lavoro e rimase affascinato dai completi di Clarence e dai suoi abiti
regali. Si rifiutò di salire sul furgone di suo padre e scelse invece la
lunga limousine di “C”, sedendosi al suo fianco durante il lento percorso
fino allo spettacolo. Decise che cenare davanti al pub della sua città
d’origine non gli interessava più, e si allontanò bighellonando per
scomparire nel Tempio dell’anima.

Naturalmente, anche il padre di Sam era rimasto incantato, dalla prima volta
in cui ho visto il mio compare uscire a passo lungo e deciso dalle ombre in
un bar mezzo vuoto di Asbury Park, con la strada che si apriva davanti a
lui; ora arriva mio fratello, il mio sassofonista, la mia ispirazione, il
mio compagno, il mio amico di una vita. Stare vicino a Clarence era come
stare di fianco al peggior stronzo del pianeta. Eri fiero, eri forte, eri
eccitato e ridevi per quello che succedeva, per quello che, insieme, saresti
stato capace di fare. Ti sentivi come se quello che portava il giorno o la
notte non importasse niente, niente ti poteva toccare. Clarence poteva anche
essere un uomo fragile, ma emanava energia e sicurezza, e in qualche strano
modo diventammo l’uno il protettore dell’altro. Penso che forse ho protetto
“C” da un mondo in cui ancora non era così facile essere grandi e neri. Il
razzismo era sempre presente e durante gli anni insieme lo abbiamo visto. La
celebrità di Clarence e la sua stazza non lo rendevano immune. Penso che
forse “C” ha protetto me da un mondo in cui non era sempre così facile
essere un ragazzo bianco insicuro, strano e magrolino. Ma insieme eravamo
dei veri stronzi, ogni notte, nel nostro territorio, alcuni tra i peggiori
stronzi del pianeta. Eravamo uniti, eravamo forti, avevamo ragione, eravamo
inamovibili, eravamo divertenti, eravamo sdolcinati nel peggiore dei modi e
seri come la morte stessa. E arrivavamo nella vostra città per scuotervi e
svegliarvi. Insieme abbiamo raccontato una storia più vecchia di noi, e più
ricca, sulle possibilità dell’amicizia. Una storia che va oltre quelle che
posso aver scritto nelle mie canzoni e nella mia musica. Clarence se la
portava nel cuore. Era una storia in cui Scooter e Big Man non solo
spaccavano in due la città, ma spaccavamo anche i culi e ricostruivamo la
città, dandole la forma di un posto dove la nostra amicizia non sarebbe
stata così un’anomalia. E questo… questo è quello che mi mancherà. La
possibilità di rinnovare quel voto e replicare quella storia ogni notte,
perché questo è qualcosa, questo è quella cosa che abbiamo fatto insieme…
noi due. Clarence era grande, e mi faceva sentire, pensare, amare e sognare
in grande. Quanto era grande Big Man? Troppo grande per morire, cazzo. E
questi sono semplicemente i fatti. Puoi metterlo sulla sua lapide, puoi
tatuartelo sul cuore. Devi accettarlo… è il futuro.

Clarence non lascia la E Street Band, morendo. La lascia quando moriamo noi.

E così mi mancherà il mio amico, il suo sassofono, la forza della natura che
il suo suono era, la sua gloria, la sua follia, i suoi successi, la sua
faccia, le sue mani, il suo senso dell’umorismo, la sua pelle, il suo naso,
la sua confusione, la sua energia, la sua pace. Ma il suo amore e la sua
storia, la storia che mi ha dato, che mi ha sussurrato nell’orecchio, che mi
ha permesso di raccontare e che ha dato a voi, quella storia continuerà. Non
sono un mistico, ma l’influenza, il mistero e l’energia di Clarence, e la
mia amicizia, mi portano a credere che siamo dovuti stare uno di fianco
all’altro in tempi diversi, più antichi, lungo altri fiumi, in altre città,
in altre campagne, facendo la nostra modesta versione del lavoro di Dio… un
lavoro che non è ancora finito. Per cui non saluterò il mio fratello, dirò
semplicemente: arrivederci alla prossima vita, di nuovo per strada, dove
riprenderemo un’altra volta quel lavoro, e lo finiremo.

Big Man, grazie per la tua gentilezza, la tua forza, il tuo impegno, il tuo
lavoro, la tua storia. Grazie per il miracolo, e per aver permesso a un
piccolo ragazzo bianco di infilarsi nella porta laterale del Tempio
dell’Anima.

QUINDI SIGNORE E SIGNORI… LAST BUT NOT LEAST. ECCO A VOI IL MAESTRO DEL
DISASTRO, IL BIG KAHUNA, L’UOMO CON UN DOTTORATO IN SAXUAL HEALING, IL DUCA
DI PADUCAH, IL RE DEL MONDO, OCCHIO, OBAMA! IL PROSSIMO PRESIDENTE NERO
DEGLI STATI UNITI ANCHE SE E’ MORTO… VORRESTE ESSERE COME LUI MA NON POTETE!
SIGNORE E SIGNORI, L’UOMO PIU’ GRANDE CHE ABBIATE MAI VISTO!… DATEMI UNA
C-L-A-R-E-N-C-E. COS’HAI DETTO? CLARENCE! COS’AVETE DETTO? CLARENCE!
COS’AVETE DETTO? CLARENCE! … amen. [il riferimento è alle presentazioni
della sua band che Springsteen fa durante i concerti, NdR]

Vi lascerò oggi con una citazione dello stesso Big Man, che mi ha dato
durante un volo verso casa da Buffalo, l’ultima tappa dell’ultimo tour.
Mentre festeggiavamo facendoci i complimenti e raccontandoci storie dei
tanti show epici, notti incasinate e bei momenti che avevamo passato
insieme, “C” si è seduto tranquillo, come per assorbire tutto, poi ha alzato
gli occhiali, ha sorriso e ha detto a tutti quanti:

“Questo potrebbe essere l’inizio di qualcosa di grande”.

Ti voglio bene, “C”.

1 commento:

Laura ha detto...

grazie.
e ora, andiamo anche noi a fare la nostra modesta versione del lavoro di Dio… un
lavoro che non è ancora finito.