sabato 7 luglio 2012

Arroganza, corporativismo, incompetenza: il Paese in ginocchio

http://www.soniaalfano.it/wp-content/uploads/2012/07/spending.jpg


di Franco Astengo, pubblicato originariamente qui



L’attuazione del decreto sulla “revisione di spesa” (traduzione semplice del complicato “spending rewiew”) rischia di mettere definitivamente in ginocchio il nostro Paese, sotto l’aspetto – principalmente – della capacità dell’intervento pubblico di rispondere a bisogni fondamentali della cittadinanza, al di là delle specifiche condizioni sociali.
Un’importante operazione (ideologicamente ben costruita) di affossamento dell’idea di una qualche presenza dello Stato all’interno dei gangli vitali della vita quotidiana di ciascheduno di noi. Una presenza dello Stato ormai quasi definitivamente messa in crisi, dal punto di vista della possibilità di una qualche mobilitazione sul terreno morale, dalla sentenza relativa ai fatti della Scuola Diaz, avvenuti in occasione del G8 di Genova del 2001: l’ormai famosa “macelleria messicana”, tanto per intenderci.
Per chi poteva pensare di crederci ancora questa sentenza ritengo sia apparsa come una vera e propria “pietra tombale”: i vertici della struttura che dovrebbe garantire la sicurezza dei cittadini coinvolti in un’orripilante vicenda di sopraffazione degna davvero di quelle dittature sudamericane cui, proprio in questi giorni (sto pensando all’Argentina) la storia sta finalmente presentando il conto.
La sentenza sulla tragica notte della scuola Diaz di Genova è, però, ancora incompleta perché omette le responsabilità dei vertici politici (l’allora capo della Polizia, oggi sottosegretario e l’attuale Capo all’epoca vice-capo), soprattutto, ignora (non per responsabilità dei magistrati) la presenza indebita in quei giorni, all’interno di luoghi di direzione operativa delle cosiddette forze dell’ordine, di parlamentari dell’estrema destra, fra i quali l’attuale Presidente della Camera, eletto in quel ruolo appunto dal centrodestra e oggi sostenuto dal centrosinistra per il quale – probabilmente – si presenterà alle prossime elezioni, pur provenendo direttamente dal partito erede diretto del fascismo di Salò.
Accanto a questi fatti si colloca l’esistenza di un persistente (e in via di allargamento) intreccio tra “questione politica e questione morale”: non risolta sicuramente la vicenda “Tangentopoli” con l’implosione del sistema dei partiti di allora, si è andati avanti attraverso l’evidente gigantesco conflitto d’interessi riguardanti il più volte Presidente del Consiglio padrone di Mediaset, l’emergere di scandali di varia natura giocati attorno ad un nuovo modello di “fare tangenti” (P4, appartamenti al Colosseo, appalti della Protezione Civile, rifiuto dell’aula ad arresti eccellenti tra i parlamentari, “sistema Sesto”), fino all’esplosione del bubbone legato al finanziamento pubblico dei partiti che si è esplicitato con il caso di un partito defunto, la Margherita (i cui esponenti oggi sono per la gran parte nel PD) capace di ingurgitare milioni su milioni nel corso del suo periodo “in sonno”, in modo da favorire gli investimenti del proprio tesoriere, al quale è sinceramente difficile affidare semplicisticamente la parte del solito “mariuolo”.
Il “caso Lusi” vale, sull’altro versante (e salda il cerchio) la sentenza Diaz: chiude ogni varco alla credibilità residua, se mai se ne fosse potuto parlare, di questo sistema politico. Mentre siamo in attesa di un commento da parte del Presidente della Repubblica, maestro di coesione nazionale, mi pare ci sia materia di qualunquismo buono ad alimentare la presenza della comicità in politica.
Non è questo, però, il punto: anche perché il quadro non risulta ancora compiutamente descritto. Torniamo al decreto sulla revisione di spesa: si registra, qui, un dato complessivo di “sudditanza psicologica” da parte dell’opinione pubblica e dei suoi facitori (operatori dei mass media, per intenderci) rispetto a palesi dimostrazioni di arroganza e incompetenza: pensiamo alla vicenda degli “esodati”, ma verifichiamo questi elementi anche nel modo in cui sono stati affrontati i temi riguardanti le Province, la Sanità (al riguardo della quale per fortuna il ministro competente è riuscito, fin qui, a evitare l’espressione di una davvero inopinata “furia iconoclasta”), i Trasporti, il personale dell’amministrazione pubblica.
Tanto per esemplificare, non più di tanto. Dal Parlamento non arriva nessuna voce, se non di difesa di privilegi corporativi e del potere di nomina della “politica” (come nel caso del CdA Rai): è stupefacente come il partito che massimamente appoggia, in sede parlamentare, questo governo e cioè l’UDC non abbia mai presentato uno straccio di proposta concreta al riguardo della crisi, limitandosi ad annuire a quest’opera di demolizione scientifica.
Lo scopo di questa operazione è evidente: spalancare ancor di più le porte al privato nei campi – delicatissimi – di sanità, scuola, trasporti, assetto urbano, garantire il tranquillo rifinanziamento delle banche colpevoli del disastro esemplificato dai “titoli tossici” (diversi esponenti del governo sedevano, fino a qualche mese fa, nei board delle principali banche, non solo in Italia. IL Presidente del Consiglio è stato – addirittura – il Goldman&Sachs), impoverire ed impaurire ulteriormente l’opinione pubblica per ridurre ulteriormente i margini di una democrazia già martoriata dai conflitti d’interesse, dalla personalizzazione, dall’assenza di luoghi politici di aggregazione collettiva, di svilimento dei consessi elettivi, a partire dal Parlamento, scientemente eletto con un sistema elettorale il cui perno è quello della “nomina dall’alto”.
Eppure avremmo bisogno di tutt’altro: di una robusta iniezione di intervento pubblico in economia, di capacità di proposta autonoma in Europa, di ripresa del discorso della programmazione, di analisi corrette circa la natura delle specificità della crisi derivanti, non tanto e non solo dall’entità della spesa pubblica, ma dalla dismissione di interi – decisivi – settori produttivi dalla realtà economica italiana, di riflessione sul processo di privatizzazione di pezzi fondamentali di quello che fu il sistema delle PPSS (certo non tutto era perfetto, anzi.., ma la riflessione su questo è assolutamente mancata).
Ai professori che interrogano, normalmente, non esiste alternativa di risposta a quella scritta nei manuali (poi si possono subire processi per eresia per aver infranto dogmi sbagliati: il rogo di Giordano Bruno è lì a memoria perenne) ma in politica esiste sempre un’alternativa, e questo principio fondamentale pare oggi smarrito, sepolto nel gran mare dell’arroganza, dell’incompetenza, del corporativismo.
Ricordando, per l’ennesima volta, che sarebbe buona pratica democratica che questo Governo al termine del suo mandato si presentasse al giudizio degli elettori, lascio a quanti avranno avuto la pazienza di leggermi anche questa volta la voglia di trarre giudizi.

* Franco Astengo – Savona, politologo

Nessun commento: