San Siro, 5 volte San Siro, ma non solo.
In una statistica che spero nessuno faccia mai, ma temo esista già, giugno è probabilmente il mese dove Bruce ha più spesso tenuto concerti in italia, vai a sapere il perchè. (E soprattutto: eh, e quindi?)
Chiudiamo dunque il mese springsteeniano italiano (oddio oddio oddio M.S.I.), con un super resoconto del nostro inviato Big Cat, presente, tra gli altri, a tutti e 5 i concerti di Bruce a San Siro.
Rilassatevi, apritevi 3\4 birre, sgombrate la mente da immagini fallaci, non nel senso di oriana, di gente tipo vascooooovascoooooooo o ligaaaaaaaaaligaaaaaaaaa o jovaaaaajovaaaaaaaaaaa che cantano tra le torri del meazza.
San Siro + musica = Bruce Springsteen
Tò, proprio perchè, ci metterei lì un Bob Marley dai.
Ma poi basta.
Buona lettura, ne vale la pena.
Milano,
san siro.
5 volte,
5 concerti,
28 anni
Mettevi comodi. Questa volta la prendo lunga,
dannatamente lunga.
Back in the beginning.
Lo stadio di san siro aveva un anello in meno,
c’era un palacrollato di più.
La mia età anagrafica, non quella mentale, mi
collocherebbe in pieno nella generazione born in the usa, purtroppo o
per fortuna è sempre una questione di punti di vista, ero già
rovinato da anni, tra l'influenza degli amici più grandi, quelli con
il px125, lo stereo (!) e delle cose strane che chiamavano con
tono da carbonari "butleg", e la trasmissione durante
mister fantasy dei quindici minuti di no nukes, il danno era stato
fatto più o meno alla fine del 1981
Nell'84, ero già dentro, Bitusa comprato il
giorno dell'uscita, vinili assortiti, bootlegs, il mittico libro
della Cevoli "buttati dalla finestra e lascia che il vento
scompigli i tuoi capelli" ma sto, come al solito divagando.
Quando il fido spacciatore di vinile, nella
primavera del 1985, mi estrae davanti un blocchetto di biglietti, con
su brus che salta davanti alla bandiera americana, tento un esame di
coscienza, cerco di fermarmi, di ragionare ma dopo qualche
microsecondo l’acquisto è concluso.
Riesco a convincere i miei genitori che non ci
potrà mai essere un Heysel ad un concerto, siamo tutti tifosi della
stessa squadra, beata innocenza, soprattutto Roskilde sarebbe
arrivato 15 anni dopo e nessuno dei miei sapeva nulla di Altamont 68
(effettivamente allora nemmeno io)
Mi aiuta anche il ministero della difesa, la
visita di naja, distretto di Alessandria, è fissata per il 28 giugno
1985.
partenza la mattina, si arriva davanti allo
stadio e, nessuna transenna, nessun appello, nessuna lista.
solo code selvagge, compressioni e assistenza
del dio degli accessi allo stadio, il fratello sportivo del dio dei
ciucchi.
ad un certo punto, arriva pure un celerino,
alto un metro e 12 cm, con tanto di armamentario antisommossa,
zioquestore, e si mette a sbraitare di cariche, ma siamo sicuri
che abbia capito che si sia parlando di un concerto?
Dopo una serie di spostamenti indipendenti
dalla nostra volontà ci ritroviamo all'interno della cancellata
dello stadio e dobbiamo solamente trovare una sistemazione
all'interno.
decidiamo di rimanere insieme e la maggioranza
decide per quello che ora si chiama il primo anello blu e che una
volta era solamente la curva sud.
Mancano almeno parecchie ore al concerto e la
gente in transenna che è già compressa. Ogni tanto il servizio
d’ordine bagna con gli idranti le prime file, qualcuno collassa e
viene estratto.
L’attesa dell’inizio del conzierto è
sempre la stessa, possiamo saltarla e perderci in una digressione.
Parlare del passato è una bastardata, più il
tempo passa e più le cose diventano belle, anche il billy alla mela
(cit.) bevuto a quel concerto è diventato un sidro artigianale.
Indosso per un attimo i panni dello spocchioso,
concerto infilato tra i concerti tedeschi e quelli francesi, un paese
nuovo, nessuna confidenza con la lingua, si va di scaletta standard e
pedalare verso Montpellier.
La verità come sempre dovrebbe essere nel
mezzo.
E poi i miracoli succedono per caso.
Prima dell’inizio, per cercare di placare la
bolgia infernale delle prime file, sale sul palco uno strano figuro,
con una maglietta a strisce orizzontali banche e rosse che esce dice
“ gli ho parlato e bruce e’ carico”
Si,si,si Mamone, hai proprio fatto la scelta
migliore per cercare di calmare gli animi.
Alle 19:25, manco era iniziato il ritardo,
risona il primo colpo di grancassa di born in the usa…lo stadio
esplode.
E poi giusto per accelerare ancora badlands,
out in the streets, con il sole che tramonta sullo stadio.
I megaschermi dell’epoca, potevano essere
usati solo al buio, dal fondo si vedono delle figure piccole,
piccole, ce ne è una appena più grossa, tutta vestita di bianco..
La musica arriva, come un treno, non c’era
ancora il comitato dei cagacazzi sansiresi.
Ricordo l’attacco di batteria di working che
rimbombava nel mio plesso solare, cosa mai più provata in nessun
altra occasione, i cori sul finale di glory days, lo stadio che
cantava the river e la scivolata sulle ginocchia più famosa della
storia del rock, mentre si spengono le ultime luci del giorno.
Si ricomincia e…
Parte l’angolino martella molella, luci viola
dal palco, echi..cavermi…cavermi….
Si accendono pure gli schermi.
Il primo particolare che si nota è l’eleganza
di Bigman, ora vestito da bandiera italiana. Pantaloni rossi, camicia
bianca cappellino e polsini verdi.
Dopo la ragazza di dancin’, si chiude la
balera e inizia la musica seria, macchese accende la caddy nella
miliano night, il sombrero di Nils con scritto su Hoboken, Bruce
inizia a chiamare i cori e tutto lo stadio esegue, arrivano pure
Terry e Rosie per fuggire nella calda serata di inizio estate.
E poi …
“ I would like to take a
moment and thanks everyone for coming down here in miliano…”
Wise man say….
Arriva la mazzata che non ti aspetti, Can’t
help falling in love con solo roy al piano, ziopelledoca, e dopo
tutto questo tempo la pelle d’oca continua a tornare.
E via, verso il primo set di bis
Born to run per tutti, Bobby jean per gli
assenti.
“Good now we begun”
e inizia la vera devastazione, non tanto per
varietà quanto per intensità, twist and shout/ do you love me dura
quando un brano prog corto, ma senza ippogrifi. Ad un certo punto,
mentre stanno eseguendo il passaggio verso Do you love me? parte un
coro spontaneo, è l’istante in cui si accende la scintilla,
abbiamo fatto la storia.
Quando Bruce chiede a tutto san siro do you
love me? Non è nè per scherzo nè per finzione scenica ma è l’unica
cosa che conta in quel momento.
Niente sarà più come prima.
Finisce twist, finisce il concerto.
Tutti schierati per il saluto finale, e no,
barboni tornate al lavoro, si suona pure rocking all over the world
Game set, match.
Io ritornerà ancora
Eccome se tornerai. Si, svariate volte, da
solo, con gli zozzoni, con la e-street, ma prima che tu rimetta piede
a sansiro, dovranno passare 18 anni
Una vita.
Hard times come hard times
go (cit.)
E’ cambiato tutto.
Lo stadio si è alzato, Italia 90 gli ha
regalato un terzo anello.
Il palco si è spostato sotto la tribuna
arancio
E’ arrivata internet, ci sono le mailing
lists, le reunion di Reggello, i blabbrada, addirittura il pit.
I primi cento di ogni cancello, avranno il
braccialetto per accedervi.
Giusto per aumentare l’attesa dell’evento,
è l’ultima data del tour europeo,
siamo nell’estate più calda da anni, non c’è
una nuvola da settimane.
Almeno fino alla notte prima del concerto.
Arrivando alla mattina presto, si vedono strani
avvenimenti, gente sfatta da una notte tra le zanzare ed il primo
temporale da tempo, che si lava i denti sopra un tombino, altri che
arrivano in bicicletta per conquistare il posto in coda.
L’attesa è una festa, vedi gente, fai cose,
chi è fuori dai 100 prediletti vaga tra le code a cercare i
conoscenti.
Il soundcheck di follow that dream ci svela una
delle soprese della serata.
L’afa aumenta, finalmente si entra nel
prato, camminando senza nessuna pressione, come cambiano i tempi.
Chi è entrato tra i primi, io quella volta
rimasi fuori, ricorda una lotta epica con la security per entrare
all’interno delle transenne del pit, giusto per ricordare i tempi
passati.
Partono le note di c’era un volta il west di
Morricone, la band sale sul palco e inizia The promised land.
Si ricomincia. La scaletta e’ quella classica
del rising tour, almeno inizialmente.
There is a dark cloud rising
Si iniziano a vedere dei lampi in lontananza, e
durante the River arrivano i primi goccioloni.
Tempo 3 millisecondi e sembra di essere finiti
sotto le cascate del Niagara.
Il diluvio universale non è nulla
C’è chi fugge al riparo e chi avanza verso
il palco per rimpiazzare chi cede. I casi della vita.
Durante sunny day, la pioggia è ancora più
copiosa
Ci becchiamo pure l’unica canzone che vorrei
sempre solo ascoltare su bootleg, Who’ll stop the rain, ma
l’esorcismo non riesce,
piove,
piove,
continua a piovere ma Growin’up scalda il
cuore dei vecchi fanz, (anche di quelli nuovi, ma a noi di più).
Growin’up, in tempi non sospetti, veniva rallentata e dilatata con
una storia, potevano essere degli ufo, Dio in persona barba e
batteria comprese, vecchie zingare, orsi ballerini, che consegnavano
a Bruce il segreto dell’universo.
Questa volta, growin up rallenta, brus prende
il microfono e ricorda, in italiano, il 1985 e i mille fanz pazzi
molto pazzi….
bang, un altro passo che ci porta fuori dalla
storia per entrare nella leggenda (cit.)
Chissenefotte della pioggia abbiamo appena
trovato le chiavi dell’universo.
il concerto poteva anche terminare qui e invece
no,
continua eccome se continua, nel sapiente mix
di pezzi vecchi e nuovi. Niente scaletta pazza questa sera.
Arriviamo felici ai bis, Bruce, si mette al
piano, per suonare My city of ruin.
Ovviamente troppi normaloidi per ascoltarla in
religioso silenzio.
Ma abbastanza per esplodere nel primo come on
rise up. La faccia di brus vista nel megaschermo vale da sola il
prezzo del biglietto.
E alla fine ritorna a casa pure la nostra amica
Rosie.
“ci vediamo ancora”
Per fortuna passano meno anni, solo 5.
Sempre fine giugno, sempre caldo, il pit è un
istituzione, anche se ogni volta, diventa sempre più complicato
arrivarci, ogni anno, il numero di chi si presenta ad orari
improbabili davanti alla location (si, ce l’ho fatta, sono riuscito
a scrivere una frase contenente location, anzi 2 di fila) aumenta in
maniera esponenziale.
Oramai l’accesso è routine, arrivi presto,
ti accodi per il pit, prendi il braccialetto, quest’anno in una
sciccosa plastica rosa, e poi cazzeggi fino a quando non decidi di
entrare.
Più il tempo passa, più brus diventa pigro,
siamo passati dai 5 minuti di anticipo alla classica mezz’ora di
ritardo.
Poi finalmente le note di The Daring Young Man
on the Flying Trapeze introducono la band. Max, parte secco, ma secco
e via con Summertime Blues, manco fossimo all’Agora 30 anni prima.
Zio macchina del tempo.
Bruce inizia il miglior concerto a san siro,
non ha l’aura mitica dell’85 ne il diluvio universale del 2003,
dovremmo essere nel magic tour, almeno il calendario dice questo, ma
in realtà ci becchiamo un concerto in puro darkness style.
Tirato, secco
senza fronzoli
senza sunny day,
Un concerto a Milano senza sunny day, ha già
10 punti di figosità (cit.) di vantaggio su qualunque altro.
Esiste una canzone, che vorresti sempre
ascoltare ad un concerto di Brus, per qualcuno è Jungleland, per
altri è Thunder Road, per qualcun altro è Pony boy, e questo vorrei
conoscerlo, per me questa canzone è Racing in the streets.
in 23 anni di concerti, non ero mai riuscito ad
ascoltarla, nel 2005 l’aveva pure fatta in Italia.
Nell’unico concerto in cui non ero presente.
Nel momento in cui pronunciando “Finally”
alza il cartellone con su scritto Racin’….il cerchio si chiude.
Sono 10 minuti che durano un ora.
Il duetto con Steve durante long walk home,
i’m on fire seduto su una sedia sulla passerella, il solo
devastante di nils in because the night. Hungry heart che parte
acustica prima del tripudio cantereccio, None but the brave e basta
il titolo.
8 bis, sforamento del coprifuoco di 20 minuti,
con grande gioia di Trotta che vince una denunzia da parte dei
cagacazzi di quartiere.
Dopo il 25 giugno 2008, non ho mai più detto
che il miglior concerto di Springsteen sarebbe stato il prossimo.
Siete stenchi?
Su dai che ce la facciamo, manca poco.
Altri quattro anni, e siamo di nuovo davanti
alle porte di San Siro.
Più o meno un anno fa (ho iniziato a digitare
questa mostruosità ‘il 6/6) ci ritroviamo ancora davanti a questo
ammasso di cemento armato.
Oltre al pit, il buon promoter italiano, ha
importato dagli usa pure la lotteria, nella speranza che scoraggi i
campeggiatori a presentarsi 12 mesi prima, con appelli ogni 4 ore per
avere il numero 1.
Apriti cielo!
I teorici del non può esserci transenna senza
soffrire le pene dell’inferno sono sconvolti, anche se all’estero
accettano le regole senza dire una parola.
Parentesi, l’unica lottery statunitense a cui
ho partecipato era l’anno scorso al Metlife era uguale,
braccialetto ai primi 1000 arrivati e quindi estrazione per il
numero.
Meglio tornare in tema.
l’unico risultato della lotteria all’italiana
è aver anticipato l’orario di arrivo davanti allo stadio delle
persone.
Se nel 2008 arrivando alle 9 prendevi il
braccialetto, a questo giro, gli ultimi che lo hanno preso sono
quelli arrivati verso 8, e giusto per chiudere l’argomento, nel
2013, nonostante l’organizzazione avesse aumentato il numero dei
braccialetti distribuiti, se sei arrivato dopo le 6 e 45, sei finito
nella coda normale a sperare che sant’ambrous ti faccia
l’indulgenza plenaria.
Robb de matt. Lasciamo perdere,
non consideriamo le ore di tedio passate prima
nelle code al cancello 15, e poi nel pit, dato che il santo ha dato
l’indulgenza, e l’area si è riempita a dismisura già 5 ore
prima dell’inizio.
E il concerto?
Dai il concerto?
In inglese la parola migliore per definirlo è
disappointing
Ma come? Uno dei concerti più lunghi della
carriera del brus, 10 bis, the promise al piano, di che ti lamenti?
Una doverosa premessa.
Ai concerti, vado per divertirmi, sempre.
Non mi porto il cilicio, e le puntine su cui
inginocchiarmi.
A quella sera milanese ero arrivato sdraiato
dai casini e ogni canzone che ascoltavo mi toglieva un pezzo
dell’orango dalle spalle,
ma
ma
ma quello non era il concerto di Springsteen al
quale ero abituato, e questa sensazione l’abbiamo avuta in tanti,
forse troppi.
Lo sappiamo, Bruce legge il pubblico e adatta
quello che fa sul palco alle reazioni della gente, a Milano ha
chiamato una serie di audibles che manco Peyton Manning chiama in una
partita (ok per quelli che non masticano di football americano,
Peytone è un quarterback, famoso per adattare il suo attacco alle
difese avversarie modificando gli schemi d’attacco a squadre
schierate con istruzioni a voce chiamate audibles)
Risultato, la set list è stata una sequenza di
classiconi riempipista senza nessun filo loggico ‘mportante(cit.)
Anzi il filo logico era far cantare gli spalti
di san siro.
Alla fine un concerto ogni tanto è solo un
concerto.
Ma come? Sansiro always primo?
Non per questa data.
Basta, caliamo un velo pietroso e proseguiamo.
Ci ritroviamo a lunedì scorso, levataccia,
parcheggio tattico con gratta e parcheggia annesso, coda apocalittica
sotto la curva nord.
Deja vu all over again
(cit.)
Tra una gestione oculata dei flussi verso il
braccialetto (si legge becco la corsia giusta e sorpasso almeno 100
persone in una curva del serpentone) e un’estrazione abbastanza
favorevole, solo 330 persone davanti, mi ritrovo con un’ottima
posizione di partenza per questo nuovo viaggio
Le solite 7 ore da far passare, per fortuna i
vicini di casa sono persone simpatiche.
Alle 5, ci fanno lo scherzone,
esce il cameraman,
esce la camerawoman,
si accendono gli schermi….
Tutti in piedi, a momenti mi asfalto un
ambulante che si trova nel posto sbagliato al momento sbagliato.
E poi un cazzo, falso allarme.
Tutti amabilmente compressi, tanto fa
freschetto e mancano solo due ore e mezza all’inizio del ritardo.
Apro una parentesi sulle previsioni meteo, ai
simpatici meteurologi del meteo.it potrebbe venire un cagaccio?
Annunciano pioggia, nubi, in quella che si rivelerà la prima
giornata di tarda primavera. La piantassero con sta cazzo di mania di
dare sempre la previsione peggiore, anche se ha lo 0,0002% di
avverarsi.
End of public service
announcement.
Finalmente la si va ad iniziare.
Il solito Morricone per salire sul palco, e
arriva la coreografia, ammetto mi sono sbagleujfsdfj, quando pensavo
che fosse una cagata, complimenti a chi si è fatto il culo per
realizzarla. Basta che adesso non diventi tradizione come l’angolo
dello zecchino d’oro.
Quando i musici si riprendono parte il
concerto.
La prima canzone è inquietante.
Land of hopes and dreams, si quella che se va
bene arriva alla fine del set regolare, o nei bis.
Opener. OUCH. This one
hurts.
E via come se fossero I bis, una canzone dietro
l’altra, senza respiro, raccoglie i cartelloni, e ci compone una
sequenza da infarto, American land, recuperata fresca fresca dai bis,
long tall sally e loose ends.
Ok, inizia con i bis, tanto poi quelli reali
saranno i soliti noti. Questa sera si dimentica pure di we take care,
e crazy janey rimane a casa, niente gita al greasy lake per lei.
Arrivano Atlantic City e River, con tanto di
ripresa finale del coro del pubblico.
La scaletta pazza!!!
Un flashback, in circa 16500 battute non ne ho
fatto nemmeno uno, e non va per niente bene.
Torniamo un attimo a Stoccolma, al primo
concerto, quando ha introdotto l’esecuzione completa di born to
run, come omaggio ad una delle prime città europee dove ha suonato,
(21/11/75 per gli statistici).
Io e tanti altri, abbiamo pensato “ A Milano
farà born in the usa”.
Detto detto, fatto fatto.
La mia prima previsione su un concerto di
Bruce esatta.
Vista la partenza sparata, e la presenza di
tutto bitusa, che detto per inciso avrebbe compiuto 29 anni il giorno
dopo, la set list non può che essere ye-ye (nonostante tutto quello
che raccontano quelle canzoni, veterani disoccupati, abbandoni,
fallimenti, desideri non realizzati, fabbriche che chiudono)
Come ho già detto, ai concerti si va
innanzitutto per divertirsi, divertiamoci e fuck the world.
Riscopro Cover me, con un solo devastante di
Nils, e metto nell’album delle figurine pure going down.
Dopo un altro graditissimo ritorno, My
hometown, inizia l’angolo hulk hogan, ovvero le canzoni che non
potranno mai essere sconfitte, quelle che noi minoranza transumante
vorremmo dimenticate, e che il pubblico normale accoglie con gioia.
Il set regolare si chiude con Hungry heart
(sic.) First time ever.
Giacomino arriva con il tamburo a tracolla.
Questo significa solo una cosa il ritorno di we are alive, la
introduce richiamando l’immagine dei fantasmi del passato che ci
parlano. E poi attacca this land is your land…
Zioudygatri. Qualcuno piu’ bravo di me,
magari riuscirà a dare un senso a questo accostamento io me lo godo
e basta
Born to run e 10th avenue sembrano portare il
concerto verso la solita chiusura.
Non è Milano senza twist and shout, oramai lo
sappiamo. Quello che nessun altro sa è che nei bis ci finisce pure
Shout.
Un toga party da 60000 persone, vedere, tutto
il prato che si abbassa su little bit softer fa ritornare i brividi.
Saluti finali
Finito.
No
Kevin porta un reggi armonica e un acustica a
Bruce, che attacca Thunder road acustica, invitando tutto il pubblico
a cantare con lui.
Immagini che sfumano, titoli di coda,
commozione finale.
The future is unwritten
Nessun commento:
Posta un commento