Ieri sera ho aggiunto un altro tassellino al mio curriculum vitae concertistico, cancellando lo zero alla voce "concerti di southside johnny".
Il buon SSJ, coetaneo di springsteen (anzi, di un anno più vecchio) è uno dei tanti, tantissimi, troppi figli illegittimi di bruce stesso, ma, si faccia attenzione, con una piccola differenza: lui è l'unico non solo degno, ma anzi meritorio di brillare non solamente per la luce riflessa del fratello fortunato del new jersey, ma per le sue stesse qualità.
SSJ è fondamentalmente un grande, grandissimo interprete e nelle due ore di spettacolo di ieri sera lo ha ampiamente dimostrato con versioni intense, accorate e sudatissime di diversi suoi cavalli di battaglia.
Tornando al discorso dei figli illegittimi, del resto, uno a cui nel tempo libero gente come bruce springsteen e steven van zandt (negli anni 70 eh?) scrivevano interi album qualche qualità deve pur avercela, no?
Basti, su tutte, la versione di The fever e non solo quella di ieri sera, ma quella che da sempre è uno dei suoi pezzi forti. Canzone ovviamente scritta e cantata ogni tanto anche da springsteen, nelle corde di SSJ è assolutamente un capolavoro di soul, blues e tutto ciò che vuol dire prendere una canzone e farla propria.
Non si scandalizzino i puristi se spesso l'ho preferita alla versione del suo autore.
Le officine creative ansaldo, dal buffo acronimo (e logo) OCA sono un bel posto, accogliente per lo scarso pubblico di ieri, un bell'esempio di recupero di edifici destinati al degrado, coi suoi tubi a vista, il suo soffitto basso, il piano "di sotto" ed i cessi improponibili.
Pubblico scarso ahimè, forse per la concomitante presenza di springsteen in europa, che toglie a chi segue solo lui di conoscere ed approfondire una parte fondamentale del cosiddetto asbury sound (non dimentichiamoci che tal little steven era nei jukes, prima che nella e street band). Altri erano i tempi di vacche magre, quando ci si svenava e si sbavava per figliastri ben al di sotto del livello di mister john lyon (joe d'urso, joe grushecky, jake clemons ops...).
Il paradiso delle bar band ha probabilmente un palco basso come l'oca e sicuramente una band che mentre suona da tutto come i jukes, gruppo fantastico, con meccanismi oliati da anni di concerti, che offrono agli spettatori un mix perfetto di rock, blues, soul mischiato con tanta energia. A noi del pubblico basta aggiungerci QUALCHE birra.
Ce ne fossero, di locali e di band così, al giorno d'oggi.
Gente che lavora duramente, troppo duramente. (cit.)
1 commento:
Cavolo, che bella serata! Peccato non averti incontrato al bancone del bar, l'artigianale era davvero squisita e l'atmosfera quella giusta. Sarà per la prossima, magari prestissimo, inseguendo l'amico Brucio...
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